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Premio Tenco 2022, Claudio Baglioni: "Basta etichette perché ci strappano la libertà"

Musica

Fabrizio Basso

Credit Alessandro Dobici

L'artista romano riceve il riconoscimento assegnato dal 1974 alla carriera degli artisti che hanno apportato un contributo significativo alla canzone d'autore mondiale. L'INTERVISTA

 

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Aspettando la ripartenza del tour Dodici Note Solo Bis il prossimo 6 novembre a Caserta, Claudio Baglioni riceve la Targa Tenco per la raffinata scrittura musicale in quanto sin dalla fine degli anni Sessanta ha ricercato attraverso la canzone quell’arte che descrive la vita. Baglioni ha cantato le storie minime che sono di tutti i grandi temi dell’uomo cercando risposte a domande universali. Inoltre sono suoi il disco italiano più venduto di sempre, La vita è adesso, e la canzone del secolo, Questo piccolo grande amore.

Claudio ci racconti il tuo unico incontro con Luigi Tenco negli anni Sessanta e cosa accadde con Un Giorno dopo l’Altro la sigla del Maigret televisivo con Gino Cervi che poi hai ripreso nell’album di cover?
Provai quel brano ma la sigla rimase di Luigi, Maigret resta suo. Ero nel 1967 al bar della RCA in via Tiburtina dove facevo un provino a settimana e andavano tutti male. Luigi lo ricordo al bancone muto, girato e melanconico come forse erano i suoi occhi che guardavano il mondo. Insieme a Umberto Bindi lo considero il musicista di quegli anni, loro due erano i più preparati e con una produzione di brani neppure copiosa. Pensavo di non riuscire più di venire a Sanremo per questo premio anche perché ho inciuciato con il Festival e deponeva male. I premi, oltre a meritarli, bisogna vincerli. Ne ricevo un centinaio l’anno e quasi mai ci vado, ho l’ansia aristocratica che quando ti premiano tanto c’è la pace dei sensi e dei consensi. Tornando a Luigi ti dico che Ciao Amore Ciao non è forse la migliore delle sue canzoni ma in quel 1967 mi trovai d’accordo con i miei genitori nonostante ci fosse una generazione di mezzo.
Riparti in tour a novembre.
È il secondo round nei teatri ed è giusto chiamarlo round perché è un fatto agonistico. Il primo ne ha segnati 71 e il secondo 72, e li considero tutti debutti. Non essere più di due o tre giorni nello stesso posto mi fa sentire fresco e in viaggio… vado io a cercare le persone. Oggi si tende a costruire un concerto residente e il pubblco viene da te, io ora restituisco la visita e limito il dispendio economico di trasferta e altro. Vado nei teatri perché c’è voglia di tornare dove le canzoni sono nate. Le canzoni bisogna svestirle, ricercare una intimità, vanno asciugate e vanno tolti gli orpelli. Passo dal concerto spettacolare a qualcosa di estremamente privato, piccolo, una musica da cameretta. È un giro d’Italia senza bicicletta.
Si parla di te negli stadi.
So che mi stanno prenotando tanti spazi. Mi piacerebbe fare un tour nei cortili ma temo non sia possibile. Se non nel 2023, gli stadi li farò nel 2024.

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Vivi la Targa Tenco come una rivincita?
Non è più il tempo delle rivincite, trovo sacrosanto che ci sia una revisione. Non è vero che è tutto uguale, quando esco e sono presente a qualche manifestazione capita che trovo seduto vicino qualcuno che viene da un talent: sembra che tutti facciamo la stessa cosa e non è così, deve esserci una distanza tra un artista e l’altro. Mai pensato di ottenere un premio così ma siccome lo considero alla carriera significa che la mia è ancora in essere.
Insomma ti sei liberato di certe etichette.
C’è stata una fretta di etichettare, mettere una didascalia che è nata a fine anni Sessanta, quando si puntava a cambiare il mondo, che a mio avviso è l’ultimo grande sogno che l’umanità ha condiviso. C’era il bisogno di essere più sbrigativi, le rivoluzioni si fanno alla grossa, non col cesello. Io ero uno di pianura e non un barricadero, e in più avevo a che fare con i miei problemi, pensavo a esprimere quello che avevo dentro e a essere un buon musicista. La nostra pigrizia poi ci porta a mantenere una etichetta per tutta la vita. La scienza medica farà miracoli ma il pregiudizio e il luogo comune ci sconfiggeranno sempre. Nessuno sta bene con la sua etichetta, vorremmo essere infiniti e invece l’etichetta ci strappa la libertà. Io però nel tempo sono diventato non definibile, ma non essendo mai stato un incendiario non sono diventato un pompiere.
Claudio ricevi la Targa Tenco nel giorno in cui giura il nuovo governo: che ne pensi?
Non ho molte aspettitive ma siccome il governo è la nostra pelle e il nostro portafoglio spero in una regia di comando matura. Mi piacerebbe già che con la maggioranza non ci fosse la minoranza bensì l'opposizione, perché la minoranza ha più responsabilità e se l’abbiamo votata dobbiamo essere ancora più esigenti. Oggi il governo è mondiale e le linee sono già un po’ tracciate. Come artisti siamo già privilegiati, è chi lavora con noi che deve chiedere una legge strutturale: la chiamino musica leggera, popolare, moderna... non ieie come negli anni 70 ma la regolamentino. Ritengo questo momento storico un fatto epocale, l’inizio di uno straordinario chiarimento.
Hai portato al tuo Festival artisti quali Zen Circus e Motta riducendo la distaza tra il Tenco e il Festival: ne eri consapevole?
Il mio primo passo fu abolire l’eliminazione, non adatta a un Festival che deve in primis proporre. Il Tenco sarà anche elitario ma è giusto che premino quello che gli piace. Mi hanno dato del dittatore e poi del dirottatore, il mio credo sia stato un Festival soprattutto musicale, dal quale sono usciti buoni personaggi. Per altro avevo ritirato fuori l'esame di stato di architettura, se mi fosse andata male avevo un piano alternativo.
Infine come hai scelto il tuo set per la serata all'Ariston?
Sono stato in grave imbarazzo, non sai mai cosa suonare se hai una carriera lunga. Ho pensato a quello più intonato e sintonico con questo premio. A volte avrei voglia di avere fatto solo due dischi, così le scelte sarebbero scontate. Non c’è stata una volta che qualcuno, dopo un concerto, non si è lamentato e mi ha detto "questa non l'hai fatta!".

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