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Shori: "Oltre la finestra c'è Aria: bisogna trovare il coraggio di aprirla"

Musica

Fabrizio Basso

Il brano che racchiude parte della sua ricerca musicale e artistica di quest’ultimo anno dopo un periodo in cui non ha potuto liberare la sua arte. L'INTERVISTA

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Shori ci porta nell'autunno con Aria, un pezzo evolutivo che parte da una sofferenza che soffoca l’artista e sfocia nella caccia di ogni modo possibile per poter stare meglio: racconta la voglia di scappare, l’abbraccio di un amico, la passione per la musica, racconta milioni di cose che non fanno parte di una destinazione finale ma di una ricerca, che è la chiave essenziale per comprendere il brano. Cercare aria è un continuo processo di evoluzione: è il viaggio per raggiungerla che da il significato più vero e profondo alle cose che Shori vive. Come ripete il ritornello "esco, cerco /esco, cerco /esco, cerco".

 

Shori perché Aria è il singolo che hai scelto e in cosa rappresenta questa fase della tua vita?
Il titolo è didascalico, non uscivo con una canzone da un anno, per vari motivi e dinamiche. Era il pezzo che a livello musicale e contenutistico rappresentava questo lungo silenzio durante il quale ho fatto musica dietro le quinte senza poterla mostrare.
Il video è molto scuro, quasi gotico. La sola luce è quella che filtra da una finestra: bisogna aprirla per trovare l’aria?
Bisogna avere il desiderio di aprirla, è la forza motrice del brano. Volevo richiamare il concetto di aria nella sua ampiezza. Non so se troverò mai quell’aria, se sapessi chi sono la avrei già trovata: è la siepe leopardiana, chissà cosa c’è oltre ma io continuo a cercare, io esco e cerco con l’umiltà di dire ancora non so chi sono. La luce della finestra rappresenta la curiosità di vedere cosa c’è oltre il vetro.
“Arriviamo in ritardo ma chissenefrega”: nella vita sei puntuale oppure rincorri costantemente il tempo?
Sono abituato a rincorrere ma sto imparando a trovare un equilibrio.
Cosa è l’amore egocentrico? Quello che porta più a idealizzare che ad accettare l’unicità dell’altro?
E’ proprio quello. E’ un amore che non sa ascoltare né venirsi incontro quando si sbaglia, guarda la sua sola prospettiva senza pensare all’altro dunque non è amore. Non è un anello sull’anulare che definisce l’amore. Parla di chi non ha saputo accogliere l’umiltà di fare un passo indietro.
A cosa ti riferisci quando parli del senso di colpa che i genitori hanno portato per anni?
E’ una questione di amore fisico, una cosa mia personale che mi ha visto collocare quella storia anche come amore fisico. E’ un senso di colpa positivo, nasce dalla necessità di protezione e io negli anni sto scoprendo anche il sentimento fisico e intimo che ho dovuto affrontare. Non mi sento di entrare di più nel dettaglio.
Chi sono Vero e Nico? E sei sicuro che il buono vince sul cattivo?
Sono i miei fratelli. Nico anche un artista col nome di Peter. Il buono è come l’aria, non so se la troverò ma la cerco e quella speranza alimenta il viaggio. E’ il mio stimolo ad andare oltre.
Vecchi Tempi è un ricordare doloroso, tu scrivi “per tornare a quell’amaro”: oggi ti sei pacificato con quel periodo?
Sì, mi sono pacificato. Mi ci sono confrontato, è riferito a una persona. Lo ho collocato. E’ la mia prima vicenda sentimentale, a oggi la più grossa. Rispetto all’amore egocentrico di Aria che ancora oggi è senza risposta, lì mi sono venuti incontro nonostante non me lo aspettassi.
In Come Fai dici che Shori è il tuo nome “fanculo gli altri, parla la musica”: a cosa ti riferisci? E’ una critica al mondo musicale che va avanti a fotocopia e non ha originalità?
E’ una critica di riscatto, la musica per me ha dinamiche sociali. Non critico e non giudico chiunque la fa a modo suo, ognuno ha la sua storia. La musica è la mia valvola di comunicazione, il messaggio è che chi non vuole vederlo prima o poi lo scoprirà comunque.
Tu mi dici di volare ma rimango a terra con i dubbi”: quali sono i tuoi dubbi oggi? Ti senti figlio del tuo tempo?
I dubbi sono tanti. Oggi il dubbio principale è sulla musica: dove posso arrivare? La mia musica avrà un palco degno di quello che ogni giorno faccio? Avrò mai lo slancio giusto? Non sono tanto figlio della mia generazione perché ho una inettitudine verso i social e dunque parlo con la musica per come è stata concepita dalle origini. Non ha bisogno di cornici la musica originale mentre il mondo di oggi lo richiede. Ma so anche che devo adattarmi, la sopravvivenza richiede adattamento.
Da romanticone come ti definisci, diffidi sempre da chi ha vestiti a fiori?
Adesso sì. Sto imparando a collocare chi sorride troppo perché la vita non sempre è a colori. Instagram mostra storie diverse dalla realtà.
Se non erro in Corsica citi Eugenio Montale, la poesia è “I Limoni”: scrivi anche poesia? Ti piace leggerle? Per altro ho visto altre possibili citazioni: il Capitano mio Capitano dell’Attimo Fuggente e anche Marechiaro, classico della canzone napoletana. Ti diverti a seminare indizi nei tuoi testi?
Mi diverte molto seminare indizi. Fino a poco tempo fa quell’idea mi ha animato oggi è un po’ cambiata la situazione. Spesso in passato per fare arrivare messaggi a una persona ho seminato i testi di indizi. E la persona lo ha capito e dopo un anno mi ha chiamato. Gli indizi danno la possibilità a chi condivide il racconto di immedesimarsi e raggiungermi. Non scrivo poesie, le ho sempre messe in musica, ma l’elemento poetico è figlio di un prof di italiano che al liceo mi ha illuminato con le poesie.
Alla fine possiamo dire che sei tornato a vedere a colori?
Sto tornando dopo un periodo di inattività: se fai una canzone la vorresti pubblicare il giorno stesso e l’inattività di un anno mi ha messo dubbi e ho perso lucidità ma ora spero di essere continuo nella pubblicazione. La musica risente in modo positivo dei colori.
Che accadrà nelle prossime settimane? Lo scorso 22 dicembre c’è stato il tuo primo concerto: pensi a un club tour?
Ci saranno altri singoli. Il discorso live lo riprendiamo in primavera insieme all’uscita di un disco.