Geolier, Maurizio De Giovanni e i social stroncano il napoletano del rapper

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L'oggetto della questione linguistica sollevata dallo scrittore napoletano e dagli altri puristi del dialetto partenopeo è il brano I pe' me, tu pe' te, con il quale il rapper debutterà al Festival di Sanremo

La canzone I p’ me, tu p’ te, brano di debutto del rapper Geolier sul palco del Festival di Sanremo, ha provocato un’insurrezione sui social. Le critiche riguardano la grammatica del testo in lingua napoletana che, secondo i puristi del dialetto, conterrebbe diversi errori. “È una lingua antica e bellissima, con la quale sono stati scritti capolavori immensi. È un patrimonio comune, ha un suono meraviglioso, unisce il maschile e il femminile come fa l’amore. Non merita questo strazio” ha commentato in un post su Facebook lo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni, autore dei romanzi I bastardi di Pizzofalcone e Il Commissario Ricciardi. “Non c’è da parte mia alcun giudizio sull’artista, il suo valore musicale o il suo successo che peraltro gli auguro con tutto il cuore da conterraneo e tifoso di ogni espressione positiva del territorio. Il napoletano è una lingua, ha una sua scrittura e questa ha diritto al rispetto” ha proseguito. “Qui non si tratta di scomodare Di Giacomo, Viviani o De Filippo. Andate a vedere la scrittura dei testi di Pino Daniele. Sono tutti disponibili in rete. Guardate come sono scritti”. De Giovanni, che in un’intervista rilasciata a La Repubblica ha specificato di non comprendere “il bisogno di scrivere queste consonanti tutte insieme che per capire devi provare a pronunciare ad alta voce”, non ha tuttavia negato il proprio sostegno a Geolier, ma ha invitato l’artista a “chiamare qualcuno e farsi aiutare” in nome di “un po’ di umiltà”.

L'INDIGNAZIONE DI ANGELO FORGIONE

Ha sostenuto la questione linguistica sollevata da De Giovanni anche lo scrittore e divulgatore scientifico Angelo Forgione che, “spaventato già dal titolo” del brano, ha raccontato di non aver letto integralmente il testo perché “mi è improvvisamente calata la vista e poi mi è apparso Salvatore Di Giacomo”, poeta drammaturgo e saggista partenopeo, “sanguinante in croce”. Forgione ha contestato “vocali sparite, totale assenza di raddoppio fonosintattico delle consonanti, segni di elisione inesistenti, o inventati dove non ci vogliono (vedi il titolo). Una lingua perfetta per il rap e non solo, ma il napoletano, non questo scempio”. Per lui, “chi non prova imbarazzo è complice dell’offesa dell’alta dignità dell’unico sistema linguistico locale d’Italia di respiro internazionale, proiettato sull’orizzonte artistico globale proprio attraverso la canzone. È la deturpazione dei costumi. Altro che ananas sulla pizza”.

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LE PROTESTE DEL MOVIMENTO NEOBORBONICO

Anche il Movimento Neoborbonico, che si definisce “difensore della storia napoletana e meridionale”, non ha trattenuto le polemiche. Dopo aver ritenuto “a tratti indecifrabile” il testo di Geolier e aver inviato le correzioni in lingua napoletana alla casa discografica milanese del rapper, il Movimento ha spiegato che l’artista “è un giovane che sta portando la nostra cultura in giro per il mondo e non è colpa sua se nelle scuole non si insegna il napoletano”, e ha ribadito che “la nostra, però, è una lingua con le sue regole e la sua grande tradizione, da Giambattista Basile (il seicentesco inventore di Cenerentola) a Di Giacomo, da Eduardo a Pino Daniele e per questo non potevamo tirarci indietro”. Nonostante le questioni sollevate, “è comunque significativo e importante ritornare a cantare in lingua napoletana a Sanremo e diffondere la nostra cultura tra i giovani”. Una posizione in fondo condivisa dai fan che difendono Geolier: “Anche lui rappresenta Napoli”. Come ha fatto notare il batterista Salvatore Rainone: “Si chiama slang!”.

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