Lo Stato Sociale canta con Vasco Brondi che siamo "Fottuti per sempre". Ma è davvero così?

Musica

Manuel Santangelo

Foto di Jessica De Maio

Esce, senza comunicati stampa e senza troppa promozione, la “canzone più onesta” del gruppo bolognese. Un brano che costringe tutti a guardarsi indietro, sia chi questo pezzo l’ha scritto sia chi lo ascolta a diversi anni dall’uscita di Turisti della democrazia

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Qualche anno fa Lo Stato Sociale cantava quanto le cose fossero “più belle come ipotesi”. Ora, nel 2023, i regaz bolognesi uniscono le forze con Vasco Brondi per ribadire il concetto in una nuova canzone. Il pezzo si intitola Fottuti per sempre e trasmette tutta la disillusione dei trent’anni e dei sogni appannati. I paladini di quell’indie che poi sarebbe diventato it-pop e dopo ancora una roba difficile da definire, ci parlano di un successo che probabilmente non era così figo come appunto nelle ipotesi iniziali. Forse per questo la nuova canzone viene lanciata senza neanche uno straccio di comunicato stampa ma solo anticipata da un fluviale post sui social del cantante Lodo Guenzi, che suona meno istituzionale e che alla fine ti fa venire il dubbio: serve davvero questo articolo? E chissà poi se quelli de Lo Stato Sociale saranno contenti di un pezzo che indirettamente gli fa pubblicità. “Vendere o no non passa tra i miei rischi, non comprate i miei dischi, e sputatemi addosso”, è la preghiera fatta nell’ultimo brano. Dopo sei ascolti rimane difficile capire con certezza se chi caccia fuori quei versi sia serio o se sia solo un’esagerazione poetica.

La canzone più onesta

“È la canzone più onesta che abbiamo mai scritto, parla di come i sogni ti sappiano fregare, di una band che stava per sciogliersi, della vita che ha bussato ai finestrini di un piccolo furgone dove eravamo solo noi cinque amici che volevamo cambiare il mondo, mentre il mondo ha cambiato noi. Quel poco di successo, le sirene di una sorta di fama chissà poi quanto effimera, ma soprattutto l’amore, la vita, la famiglia, una nuova città. Tutto ci ha portato lontano, persino la musica. Questa è una band che poteva non esserci più, e invece siamo ancora qui”. Un po’ come Vasco (l’altro, non quello che partecipa alla canzone), Lodo e compagni si ritrovano a dire “e siamo ancora qua, eh già”. Ma a che prezzo? Cosa è successo nel mentre? Fottuti per sempre è un brano estremamente personale e sembra a un primo ascolto puramente autoreferenziale: la storia di una band che riflette su sé stessa. Eppure, scavando un po’, non è propriamente tutto così semplice e chiaro: sentire i membri de Lo Stato Sociale raccontare di come sono passati da un estremo all’altro del music business italiano, dai centri sociali di Bologna a Sanremo, porta inevitabilmente chi li ascoltava dai tempi di Turisti della democrazia a chiedersi dove si era a quei tempi. La canzone quasi ti costringe a fare quello che non vorresti fare mai: i bilanci. Lodo è passato da cantare una canzone che si intitolava “Mi sono rotto il cazzo” a prendersi la poltrona di giudice a Sanremo e tu, che dieci anni fa eri come lui a Bologna e di quelle canzoni scrivevi su Facebook o su un blog, oggi parli di quello stesso talent-show per il sito della televisione che lo trasmette. È una figata, ma vivi con l’ansia di quanto possa durare e se lo stai facendo bene, senza deludere in primis te stesso.

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Eravamo giovani, giovani o pazzi ma avevamo ragione

Nel nuovo pezzo Lo Stato Sociale ricorda un blog che si chiamava Cromosomi e prendeva il nome da una canzone del gruppo: era indie e fuori dal sistema come la band mentre oggi parla delle grandi hit di Lady Gaga. Tutto cambia, anche le ambizioni, ed è sempre difficile confrontarsi con il te stesso che scriveva versi “a sedici anni sopra ai cessi di un bar”. Sei tu ad averlo tradito o lui che non ci aveva capito niente? Tu ci credi ancora, come dice Vasco Brondi che “i soldi fossero il male” ma hai capito ancora di più che “che il sistema schiaccia chi non ha denaro e si serve di chi è povero di pensiero”. Quindi la paura che ti “tiene sveglio” non è tanto quella di non poter avere di più, ma di poter perdere ciò che hai (a prescindere che sia un minimo di successo come cantante o un contratto precario). Sai ormai che la musica non ti salverà, non da sola, come le parole che scrivi. Rischi di morire, almeno metaforicamente, come quel rock che credevi sarebbe sopravvissuto a tutto, come te. Quando sei giovane puoi cantare “abbiamo vinto la guerra e neanche ce ne eravamo accorti” ma poi, vai la seconda volta a Sanremo e ti accorgi che quella era solo una battaglia. C’è ancora tutta una lotta da intraprendere. Eppure, anche se “le luci della centrale elettrica” si sono spente e non cerchi più rimedi “per combattere l’acne” (forse), ti rendi conto che alla fine non sei così diverso dal te stesso di qualche anno fa e cerchi un modo per fare fare pace il tuo presente e il tuo passato. In fondo sono due facce della stessa identica medaglia. “Pensavamo che la vita sulla Terra non dipendesse da come andavano i sistemi economici e politici ma dal brillare del sole. Eravamo giovani, giovani o pazzi ma avevamo ragione”. Averlo capito in tempo può ancora fare la differenza.

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