Il 14 aprile, esattamente mezzo secolo dopo la sua uscita, l’album verrà riproposto in due versioni alternative. Un modo per celebrare a dovere un disco storico, che ha rappresentato una tappa fondamentale del percorso dell’istrionico artista inglese
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Dei primi sei dischi di David Bowie Aladdin Sane è sicuramente quello più buio e oscuro. Per questo forse, quando è arrivato il momento di festeggiarne il mezzo secolo di vita, si è deciso di celebrare l’anniversario in modo particolare: la scelta è stata quella di riproporre una versione del disco a velocità dimezzata, quasi ad aumentare con questa mossa la minacciosità di quell’album uscito nel 1973. Il 14 aprile, giorno esatto del cinquantenario dell’uscita dell’opera, oltre all’LP rallentato sarà poi pubblicata anche una seconda riproposizione di Aladdin Sane, stavolta in picture disc ma sempre ricavata dello stesso master. Un bel modo per celebrare un lavoro che certificò quanto il cantante inglese cercasse sempre nuove strade e nuovi alter-ego, soprattutto per nascondere una schizofrenia che a quel punto forse non era più solo musicale.
Un ragazzo un po’ matto e scisso tra diverse personalità
Dietro il titolo Aladdin Sane si nasconde un gioco di parole che ben fotografa il momento in cui si trovava David Bowie: quel nome poteva essere infatti letto anche come “A lad insane” (un ragazzo pazzo), facendo riferimento sia allo stato mentale dell’artista in quel momento e sia alla schizofrenia che era stata diagnosticata al fratello della star britannica Terry. “C’è stato un momento nel ’73 in cui sapevo che tutto era finito”, avrebbe detto poi Bowie. “Non volevo che la mia vita restasse intrappolata nel personaggio di Ziggy e ciò che feci con Aladdin Sane fu provare a muovermi in qualcosa di nuovo”. Il futuro Duca Bianco era appena uscito dal successo di The Rise and the Fall of Ziggy Sturdast, uscito appena dieci mesi prima, e si sentiva come scisso in diversi sé: c’era Ziggy, c’era David Bowie e c’era un terzo personaggio figlio dei suoi ascolti americani. “inevitabilmente la mia scrittura rifletteva il tipo di schizofrenia che attraversavo. Volevo essere sul palco a cantare le mie canzoni, ma nello stesso tempo non volevo stare su quegli autobus con tutta quella gente strana. Dal momento che sono fondamentalmente una persona tranquilla era difficile venirne a capo. Così Aladdin Sane era diviso a metà”. Di quel disco oggi tutti ricordano in primis l’iconica copertina in cui l’artista appariva segnato in volto da un fulmine, come se effettivamente si fosse spaccato in due parti. Così si sentiva Bowie, che sperimentava per la prima la pressione di scrivere un album dopo aver avuto un successo di gigantesche proporzioni mentre era in tour in America.
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Quando Ziggy Stardust scomparse per colpa dell’influenza americana
Proprio il tempo passato negli Stati Uniti fu alla fine la molla che portò il futuro autore di Heroes a compiere una delle sue innumerevoli trasformazioni. Aladdin Sane somigliava a Ziggy Stardust ma allo stesso tempo ne rappresentava una sua versione inedita e “corrotta”: “Aladdin Sane era da una parte un’estensione di Ziggy. Ma allo stesso tempo era più soggettivo, Aladdin Sane era la mia idea dell’America rock ‘n’ roll”, avrebbe ricordato in seguito David Bowie, riassumendo efficacemente l’operazione in “Ziggy Goes To Washington: Ziggy under the influence of America”. Un’influenza sinistra, che era ben restituita in brani come Drive-In Saturday o Panic in Detroit e che portò in conclusione alla definitiva morte del personaggio dell’alieno Ziggy Stardust. Quest’ultimo era ormai irrimediabilmente corrotto dal mondo e per questo destinato a scomparire dopo appena tre mesi dall’uscita dell’album nel luglio 1973, con un ultimo show insieme agli Spiders From Mars all’Hammersmith Odeon di Londra. David Bowie alla fine arrivò fino alle vette (delle classifiche) del Nuovo Continente per compiere da lì sopra un sacrificio necessario: uccidere Ziggy Stardust e quindi un pezzo di sé. L’androgino personaggio ritratto in quella copertina nata da una foto del fido Brian Duffy doveva scomparire, lasciando dietro di sé solo un anonimo vuoto da riempire. La RCA in Italia forse lo aveva in qualche modo capito, visto che commercializzò la prima tiratura di Aladdin Sane senza l’iconica immagine, lasciando a fungere da cover un semplice sfondo bianco. Quel non-colore sarà qualche tempo dopo al centro dell’incarnazione successiva di David Bowie, sempre più vicino a trasformarsi proprio nel White Duke per aprire un nuovo interessante (ma anche doloroso) capitolo della sua leggendaria storia.