Diodato: "Prima della politica viene l'umanità. Con Così Speciale aspetto un miracolo"

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

L'album dell'artista tarantino nasce a contatto con la gente, è una fuga dagli algoritmi per (ri)abbracciare l'umanità. L'INTERVISTA

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Dieci fiori, dieci carezze all'anima, un viaggio... Così Speciale. Il 2023 è l’anno che ci restituisce Diodato, uscito oggi col nuovo album (Così speciale, appunto, Carosello Records).

L’album arriva dopo lo straordinario successo di Che vita meravigliosa (certificato platino), uno dei progetti discografici più seguiti e premiati degli ultimi anni nella storia della musica italiana, anticipato da Fai Rumore, brano con cui Diodato ha trionfato nel 2020 al 70mo Festival di Sanremo e con cui si è esibito nel 2022 all’Eurovision.

Antonio finalmente è giunto il momento… Così Speciale!
Dieci brani che sono il dono ricevuto in questi ultimi anni, frutto anche di una forte interazione con tanta umanità. È anche una risposta a quello che ci accadeva intorno e che ho voluto vivere ancora più intensamente e a contatto con la gente. Questo ha portato emozioni e sensazioni forti da cui sono nati questi fiori. L’album si apre non per altro con una sensazione di caos e presenza
Il brano è Ci Vorrebbe un miracolo. Ha un attacco quasi bandistico e versi poetico romantici quali “chissà se nascono gli amori tra le donne e i gin tonic” oppure “siamo tutti calzini spaiati bagnati e bucati ma convinti che siano gli altri a essere sbagliati”.
Come ho già accennato volevo una apertura col caos, che descrivesse quello che ho visto intorno a me in questi anni. Un caos dove è difficile trovare punti di contatto, ognuno cerca di fare prevalere se stesso e nel testo c’è una invocazione al miracolo ma non so a chi chiederlo.
Hai una cura?
Il modo per trovare una sorta di pace è interagire tra di noi. Dobbiamo imparare ad ascoltare di più e a interagire con gli altri. La società è un centro caotico di voci che si sovrastano e puntano a estremi che a mio avviso sono totalmente inutili. Dobbiamo rientrare in contatto con la realtà in cui viviamo. Tendiamo a voltarci dall’altra parte: su quelle barche che affondano ci siamo tutti noi, quello che mi sconvolge è non comprendere che siamo noi che stiamo andando a fondo. Si disegnano confini in un mondo che va da un’altra parte. Prima della politica devo considerare l’umanità.  La canzone nasce circa un anno e mezzo fa ma questa situazione la vedo nella società da almeno dieci anni. Eppure non riesco a non essere fiducioso.
Il brano più intimo è, secondo me, Ormai non c’eri che tu.
Parto da una esperienza molto personale e intima che lascia delle ferite e dei risentimenti. Lo scrivere canzoni su argomenti come questo mi ha aiutato a riconsiderare tanti aspetti, a provare a vedere le cose da un punto di vista diverso e cogliere gli aspetti preziosi che una storia ti lascia, indipendentemente da come è andata a finire. Il brano parte da un ambiente intimo e freddo per diventare qualcosa che risuona e viaggia, certe cose possono viaggiare oltre noi, sono energie che continuano il viaggio nell’universo.
Il tema della precarietà lo affronti in Occhiali da sole. Scrivi versi potenti come “mia madre è preoccupata mi dice che non sa che fine farò a stare da solo in questa città”, “Il tempo vola ma la vita è una sola” e “Quella storia di noi che invecchiavamo insieme due bei vecchietti davanti a un bel camino di cui è rimasto solo il fumo”. Ma il finale è “risponderemo va tutto bene”.
Questa canzone è una fotografia. Ho fatto scelte di vita di cui non mi pento ma ci sono momenti in cui senti addosso sguardi e aspettative di persone che ti vorrebbero vedere sistemato, ti vorrebbero un po’ più stabile. Ho scelto di vivere in balia delle onde. Oggi tutto va a una velocità impressionante, io non la ho mai seguita ma ti ritrovi a vivere su tempi e frequenze diverse se entri in quel vortice e hai la sensazione di non essere mai abbastanza. Io non riesco a essere presente se non ho qualcosa da dire e la conferma viene dai social dove divento presente quando sono in tour perché con tante persone attorno mi viene naturale raccontare di più.
Così Speciale rinnova la tua collaborazione con Tommaso Colliva.
Devo trovarmi bene umanamente con le persone con cui lavoro. Ci avevo già lavorato in Che Vita Meravigliosa. Non puoi interagire con persone con cui non leghi. Siamo amici, ci vediamo anche extra lavoro. Sono arrivato già con provini e arrangiamenti fatti, il suo è stato un lavoro certosino, mi ha consigliato certi tipi di musicisti, soprattutto per le parti orchestrali. Poi serve pazienza perché io sono un rompipalle. Anche lui lo è ma abbiamo trovato i nostri spazi.
Chiudiamo con un passo indietro: il tuo nome è circolato a lungo per l’ultimo Festival di Sanremo e avendo pre-ascoltato l’album ci sono molte canzoni che potevi portare in gara. Cosa ti ha frenato?
Sanremo era per me una porta aperta ma non era il momento. Certo andarci facilita tutto sulla promozione di un album, muove numeri diversi e oggi sono i numeri che qualificano tutto. Prima la musica si muoveva sui consigli, ora sugli algoritmi. Ma io in questo momento ho sentito il bisogno di seguire un flusso diverso.

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