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Tredici canzoni urgenti, l'album di Vinicio Capossela. L'intervista

Musica

di Sabrina Rappoli

Tredici canzoni urgenti sarà presentato in anteprima il 20 aprile alle ore 21 nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano. L'intervista

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Si intitola 13 canzoni urgenti il nuovo album di Vinicio Capossela. Specchio del momento storico che stiamo vivendo, il cantautore, classe 1965, lo ha scritto tra febbraio e giugno del 2022.

 

Che rapporto hai con l’urgenza?

L’urgenza, anche a livello postale, si definisce come qualcosa che deve arrivare presto e che comporta il pagamento di un sovrapprezzo. Bisogna vedere se si sceglie di pagare il sovrapprezzo, allora uno dice “va bene, ci arriviamo prima”. In questo caso ho scelto di pagare il sovrapprezzo.

La dimensione live si sposa bene con l’urgenza di raccontare qualcosa?

Si sposa bene, ma ancora meglio si sposa la registrazione, perché alla registrazione affidiamo qualcosa che va oltre la contingenza di chi si trova dentro un locale o in quel posto, in quel luogo. La verità è che, ecco, l’urgenza è proprio quella: tutte le cose in qualche modo possono essere urgenti. In una condizione di pericolo tutti noi diventiamo urgenti. Per quanto riguarda le cose che facciamo, ci sono cose che facciamo per un tempo immediato e per chi c’è in quel preciso momento. Scrivere o registrare - invece - è qulcosa che facciamo in una maniera più impersonale, è come affidare un messaggio a una bottiglia. Per farlo, dobbiamo fare spazio. Se noi decidiamo di fare una cosa, obbligatoriamente dobbiamo fare spazio. Se ci innamoriamo di qualcuno dobbiamo fare spazio nella nostra vita, per accogliere, per creare uno spazio in questo tempo; se vogliamo scrivere dobbiamo smettere di fare quello che stavamo facendo; se dobbiamo registrare, insomma, bisogna fare dello spazio. Certe cose si impongono alle altre, si impongono. Scrivere e registrare significa cercare di andare oltre la contingenza e parlare a qualcuno che non vedi. Invece la musica dal vivo è straordinaria. È veramente il modo più vicino a realizzare un’urgenza. Ho scritto una canzone e la voglio cantare subito davanti a qualcuno. Però, allo stesso tempo, è anche la più effimera, avviene in una dimensione totalizzante, però, completamente effimera, perché lascia soltanto il riverbero di un’emozione, in chi vi ha preso parte. Quindi, quando certe cose vogliamo che siano durevoli, bisogna affidarsi a questa cosa così impersonale che è la registrazione. D’altro canto, devo anche dire che, nella situazione in cui mi trovo, dopo 32 anni dal primo disco, scegliere di scrivere, di registrare, di produrre, è una scelta che deve avere delle forti motivazioni, perché è molto più semplice continuare a fare quello che si faceva e farlo tranquillamente dal vivo. Dal vivo le persone vengono per ascoltare molto più piacevolmente quello che già conoscono.

Nel titolo compare un numero evocativo, il 13. Perché?

Le canzoni non si è stabilito a priori quante dovessero essere. Però, quello che posso dire, è che sono state tutte scritte “in solido“, come si dice nella giurisprudenza. Rispondono in solido di un’esigenza, nel senso che sono canzoni scritte tutte insieme e tutte nello stesso tempo. Alla fine, abbiamo fatto caso a questo numero, perché è un numero particolare, il 13, nel senso che ha quell’unità in più che va oltre il 12, che è un numero con caratteristiche del tutto diverse. Il 12 è proprio il numero della ciclicità, il numero dell’ordine. 12 sono i mesi, le tonalità, gli apostoli, ci sono tante cose che vanno a dozzine. Mentre il 13, con una unità in più, introduce una condizione di caos, di disordine. Quindi, in un certo senso, è un numero pertinente, perché il disordine provoca la necessità di un cambiamento anche radicale. Poi ci sono tante cose anche divertenti, se uno va a studiare il 13. È l’unico numero che dà origine a una fobia: la triscaidecafobia, è un nome incomprensibile che indica proprio un disturbo, la fobia del numero 13, che fa sì che in certi Paesi non ci sia il 13° piano negli ascensori o la camera numero 13; cose che, probabilmente, non valgono per altri numeri.

Al di là dell’urgenza, c’è qualcosa che lega tutte insieme queste 13 canzoni?

Una volta esisteva il teatro civile; chiamiamolo, questo, disco civile. Nel senso che sono i temi del vivere insieme, del vivere in comune. Per cui, in solido, rispondono anche per un senso di umanità che va oltre l’individuo. Quindi, sono un po’ i temi del vivere insieme.

Sei ottimista o pessimista?

Non sono né ottimista né pessimista, per lo meno, lo sono nella misura in cui lo siamo tutti. Parlare di una cosa scomoda non è pessimismo, è accendere la luce su una cosa scomoda, una cosa che non funziona, qualcosa che è interessante perché riguarda anche gli altri. Pessimismo e ottimismo sono anche parole strane, diciamo così. C’è una parola nel disco, che ho messo nella canzone La parte del torto; è una parola, un neologismo: ottimati. Gli ottimati sono quelli che fanno sempre le cose bene, come vanno fatte. Quindi, in un certo senso, quelli che sono sempre nel giusto, che sono inattaccabili.

“All You Can It” è il titolo di una delle 13 canzoni. Può essere il brand del nostro vivere odierno?

Non è il brand. È la formula che riassume molto bene una caratteristica di bulimia dei consumi e della produzione, che è un po’ quella con cui si consuma – diciamo così – il Pianeta. Mentre mangi al ristorante “all you can it”, è come se ti mangiassi la Terra. È un modello che esprime bene un’attitudine alla bulimia consumistica.

Un altro brano si intitola “La parte del torto”

Ognuno sceglie qual è la sua parte del torto. È divertente perché è un termine così ambiguo, che già dire "la parte del torto", è come dire la parte sbagliata, ma sbagliata per cosa e per chi? È tutto così relativo che una frase del genere, il relativismo che tanto spaventa i teologi, in realtà si applica benissimo anche alla politica, alla rappresentanza partitica. Ogni volta che c’è una parte, non riesce mai a fare a meno di essere inserita nel gioco delle parti. A volte determiniamo il valore delle cose in contrapposizione a qualcosa, ma magari perdiamo di vista il valore assoluto di una cosa. 

Ti auguri che questi temi, le urgenze di questo album, lo diventino anche per altre persone?

Non lo diventeranno certo perché ascoltano queste canzoni. I temi che sono in queste canzoni sono temi quanto mai comuni, sono già sotto gli occhi di tutti. Posso soltanto dire che in un momento in cui non si agisce in maniera comunitaria, in cui ognuno è un po’ da solo ad affrontare il disagio, il senso del pericolo, può anche essere utile trovare in una canzone uno spunto. Le canzoni sono uno strano mistero, si scrivono e poi vanno in luoghi che non sai. Di sicuro queste sono canzoni che vengono da questo tempo e magari troveranno il modo di finire in questo tempo. O di superarlo, chissà.