Chiarablue canta gli Indifesi che non hanno paura della vita: il video

Musica

Il brano racconta di come quando veniamo feriti tendiamo a ergere muri di protezione per prenderci il tempo di far rimarginare le ferite. Ma col tempo questi muri rischiano di diventare gabbie di cui perdiamo le chiavi

IL VIDEO E' INTRODOTTO DA UN TESTO ESCLUSIVO DELL'ARTISTA

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Indifesi per me è un brano che ha segnato un momento di consapevolezza molto importante. Ho desiderato ardentemente scrivere questa canzone ed essa ha chiuso, in ordine temporale, l'album che porta il suo nome. È come se, quando l’ho scritta, sapevo cosa volevo comunicare. L’avevo davanti a me, dovevo solo scriverla.

Questo brano racconta di come, nel momento in cui veniamo feriti, tendiamo a ergere muri di protezione per non essere più segnati dal dolore, per prenderci il tempo di guarire e far rimarginare le ferite in modo definitivo. Ma col tempo questi muri, rafforzati dai luoghi comuni e dall’esperienza, rischiano di diventare gabbie di cui perdiamo le chiavi. Queste gabbie, in cui ci siamo intrappolati noi stessi, autosabotandoci, anestetizzano le nostre emozioni e il nostro istinto. È proprio in quel momento che dobbiamo spogliarci dalle nostre protezioni, delle nostre barriere, per perdere le credenze e tornare ad essere completamente vulnerabili e indifesi.

Il video, editato in bianco e nero, è stato girato in una piscina di una casa. Quando poi con Paolo Boriani, il regista del video, ci siamo seduti a parlare di una possibile sceneggiatura, sono stati due gli elementi sono arrivati quasi subito nei nostri discorsi: l'acqua e gli occhi. L'acqua come elemento naturale che porta con sé il concetto di trasparenza e di purezza. Infatti nell'acqua, siamo liberi, siamo spogliati di ogni sovrastruttura e torniamo alla nostra primordialità, alla nascita, dove nulla ancora può averci toccato e dove non esiste la necessità di difendersi, perché siamo puri. Per questo motivo il corpo è sempre immerso nella materia liquida e trasparente che rende nudi e liberi. La seconda scelta invece, che per noi era davvero molto importante, era quella di avere lunghi primi piani, sublimati dalla fotografia del maestro Renzo Chiesa, in cui lo sguardo profondo e gli occhi fossero il centro del dialogo intimo con lo spettatore. Occhi fissi che restano sempre in connessione con quelli di chi guarda il video, dando libero accesso a tutte le emozioni possibili senza nessun trucco e senza nascondere nulla, veri e soprattutto indifesi. Perché se ci riflettiamo bene, colui che è vulnerabile, indifeso, non è solo colui che è non ha nulla con cui difendersi, ma è soprattutto chi non ha bisogno di difendersi, chi sceglie consapevolmente di non farlo, chi si mostra, aprendo le braccia, senza paura alla vita, all'amore, all'altro.

Non è un caso, quindi, che il disco porti il nome di questa traccia. Un brano che riassume le 10 tracce che ho composto e interpretato insieme a grandissimi musicisti come Matteo Iarlori, Andrea Alosi, Francesco Carcano, Francesco Perrota, Daniele Moretto, Marco Sciopione e Luca Jurman. In questo album ho avuto anche la possibilità di lavorare con Angelo Pusceddu, Khora Quartet e Livio Gianola e  sono stata fortunata a poter duettare con Fabrizio Bosso. Il disco, tra l’altro, mi ha anche portato ad essere nella cinquina finale per la Targa Tenco Miglior Opera Prima lo scorso anno, una delle targhe più prestigiose per il cantautorato italiano e internazionale.

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