Daniela Pes: "Spira è un mare di fonemi, comprendere una parola è un messaggio che arriva"

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

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Questa artista sarda, ma che vive a Bologna, con l'album Spira ha vinto la Targa Tenco 2023 nella categoria Miglior Opera Prima. E' una artista unica nel panorama musicale italiano. Il suo tour sta collezionando sold out: il prossimo appuntamento è al Barezzi Festival sabato 11 novembre. Tra le altre date, martedì 14 sarà ancora al Locomotiv di Bologna dopo il il sold out di venerdì 10. INTERVISTA

Un rito, un viaggio, un temporale emotivo, un non linguaggio che può vivere in una parola (percepita e non capita), suoni che sono abiti...un diffusore assoluto che si condensa in una parola, che è un titolo, ed è Spira. Daniela Pes, gallurese trapiantata a Bologna, con questo album ha vinto la Targa Tenco 2023 nella categoria Miglior Opera PrimaUscito per Tanca Records e prodotto da Jacopo Incani (ovvero Iosonouncane) è un album che oscilla in una elettronica raffinata e ombrosa, quasi gotica. Sette tracce avvolte dal canto di un'artista che evoca attraverso una lingua che non esiste e accompagna chi ascolta in una dimensione sonora e visiva evocativa, ancestrale e misterica. Ho incontrato Daniela Pes nel camerino del Locomotiv di Bologna, poco prima di un concerto ovviamente sold out.

Daniela partiamo dalla Targa Tenco per la Miglior Opera Prima conquistata con l’album Spira: come ha cambiato la tua percezione del mondo musicale e come stai gestendo tutta l’attenzione che ti trovi addosso?
Quella percezione la sento relativa al momento: al Premio Tenco per il prestigio che ha, mi sono sentita privilegiata a potere essere sul quel palco ho pensato a chi prima di me ci è salito e a che nomi. Il mio stupore non si fermava dentro di me, ci speravo ma non credevo che un mondo come quello del Tenco potesse accogliermi con questo entusiasmo, lo ho sentito soprattutto dopo la mia esibizione, in tanti con verità negli occhi mi hanno detto che gli sono arrivata.

Ascoltando la tua musica penso a Italo Svevo e Luigi Pirandello fino ai pittori crepuscolari che sono riusciti a rompere gli schemi reinventando il concetto di parola e di arte: ti senti una destrutturalista della musica? Rifuggi la metrica, dai voce ai suoni…è questo che ti rende unica?
Sono unica? Non posso dirlo io, va bene se lo dici tu. All’estero ci sono artiste come me. Mi attengo a quello che ho fatto, il mio è un racconto da autrice. Quello che dici è quello che ho fatto senz’altro, ho trovato un altro modo di comunicare che non passasse da un testo compiuto, da una figura, da una storia. Il mio è un mare apparente di fonemi e sillabe disarticolate, se percepisci una sola parola è già un messaggio che è arrivato. Questa è la via per aprire alla fantasia in base alla storia e alla sensibilità individuali. Sono partita da un flusso istintivo poi ci ragiono anche perché il messaggio deve essere diretto.

Hai mai letto Fosco Maraini, che anche lui ha inventato una lingua immaginaria, fatta soprattutto di suoni, che trovi nel libro La Gnosi delle Fanfole?
Secondo me è diverso, non ho stilato un alfabeto e una grammatica, ho attinto alle varie lingue che conosco, cioè il gallurese, l’italiano e la lingua del suono nel senso che comunica a prescindere da un concetto. Il solo nel jazz è un discorso, pensa Ella Fitzgerald, penso una evoluzione dinamica del senso.

Spira è un titolo diffusore nel senso che si presta a più significati: visto che uno dei suoi significati è anche morire, credi che in tre consonanti e due vocali ci sia il ciclo della vita?
Io ci ho pensato al ciclo della vita, ci ho pensato a un inizio e a una fine. Ho analizzato le dieci parole candidate al titolo per mesi!

Carme è l’esaltazione lirica di un fatto: cosa racconti nel brano? Il video col suo bianco e nero mi ha ricordato Murnau. Anche se le immagini arrivano da registi dell’Est degli anni Trenta. Ti chiedo anche perché hai scelto di farlo come fosse un quadro in movimento.
Che sia un quadro in movimento era un obiettivo. Ho chiesto a Alessandro Gagliardo che con Olimpia Pierucci ci ha lavorato, di farmi vedere la sua visione: il mare, le figure femminili, il concetto di animalesco, di conquista. Guardandolo avverti un qualcosa di epico e travagliato ma anche un senso di conquista in quel mare agitato che è fatica e vita.

In tutti i brani c’è molta introspezione, in Ora parli di una triste vita: a cosa ti riferisci? Se non sbaglio torna però anche il concetto di rinascita.
Ora è una poesia (Daniela prende il cellulare e me la legge, ndr), il solo che ho scritto partendo da dei versi. E’ una dichiarazione di esistenza, c’è la terra, c’è la primavera…comunica che io esisto e ci sono.

So che la tua prima registrazione, quando eri una bambina, è di Se ti Tagliassero a Pezzetti: ti senti vicina al mondo di Fabrizio De Andrè? Penso in particolare a Creuza De Ma, forse il primo disco realmente mediterraneo.
Mi piacerebbe e mi auguro che sia così. E’ il primo vero lavoro fatto con tutta me stessa, il primo da solista dove ho fatto tutto. Mi sono guardata allo specchio per vedermi da sola e lasciare viaggiare ogni pensiero verso quello che sento dentro: solo ricercando in me posso tirare fuori cose mie. Se penso al brano di Fabrizio De André che titola l’album mi viene in mente quell’Eanda Eanda che è un movimento melodico mediterraneo, è una melodia intima e reiterata: anche in Spira c’è del mantrico.

Prima di dedicarti a Spira hai lavorato al gallurese arcaico di un poeta del Settecento: quanto quel lavoro è stato importante per il tuo progetto attuale?
Fondamentale. Senza quello non sarei mai approdata al lavoro linguistico di Spira. Ho musicato una materia testuale di altri per poi ricavare e innestarci la mia col suono che avevo in testa.

Percepisco l’album come una sequenza di brani carnali, femminili: è così?
Io mi sento così. Mi sento viscerale soprattutto nella dimensione live.

E poi ci sono molti elementi della natura che chi nasce su un’isola ha nel dna mentre il resto del mondo può solo osservare e respirare: ti senti un po’ una dea pagana?
Mi sento una donna che trasmette tutti gli elementi che ha respirato. Con Jacopo Incani (in arte Iosonouncane, ndr), che mi ha affiancato nel lavoro, arriviamo entrambi dalla Sardegna e dunque una idea di elemento sonoro come i gabbiani, il mare o il rumore del temporale li sentiamo nel profondo insieme. Percepiamo quegli elementi con la stessa profondità e intensità.

Che accadrà dopo il tour?
Finite le date annunciate tornerò in studio a lavorare ma il calendario resta aperto del tour, sarebbe un peccato non seguire la dimensione live visto che c’è richiesta. Spira deve respirare ancora.

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