Rolling Stones, la recensione dell'album Hackney Diamonds

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Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

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Un viaggio trasversale in tutti i generi della musica, un caleidoscopio mirabolante di suoni e suggestioni. Questo è il nuovo album della band, un lavoro atteso 18 anni

In questo venerdì grigio, il primo venerdì di un autunno che si è fatto attendere a lungo, si colma un vuoto lungo 18 anni. E' il giorno di Hackney Diamonds il nuovo album dei Rolling Stones, dodici canzoni che sono un mappamondo di suoni ed emozioni in quanto sono state registrate in località sparse per il mondo, dagli Henson Recording Studios di Los Angeles, ai Metropolis Studios di Londra, per proseguire ai Sanctuary Studios di Nassau (Bahamas), agli Electric Lady Studios di New York e chiudere agli Hit Factory/Germano Studios, sempre a New York. Per la prima volta Mick Jagger, Keith Richards e Ronnie Wood si sono affidati al produttore e musicista Andrew Watt. Questi ottantenni fantastici ci raccontano che il rock resta, e resterà sempre, il vessillo della libertà. Ci sono i quasi sette minuti e mezzo di Sweet Sounds of Heaven (con la partecipazione di Lady Gaga e Stevie Wonder) che ci invitano a sottolienare l'orgoglio e c'è il fatalismo di Get Close che ci accompagna per mano in quel mondo dove il destino che bussa al nostro cuore può essere una sliding door lunga un ventiquattro ore o lunga una vita. Whole Wide World ci accompagna nella Swinging London dei meravigliosi anni Sessanta, quando sulle macerie di un conflitto mondiale si costruivano le fondamenta di un nuovo mondo. Che poi non sia andata come ce lo hanno promesso è un'altra storia. E a proposito di voltarsi indietro, e senza riannodare i fili dei decenni, come non commuoversi ascoltando Mess It Up e Live by the Sword, brani impreziositi dalle tracce di batteria registrate da Charlie Watt, il quarto Stones scomparso un paio d'anni fa.

A un primo ascolto la sensazione è stata di un album dal sound molto anni Settanta con qualche guizzo di contemporaneità. Al secondo ascolto la clessidra delle percezioni si è ribaltata: Hackney Diamonds, i diamanti da passeggio, hanno un sound moderno, vivo, sono un germoglio di tante influenze, dal gospel al blues, da qualche venatura pop e un rock'n'roll ruvido ma seducente. E, a proprosito di Blues, commuove Rolling Stones Blues, un brano dolcemente autocelebrativo che rimanda a un pezzo di Muddy Waters del 1961 da quale poi è nato il nome della band. Ho molto amato, da subito, Live By The Sword , figlia dell'anima metal degli Stones, che trova un'ombra di gentilezza con le note pianistiche di Elton John. Se dovessi muovere un appunto a questo album è che in alcuni passaggi avrebbero potuto osare di più, hanno preferito la confort zone alla trasgressione. Ma per chi ha fatto della trasgressione la cifra stilistica di una carriera, anche essere rassicuranti è una magia!

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