Ermal Meta e il singolo Male più Non Fare: “Nella vita a volte serve un passo indietro”

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Nel singolo che anticipa l'album e il tour, entrambi fissati per il 2024, l'artista collabora con Jake la Furia. L'INTERVISTA

Male più non fare (Columbia Records/Sony Music) è il nuovo brano di Ermal Meta feat. Jake La Furia. Il mondo cantautorale, poetico e neorealista di Ermal incontra per la prima volta una delle voci più iconiche della scena rap italiana per realizzare un brano potente e trascinante che va dritto al senso dello stare al mondo nel modo migliore possibile. Male più non fare è un invito a vivere la propria vita appieno rispettando un unico fondamentale principio: non fare male.

Ermal che storia ha Male più Non Fare? Conoscendoti anche da scrittore, oltre che da autore, ti chiedo anche il senso sintattico della frase: perché non fare più male? E perché Jake la Furia?
Semplice suonava male dunque è una questione, deve rotolare un po’ di più. Ho conosciuto Jake a una trasmissione tivù ed è nata una simpatia devastante, credo reciproca. Ho iniziato a lavorare il pezzo e pensavo che mancava un punto di vista diametralmente opposto, sapevo che era forte ma mancava qualcosa. Lo ho chiamato e ci siamo visti in studio, lo ha interpretato all’istante a modo suo come io non lo avevo in testa. In una collaborazione serve un punto distante e il tentativo di colmare la distanza deve diventare percorso unico. Lo special era un’altra roba e lui lo ha riscritto e sono stato felice di avere capito che a Male più Non Fare mancava Jake.

Se fai del bene avrai rispetto…sembra più un ideale che la realtà. Oggi, spesso, chi fa del bene è guardato con sospetto.
C’è diffidenza, i social insegnano che tutto è monetizzabile. Lavori per apparire quello che non sei ma bisogna vivere di ideali.

“Il grigio rovina le vibes”: non credi che invece il grigio annulli l’opzione di un mondo in bianco e nero invitandoci a coglierne le sfumature?
Il mondo è pieno di sfumature ma bisogna saperle guardare, bisogna prendere distanza per osservarle. Per guardare una quadro devi allontanarti ma oggi si fatica a togliersi da centro, è difficile per ognuno di noi.

Quando è l’ultima volta che hai visto “una stella che non c’era” e la hai posizionata nella tua galassia?
Ho lavorato duramente per essere una stella che non c’era e quando è successo ho cercato di esistere e auto definirmi con tutte le mie forze nel panorama musicale. E’ stata la prima e unica volta.

“Pensa pure come sai fare, serve un gran coraggio”: è questo il grande problema di questa epoca ovvero non essere liberi di pensare? Che fine ha fatto il cartesiano Cogito Ergo Sum? Dici anche “non mi devi giudicare” quando oggi si giudica anche come è fatto un sugo, con tutto il rispetto, come imparare a non giudicare?
L’uomo è ciò che mangia scrisse Ludwig Feuerbac. Serve un gran coraggio ma anche un destro micidiale. Il coraggio è alla base di tutto, è un diritto il coraggio alla ricerca della felicità. Il coraggio fa anche fare passi indietro ma siamo troppo attratti dalla velocità. Il coraggio vero è rallentare quando siamo troppo accelerati.

Nei rapporti umani quanto credi che l’idealizzazione vada oltre l’accettazione del prossimo e dunque crei ambiguità e problemi profondi?
Idealizziamo perché cerchiamo quello che vorremmo esistesse di noi. Spesso sono specchi per proiettare quello che ci manca. Come i genitori con i figli che gli imponi il pianoforte o la danza classica perché il genitore non è riuscito a realizzarsi in quell’ambito.

Presentando il brano accenni alla danza come allegoria di vita: mi viene in mente la capoeira che era la tecnica che gli schiavi africani avevano per allenarsi alla lotta spacciandola per un ballo. Dissimulare è vincere nella vita?
A volte sì, altre volte eviti un contrasto con qualcosa laddove non nascerebbe nulla di buono. Bisogna lasciare perdere a volte.

Se ti dico “chi fa grandi cose non muore mai” ti viene in mente un nome?
Leonardo da Vinci!

Il tuo libro Domani è per Sempre parte nel 1943, in piena seconda guerra mondiale. Se penso a quello che è accade oggi il primo pensiero è che la storia non ci ha insegnato niente. Condividi?
E’ cosi dalla notte dei tempi, la storia si tiene in grande considerazione e si ripete costantemente, ha di sé una visione apollinea plastica.

Oggi quando pensi a Kajam, il protagonista del libro, e al suo modo di vedere cambiare il mondo cosa immagini?
Che è rimasto così come era, la sua vita è difficile da discostare da certe esperienze. La sua vita lo riporta in Albania: quel mondo in trent’anni è cambiato, è più veloce, caotico e confuso.

Se ti dico Ameba4 e la Fame di Camilla ti viene da sorridere con tenerezza a ripensando a quell’Ermal là?
E’ stato bellissimo. Ameba4 erano totale inconsapevolezza, si suonava poco e si sognava tanto ed è stata la prima esperienza con Corrado Rustici; ci aggiungo che negli Ameba4 ero chitarrista e tastierista. Ricordo l’apertura degli Aerosmith con La Fame di Camilla, sono quasi svenuto per l’ansia. Era la vita del furgone, tanti concerti, 140, 150 concerti l’anno dai festival alla strada ai bar, mai detto un no; facevamo centinaia di chilometri per 10 euro. Una volta abbiamo tenuto sei concerti in 8 giorni mettendo in tasca 30 euro a testa senza una logica. Avevamo Giovanni, il chitarrista, col gomito rotto e in due giorni abbiamo dovuto costruire un set diverso, acustico. La prima era a San Severo, in provincia di Foggia, in un bar: Lele, il batterista, va in bagno, torna e dice che il locale è pieno e io pensavo a uno scherzo: sono andato a vedere ed era davvero imballato di gente. Noi eravamo pronti in acustico: iniziamo e ci fischiano allora prendo la chitarra elettrica e dico a Lele di picchiare sulla batteria come non mai, abbiamo aperto il distorsore con Dino il bassista che spingeva a sua volta a rischio di rompere i vetri e non ci facevano più uscire.

Ancora un passo indietro: nel 2019 con Ercole hai virato verso l’elettronica: è in quel mondo lì che stai studiando? Per altro Tribù Urbana, nel 2021, ha segnato una strada abbastanza netta in questa direzione.
Già la Voce del Verbo in Vietato Morire era elettronica, io ho iniziato con elettronica ispirandomi a Bjork e Radiohead: con loro ci riuscivo, con Bjork meno. Bisognava capire come fare una sintesi sonora. Ercole è netta ma non una grande virata. In studio ho più synth che chitarre!

So che hai scritto un brano con Alex di Amici: cosa puoi dirmi?
Alex ha talento, mi piace molto anche come persona, sa quello che vuole e non è poco per uno così giovane.

Cosa ci regalerai nel 2024? Album? Tour?
Entrambi e col tour voglio tornare a casa nel 2025. Ho voglia di palco. Pensa che il primo album Umano è stato pensato per i live. Tornavo da Milano a Bari, avevo gli strumenti in auto e mentre scendevo chiamavo i promoter dicendogli che avrei suonato in cambio solo dell’ospitalità. Mi chiedevano quando e io…suono domani, pagami solo la notte. E’ stata una settimana di via crucis: Bologna, Cesena, poi le Marche, Foggia…a un certo punto mia madre mi ha telefonato chiedendomi quando sarei arrivato!

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