Lino Cannavacciuolo: "Via Napoli è un violino che racconta 500 anni di musica"

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Credit Alessandra Finelli

Il compositore puteolano ha vestito a nuovo alcuni brani legati alla sua terra e alla sua storia. In ANTEPRIMA lo abbiamo INTERVISTATO e abbiamo PRE-ASCOLTATO l'album

Iscriviti alla nostra newsletter per restare aggiornato sulle notizie di spettacolo

Cinque secoli di musica napoletana nel violino vulcanico di Lino Cannavacciuolo. È

Via Napoli, il nuovo album del musicista puteolano uscirà domani, venerdì 17 marzo, (distribuzione digitale Believe) e che abbiamo ascoltato in anteprima. Può sembrare un’idea sfrontata ed eccessiva, quella di questo funambolico artista campano e

invece è un atto d’amore. Un gesto di gratitudine verso un patrimonio artistico e creativo che il compositore, originario di Pozzuoli, ha realizzato con passione ed equilibrio, autoproducendo l’opera con rigore e gioia.

Lino partiamo dal progetto: quando è nato e come lo hai pensato? Leggo di 12 brani scelti scrupolosamente: che significa?
La musica napoletana  a partire dal 1500 è infinita, c’è un patrimonio di una bellezza sconfinata. Ho identificato periodo storici che potevano essere in sintonia con la mia espressione violinistica. Ma non ho indagato solo nel repertorio violinistico, è sempre stata una mia curiosità interpretare secondo i miei canoni quello che spesso non arrivava dal mondo del violino. Mi è sempre piaciuto immaginare come il violino vivesse in determinati brani.
Partiamo dall’incontro con Domenico Scarlatti del quale proponi la Sonata in Re minor: da piano solo a violino e trio classico. Un atto di coraggio e la dimostrazione che le idee possono portare la creatività ovunque. Ti sei però posto qualche limite? Hai temuto le reazioni dei puristi?
La mia natura è sempre stata un po’ fuori dagli schemi. Ho avuto più che rispetto verso la partitura. Ogni mia esecuzione si sviluppa rispettando pari pari la scrittura originale. E’ il mood che cambia, è l’immaginazione di un pezzo del 700 che rivive in questo nostro periodo storico.
Ascoltare Lo Guarracino nella tua versione mi è sembrato di entrare in una favola dei fratelli Grimm. Altra cosa che mi stupisce è che non si conosce l’autore. Lo stesso vale per altre composizioni. Perché si sono persi molti nomi?
Un riferimento importante a Napoli è stato, ed è, Roberto De Simone che ha recuperato tanto materiale. Io Lo Guarracino lo ho conosciuto nella versione della Nuova Compagnia di Canto Popolare quando ero ragazzino ma non so dirti perché si sono perse, nel tempo, le identità dei compositori. Per fortuna tutto è stato tramandato attraverso i racconti.
Quando hai deciso di inserire nel tuo progetto Bambenella ti sei concentrato sulla versione originale oppure hai ascoltato tutte le versioni che nel tempo sono state fatte? Esistono ancora le bambinelle dei Quartieri Spagnoli che ballano sulla musica di un piano e danno baci carnali?
Ci sono due versioni, una delle quali fa riferimento a una francese con una variazione nella melodia. Mi piaceva rappresentare un esponente del teatro e della cultura napoletana quale è Raffaele Viviani, uno dei pochi che faceva teatro e musica. La ho suonata sempre in questa forma. I Quartieri Spagnoli sono un mondo  a parte, con tradizioni che resistono, sono roccaforte nel bene e nel male.
Ti ha emozionato concedere a Pergolesi la cittadinanza onoraria di Napoli con la tua versione di Dolorosa dallo Stabat Mater?
Provo verso di lui un sentimento molto forte perché, pur essendo nato a Jesi, ha vissuto a Napoli ed morto a Pozzuoli. Per altro è morto giovanissimo e chissà cosa avrebbe potuto ancora fare. Le sue opere hanno una grande profondità.
Alleria, brano col quale ricordi Pino Daniele, è una melanconica ballata sul fluire del tempo. Uno dei primi versi dice voglio un’ora per ricordare: che rapporto hai tu con i ricordi, conservi tutto o selezioni?
Sono molto melanconico e nostalgico. Ma qui non è solo una questione di nostalgia, il disco è l’esigenza di ricordare quello che questa terra ha avuto, fa sempre bene stimolare la memoria. Pino, col quale ho collaborato, nel Novecento fu un riferimento di grandissima espressione, non poteva mancare nel mio progetto che è tutto studiato con attenzione, comprende tutti i periodi storici e ho dovuto rinunciare ad altre composizioni e altri compositori. Pino ha creato un nuovo linguaggio musicale e testuale.
Osanna e Pink Floyd, prog e rock: ti senti un po’ maestro, nel senso buon del termine ovviamente, visto che grazie a opere come Via Napoli molti giovani si avvicineranno a mondi a loro lontani?
Non c’è differenza per me tra mondo il colto e l’opposto. Il mondo Prog rappresenta il periodo degli inizi dei miei studi accademici. Sono cresciuto tra studio e sperimentazione. I Pink Floyd ci sono perché mi appartengono. Hanno anche suonato nella solfatara di Pozzuoli in occasione del famoso concerto di Pompei. Io seguo il mio bisogno, questo è un recupero e sottolineo un tema: i grandi gruppi rock hanno una profonda conoscenza della musica classica, ecco perché insisto nel ricordare che esiste questa bellezza ed è un messaggio che può fare rinsavire questo mondo leggero e di poca sostanza.
Quando è l’ultima volta che hai scritto una lettera al sole perché questo giorno non calasse mai, come recita Canna Austina? L’incipit ha per protagonista un violino percussivo che dà al pezzo un tocco di freschezza e tanta modernità e innesca un finale da crescendo rossiniano.
Anche qui c'è il rispetto della partitura. Usando il violino percussivo ho pensato alle voci. Alla fine Canna Austina è un alleluia che va in crescendo e sfruttando le sonorità trasmette quella sensazione, che è anche una mia caratteristica. Sono felice quando faccio musica e ogni volta che accade mando un messaggio al sole ringraziandolo che mi ha scaldato.
Napoli resta quell’epicentro di contaminazioni, di culture e di accoglienza che la hanno resa unica oppure la modernità la ha resa un po’ più algida?
E’ una terra così forte che chi sa viverla da lì riesce da tirare fuori il meglio ma se ti fai prendere dal sistema e dalla negatività diventa un obbrobrio. Ma se la sai prendere ti fa la differenza.
Immagino che Via Napoli possa proseguire all’infinito…ci stai pensando?
Ci ho pensato ma per natura sono imprevedibile, magari il prossimo disco sarà elettronico. Lascio comunque uno spazio aperto. Via Napoli è la strada dove io sono nato, quella che collegva Pozzuoli a Napoli dunque c’è pure un fattore affettivo.
Che vita avrà Via Napoli? La porti in tour?
Voglio fare  girare l'album e farlo conoscere, so che può avere attenzione. Racconto la bellezza della musica napoletana. Integrerò il progetto live con altri momento del mio passato artistico.

Spettacolo: Per te