Il messaggio del brano è quello di non averne timore, anzi di interagire con le entità oscure al fine di raggiungere una più completa e onesta conoscenza di sé
IL VIDEO E' INTRODOTTO DA UN TESTO ORIGINALE DELLA BAND
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Tale Of A Devil (And A Bar Table) è il nostro nuovo singolo, a seguire un paio di album e vari altri singoli, ed è un brano notturno e minimale, avvolto nelle intenzioni da un sound caliginoso e malinconico, illuminato sporadicamente da fantomatici bagliori al neon. La sezione ritmica produce un battito cardiaco ansioso, mentre le note emesse da corde e sintetizzatori si diramano come fossero un'orrorifica nebbia psych-soul. Tutto procede in direzione di un party filo-caraibico, scandito da riff, marimba e vocoder futuristico, da consumarsi preferibilmente in uno squallido club
metropolitano, dove Childish Gambino e Balthazar, tra le nostre fonti di ispirazione, potrebbero brindare felicemente assieme alla tristezza.
Il nostro progetto, God Of The Basement, spesso abbreviato nell’acronimo GOTB, è nato in uno scantinato dell’East End londinese e ha preso successivamente forma definitiva nella periferia di Firenze. Ci presentiamo: noi siamo Tommaso Tiranno (voce), Enrico Giannini (chitarra e sampling), Rebecca Lena (basso e visual art, nonché regista del video) e Alessio Giusti (batteria). Miriamo a un’esplosione heavy pop di groove serrati e campioni old school, melodie catchy, robusti affondi elettrici e un’estetica che shakera immagini surreali.
Tale Of A Devil (And A Bar Table) racconta di un incontro inquietante e molto ravvicinato con un'entità demoniaca. La mente ripercorre i vari passaggi che lo anticipano: preparativi, motivazioni, sensazioni, esitazioni. Il diavolo del caso non è l’incarnazione del male bensì la rappresentazione dei molteplici lati oscuri che contraddistinguono ognuno di noi. L’invito è quello di non averne timore, anzi di interagire con essi al fine di raggiungere una più completa e onesta conoscenza di sé.
Un tavolo al bar, oppure uno specchio che riflette la propria essenza. Il brano mette in scena, insomma, un appuntamento fisso con la pazzia. A casa di Enrico si avvertono bene i rumori dei treni. Rebecca, pensando al fischio del treno, si è ricordata di un racconto di Pirandello, Il treno ha fischiato, dove il protagonista, sottoposto a pressioni continue sia nella vita familiare sia in quella lavorativa, sente appunto il fischio del treno che non aveva mai notato prima e perde (finalmente) la ragione. Al video partecipa Marco Aurelio Di Giorgio, un performer che abbiamo conosciuto a Roma: stavamo suonando al Klang, lui stava ballando nel pubblico e i suoi movimenti ci conquistarono subito ricordandoci la danza forsennata alla fine del
film sadistic-drama “Dogs Don’t Wear Pants”.
Un altro tema pirandelliano su cui ruota il concept del video è quello della “maschera”, non intesa come prigione bensì al contrario come scoperta di un luogo confortevole attraverso cui sperimentare l'espressione di se stessi. Come se l'io, fluido e
incontrollabile, avesse bisogno di un mezzo per essere compreso. Questa maschera può essere anche la rappresentazione della nostra identità digitale. Il protagonista si sveglia dopo il fischio di un treno, è notte, i suoi movimenti sono scoordinati, frantumati, indecisi, come se il corpo non calzasse bene alla persona. C'è un'alternanza di statue religiose, incenso, maschere e costumi che rivelano il processo sacro tramite il quale, spesso in modo ridicolo, possiamo innalzarci.