Addio a Luca Bergia, l'ex batterista dei Marlene Kuntz aveva 54 anni

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

©Ansa

Se ne è andato nella notte, inspiegabilmente. Con la "sua" band ha contribuito a rendere gi anni Ottanta e Novanta ancora più speciali

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Silenzio. Solo silenzio. Difficile trovare le parole per raccontare di una persona che si è addormentata per sempre. Non posso considerarmi un amico di Luca Bergia, anche se negli anni più volte abbiamo condiviso del tempo insieme ai Marlene Kuntz, la sua seconda famiglia, e, in particolare a Cristiano Godano, che mi sento di considerare un amico. Il batterista dei MK è stato trovato morto poche ore fa nel suo appartamento di Cuneo. Non sentiremo più le vibe della sua batteria che ha segnato un'epoca e ha fatto scuola. Gli anni Novanta sarebbero stati più poveri senza questa band, nata nel 1988 ma strutturatasi a partire dall'anno successivo. Scelsero un nome onirico e ironico, un nome mitologico metà Marlene (Dietrich) e metà organo genitale femminile in quanto Kuntz è mutuato dallo slang inglese cunts, che proprio quello significa. Album come Catartica e Ho Ucciso Paranoia sono il manifesto di una generazione inquieta, erede del Punk e di un Rock cattivo, cui Luca Bergia con il suo modo "sporco" di suonare la batteria dava una forza tridimensionale, avvolgente.

L'addio alla band per insegnare Scienze

Luca Bergia da una manciata di anni era sceso dal palco per dedicarsi a un'altra sua grande passione, l'insegnamento di Scienze alle scuole medie di Madonna dell'Olmo di Cuneo e Chiusa Pesio. Questa sua decisione, di certo sofferta, ma inevitabile, la aveva spiegata ai fan con un post nel 2020: "Sono uscito dal tour celebrativo 30/20/10, agli albori dell'undicesimo disco di casa Marlene, letteralmente spossato, spaesato, privo di energie mentali e creative. Avevo necessità di staccare la spina e prendermi un anno di stop per rimettermi in sesto sia fisicamente che psicologicamente: avevo bisogno di tempo e giusta calma per poter rispondere alle inattese domande che si facevano sempre più pressanti e urgenti alla mia mente. Ringrazio Cristiano e Riccardo che hanno capito e permesso di mettere tutto in stand by per concedermi del tempo che fosse solo mio. Sinceramente non mi sentivo pronto, né fisicamente né creativamente, per affrontare l'ennesimo disco cruciale: da un versante il precipizio del fallimento, dall'altro uno sperabile successo, per quel che possa significare al giorno d'oggi una parola così inconsistente". Un testamento artistico doloroso che, sono certo, lui per primo non hai mai realmente metabolizzato. Ma questo era quello che sentiva, queste erano le voci che popolavano la sua mente. E lui le ha seguite. In direzione ostinata e contraria per una intera vita. E anche il finale è stato degno di un grande musicista: se ne è andato nella notte, in quelle ore che per lunghi anni lo hanno ospitato e accolto. E ora alziamo gli occhi al cielo e sorridiamo... perché quelli che chiamiamo tuoni sono i suoi assoli di batteria.

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