Colombre: "Realismo Magico in Adriatico segue la rotta dell'umanità"
Musica Credit Alessandro RuggieriStorie e personaggi popolano quello che Shakespeare definì il mare più pericoloso. L'INTERVISTA è accompagnato dall'ANTEPRIMA del video del brano MIDOLLO
Un disco in bilico tra la realtà e l’immaginazione, tra la vita e il sogno. Un album dove le apparenze ingannano e nascondono flutti agitati, inquieti, stranianti. “Realismo magico in Adriatico” è il nuovo album di Colombre per Bomba Dischi. Anticipato dai singoli “Niente è come sembra”, “Durerebbe un’ora” e “Io e te certamente”, impreziosito dalle collaborazioni con Maria Antonietta e Franco 126, è un disco su cui galleggiare lievemente ma che al tempo stesso è capace di immergersi a fondo nei pensieri e nelle emozioni, traducendoli in canzoni all’apparenza semplici e immediate, ma capaci di nascondere un mondo sommerso ricco di sfumature da scoprire. “Realismo magico in Adriatico” ha quel sound etereo e immediato, che cela una grande attenzione a ogni dettaglio testuale e sonoro, e quell’amore per i giochi e le sperimentazioni sonore che rendono da sempre Colombre, all'anagrafe Giovanni Imparato, immediatamente riconoscibile e identitario.
Giovanni partiamo dal viaggio che hai fatto lungo il tuo Adriatico, da Sud a Nord: cosa o chi cercavi?
Quello che è un po’ nascosto, storie che partano dalla realtà, personaggi che raccontino storie un po’ fuori dall’ordinario. Cerco il reale che viene rovesciato nel mondo magico.
Se per Shakespeare, come dice ne La Bisbetica Domata, l’Adriatico è il mare più pericoloso del mondo, per te cos’è?
E’ un luogo geografico ma anche il simbolo di un mondo defilato e di provincia. Ma ha una grande forza e storie nascoste e affascinanti.
Adriatico è anche Delta del Po e Polesine. È il fiume che incontra il mare. Queste acque così diverse che si invadono a vicenda possono rappresentare l’inquietudine che c’è in parecchi tuoi testi?
Sicuramente. Mi piace la dicotomia tra il colore e le ombre, anche il mio nome artistico, Colombre, viene dal racconto di Dino Buzzati. Quegli incontri creano turbinio, cose vive.
Il realismo magico cui ti ispiri si avvicina a celebrare il suo primo secolo di vita, la sua nascita è datata 1925. Ha influenzato l’arte e la letteratura. La tua idea è di dargli ora una colonna sonora?
Ci hanno provato altri prima me, non oso accostarmi ad artisti ben più celebri. Io immagino il disco come un viaggio lungo la costa che dura un giorno. Nella mia testa ci sono tutti gli orari. Mi accontento di questo.
In Midollo dici che per stare bene ti basterebbe uno scoglio che, per assurdo, è l’elemento che nell’Adriatico manca.
E’ vero ma per me lo scoglio sono le barriere che mettono gli umani per proteggere la spiaggia. Lo scoglio è un po’ quello, è protezione. E comunque nella zona del Conero ne incontri di scogli veri.
Più Di Prima è un flusso di ricordi: che rapporto hai con loro? Li conservi tutti o sai selezionarli e archiviarli?
Non sono molto nostalgico…lascio scorrere le cose. Quello che più mi interessa è che ritornano quando meno te lo aspetti. Mi piace che il ricordo sia libero, che sia parte di me…penso a mio nonno che cantava spesso la canzone Come Prima che è poi l’elemento che avvia il brano. I ricordi sono nell’aria come le canzoni.
L’amore che sta sotto la cenere è un amore doloroso?
Fa rima anche con dolore. La cenere lo preserva, è cura. Bisogna lavorarci, non è solo istinto e romanticismo, è un insieme di cose che sotto la cenere mantieni vive.
Io e te certamente gli illusi di sempre: oggi l’illusione è salvifica oppure ti stacca pericolosamente dalla realtà? Leopardi scrisse che il piacere più solido di questa vita è il piacere vano delle illusioni.
L’illusione serve se è legata al sogno, nella canzone è positiva perché alla parola diamo una seconda chance, ci illudiamo di essere dei sognatori.
Maledizione e Durerebbe un’Ora trasmettono forte il senso del fallimento e della solitudine: viviamo in un’epoca di magliette rovesciate? Inoltre in Naturale non vedi il mare da questa stanza: con quel se vinco e se perdo non vedi che è uguale c’è un senso di impotenza e indifferenza.
Le prime due che citi nascono da un sentimento di rabbia che esiste e deve essere raccontato. C’è anche la disillusione del carpe diem, quei momenti che consumi ma non ti lasciano niente perché devi puntare a qualcosa che dura di più.
Se chiusa in una stanza nulla è come sembra, tu col realismo magico non potevi portare il cielo in quella stanza?
Non sono all’altezza e poi ci ha già pensato un grande poeta. Mi piaceva l’immagine della persona chiusa che non vede il mare.
Elemento cardine dell’album è il luogo. O forse il non-luogo: vorresti prendere un aereo e cambiarlo, poi c’è la memoria che ti porta in luoghi dove non andavi più: ti senti più apolide o più spaesato?
Mi piace pensare che sono apolide e senza patria. Vago ma so dove andare, lo spaesato invece vaga senza meta. La mia patria è l’Adriatico. Sono un apolide sui generis.
Alla fine possiamo dire che oggi sai gestire l’alta marea e gli occhi sono abituati all’oscurità?
Il concetto è legato a una perdita e devi abituartici per andare a avanti. Se la vita va avanti sai che incontrerai altre oscurità perché l’oscurità è dietro l’angolo e devi saperla affrontare.
Cosa puoi anticiparmi del tour e di quello che accadrà nelle prossime settimane?
Ho una nuova band formata da Giulia Formica, Fausto Cigarini e Ilaria Ciampolini e con loro lavoro per preparare al meglio il concerto. Abbiamo già fatto un po’ di prove. Per non farmi mancare nulla sto co-producendo insieme ad altri il nuovo album di Chiello. Intanto Panico Concerti lavora per allestire un mio calendario estivo.