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U2, Bono parla di Songs of Innocence dopo 8 anni

Musica

Manuel Santangelo

©Ansa

Il 9 settembre del 2014 tutti gli iscritti ad iTunes ricevettero (senza averne fatto richiesta) una copia del tredicesimo album degli U2. Si trattò di un’operazione fallimentare, che rischiò di minare in maniera irreparabile la credibilità della band. A distanza di otto anni, il cantante irlandese  ammette le sue responsabilità, prendendosi tutte le colpe dell’idea nella sua autobiografia

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Bono Vox non è uno che si fa troppi problemi a dire quello che pensa, dimostrando un’onestà intellettuale a volte ai limiti dell’autolesionismo. In passato aveva addirittura ammesso di non amare diversi pezzi della sua band e che anche il nome U2 in fondo non lo convinceva “ancora del tutto”. La sua autobiografia Surrender: 40 Songs, One Story, almeno dagli estratti finora trapelati,  sembra muoversi sulla falsariga di queste coraggiose dichiarazioni non nascondendo gli scheletri nell’armadio. All’interno del libro il cantante irlandese ha parlato anche del flop di Songs of Innocence, un passo falso che rischiò di minare pesantemente la credibilità degli U2 e di cui oggi Bono si assume tutte le colpe.

Song for someone (che non la voleva)

Songs of Innocence non è l’album peggiore della carriera degli U2. Ha al suo interno diversi omaggi alle radici della band, a cominciare dalla prima traccia intitolata non a caso The Miracle (of Joey Ramone), ed è stato anche per questo lanciato con una copertina spoglia che richiamava le cover dei vinili “white label”. Il disco ha poi al suo interno pure un singolo di discreto successo come Song for Someone, il cui nome appare quasi ironico considerando che tanti di quei “someone” non avevano richiesto la canzone appositamente pensata per loro da Bono e compagni.

Nel 2014 la musica di trovava in mezzo a un guado: i servizi di streaming tipo Spotify non erano diffusi come oggi e la pirateria rappresentava ancora un discreto problema per l’industria tutta. Le vendite dei dischi erano in costante decrescita e il boom dei vinili ancora lontano. In questo panorama un player importante restava Apple con il suo iTunes che contava ai tempi qualcosa come 500 milioni di iscritti. Un tale bacino potenziale di ascoltatori fece gola a Bono Vox che propose all’appena insediato Tim Cook una partnership. L’idea doveva rappresentare una grande possibilità per la band e anche per l’azienda della mela morsicata, almeno nell’idea del cantante. Peccato però che l’operazione si rivelò in fretta un clamoroso boomerang per tutti.

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Come il latte sui cereali

Il 9 settembre del 2014 tutti gli iscritti ad iTunes ricevettero gratis e senza averne fatto richiesta una copia di Songs of Innocence nelle loro librerie virtuali. Non era la prima volta che si sperimentavano nuove maniere di arrivare al pubblico (basti pensare al modello “paga quanto vuoi” brevettato qualche anno prima dai Radiohead per In Raimbows) ma quel goffo tentativo degli U2 non venne recepito bene da molti. Le proteste furono tali da spingere la stessa Apple a rilasciare qualche giorno dopo un tutorial per aiutare gli utenti ad eliminare il disco dal loro iTunes. Il danno d’immagine fu enorme per tutte le parti in causa eppure il vero regista dell’operazione, Bono Vox, aveva concepito quel “regalo” animato dalle migliori intenzioni e ignaro dei potenziali rischi: “Quale sarebbe stata la cosa peggiore che poteva succedere? Finire nella posta indesiderata, non credete? Come lasciare una bottiglia di latte sull’uscio di tutte le case della città. Il fatto è che il 9 settembre 2014 noi, la bottiglia di latte, non solo l’abbiamo lasciata sull’uscio di tutte le case della città, ma l’abbiamo messa nei frigoriferi di tutta la città. In certi casi l’abbiamo versata sui cereali della gente. Solo che c’è gente alla quale piace versarlo da sé il latte sui cereali. E altri, addirittura, sono intolleranti al lattosio”.

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Song Innocent

Bono Vox nella sua autobiografia oggi si prende la colpa dell’intera operazione, che da molti venne vissuta come una indebita violazione della privacy, spiegando anche come nacque l’idea. Il cantante racconta di averne discusso per la prima volta addirittura nel 2011, quando Tim Cook aveva appena preso le redini di Apple dopo la dipartita di Steve Jobs. Proprio Cook aveva mosso in quell’occasione le prime perplessità, facendo notare come la sua azienda stesse giusto cercando di impedire che la musica finisse per sembrare qualcosa di gratuito o da regalare. Bono reagì alle sue rimostranze rispondendo qualcosa come: “Non vogliamo regalarla, la nostra musica. Tu la pagherai, e poi sarai tu a regalarla. Non sarebbe fantastico? Penso che tutti debbano averla. Poi sarà una loro scelta ascoltarla o meno”.

Dal punto di vista dell’artista irlandese tutto sarebbe accaduto in maniera perfettamente naturale e, anche quando iniziarono ad arrivare le prime proteste, ammette di averle molto sottovalutate: “All’inizio pensavo fosse solo un po’ di casino su Internet. Tipo Babbo Natale che fa cadere qualche mattone nel camino scendendo con il suo sacco di canzoni. Poi però ci siamo resi conto di esserci imbattuti in una discussione piuttosto seria sull’accesso che la tecnologia ha alle nostre vite”. L’idea dell’artista era quello di compiere un gesto punk “tipo i Clash”, garantendo l’ascolto del proprio lavoro a tutti. Guardando le cose in retrospettiva è però lo stesso frontman degli U2 a rendersi conto di quanto apparire punk e anti-sistema con alle spalle una delle multinazionali più importanti del mondo sia quantomeno un esercizio complicato. Oggi la distribuzione di Songs of Innocence è un incidente di cui Bono Vox si vergogna, quasi quanto si vergogna del mulett sfoggiato al Live Aid di Wembley nel 1985. Ma questa è un’altra storia contenuta nella sua biografia e magari ve la racconteremo la prossima volta.

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