Il chitarrista ha svelato su Twitter che Johhny B. Goode di Chuck Barry è il brano che avrebbe voluto scrivere. Una rivelazione che sorprende fino a un certo punto, soprattutto considerando l’influenza che Berry ha avuto sugli Stones fin dagli inizi della loro carriera
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Qualche tempo fa Keith Richards raccontò che a inizio carriera il repertorio dei Rolling Stones era costituito principalmente da “Chuck Berry e qualche blues”. Per questo forse sorprende fino a un certo punto che il chitarrista inglese abbia indicato la hit più rappresentativa di Berry come il brano che avrebbe voluto scrivere.
Quando i Rolling Stones facevano le cover di Chuck Berry
La rivelazione è arrivata tramite Twitter, quando Richards ha risposto alla domanda di un fan confessando il suo amore per Johnny B. Goode. Il grande classico di Chuck Berry è forse uno dei migliori esempi di come il rock and roll possa servire anche a raccontare delle storie. In questo caso ci troviamo di fronte a un resoconto piuttosto puntuale dell’ascesa di un giovane nel mondo della musica ed è in buona parte autobiografico. Canzoni come queste fecero dire a Elvis Presley che avrebbe voluto saper esprimere i suoi sentimenti “come Chuck Berry”, dando voce al pensiero di molti colleghi che sarebbero venuti dopo di lui. Tra questi pure gli Stones, che non hanno mai nascosto il proprio debito verso Chuck Berry, capace di ispirare sia il modo di suonare di Richards che quello di muoversi di Mick Jagger. L’adorazione per questa leggenda del rock venne esplicitata dai ragazzi inglesi subito, già ai tempi del loro primissimo album, che nella tracklist faceva bella mostra di una cover della sua Carol. Quest’ultimo brano rimase un omaggio fisso pure nelle prime esibizioni della band, tanto da riapparire anche nel live del 1969 Get Yer Ya Ya's Out. Jagger e compagni riproposero infine Carol pure nello storico concerto per celebrare i sessanta anni di Berry, con quest’ultimo che nell’occasione si divertì a correggere all’infinito dal vivo l’allievo Keith Richards per fargli suonare il brano esattamente come era stato pensato. “La scena del documentario del concerto (Hail! Hail! Rock n roll) in cui suonavamo Carol mostra un suo modo di giocare. Mi stava prendendo per il culo. Mi correggeva sempre in modo diverso. Pensavo ‘Beh, adesso ti faccio vedere quanto posso essere stoico in queste situazioni’”, avrebbe ricordato poi più avanti il musicista confessandosi a Patrick Doyle. Quella sera del 16 ottobre 1986 al Fox Theatre di St. Louis, i due condivisero poi il palco anche per suonare proprio Johnny B. Goode, in un’esibizione che contava anche sulla partecipazione di Julian Lennon e che è stata linkata dallo stesso chitarrista a corredo della sua risposta sui social.
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Keith Richards rende omaggio all’uomo che fu “il rock & roll nella sua forma più pura”
Chuck Berry è stato per Richards un mentore e a un certo punto quasi un amico, al punto che i due per un periodo arrivarono persino a condividere casa. Berry era una persona spigolosa, che non si faceva problemi a fare un occhio nero al collega se gli toccava senza permesso la chitarra, eppure tra lui è Keith c’era una sintonia speciale. “Era un tipo spinoso ma aveva un’anima calorosa che non mostrava facilmente". Keith Richards si è spinto più volte a definire Chuck Berry “il nonno” di tutti i chitarristi rock, oltre che “il rock & roll nella sua essenza più pura”. Anche per questo forse sorprende il giusto sapere che persino Richards possa essere un pelino invidioso di non aver creato un capolavoro come Johnny B. Goode, un pezzo che è un pilastro del rock e senza cui forse non avremmo avuto neanche i Rolling Stones.