Un libro appena uscito racconta un viaggio di formazione passando al setaccio gli album più iconici della recente storia della musica. Si intitola “Scrivevamo sulle scarpe. Piccole Recensioni Sentimentali” ed è firmato da Luca Azzini, apprezzato dj italiano che dal 2020 ha inaugurato in rete un profilo Instagram altrettanto apprezzato: “La mia vita in 400 dischi”, di cui qui riprende stilemi e missione social-rock. Dove social non sta per social network ma per musica in grado di guidare cambiamenti sociali
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È appena uscito un libro che farà gola agli amanti di rock, sette note epocali e madeleine proustiane da inzuppare in tazze piene di nostalgia dei bei tempi andati, quelli dell’analogico e delle compilation su cassetta. Si intitola “Scrivevamo sulle scarpe. Piccole Recensioni Sentimentali” ed è firmato da Luca Azzini, apprezzato dj italiano che dal 2020 ha inaugurato in rete il profilo Instagram “La mia vita in 400dischi”, di cui qui riprende stilemi e mission.
Benché nell'intento dell'autore non ci sia affatto quello di creare un Ritorno al futuro in cui inscenare la battaglia tra analogico anni Novanta e digitale fluido odierno, una fetta del pubblico di certo potrà rivivere con queste pagine le emozioni che ha provato maneggiando un vinile, una tape o un compact disc, quando ancora tutto aveva un corpo fisico.
Eppure la mission di Luca Azzini è quella di offrire un viaggio di formazione a lettori facenti parte sia della generazione delle cassette di cui sopra sia a quella dei Millenials. Il bello di “Scrivevamo sulle scarpe” è infatti il suo essere a portata di mano (e di orecchio) di chiunque, merito del fil rouge che intesse ogni sua pagina: la musica più bella, intramontabile, emozionante, coinvolgente, immortale, iconica ed epocale che il genere umano vanta (con buona pace di Ludwig van Beethoven e compagnia bella, dato che qui si parla di musica del passato recente).
Le pagine di questo progetto letterario sospeso tra narrativa e rock si avvalgono di piccole recensioni sentimentali di album più o meno epici, oltre che epocali. Partendo da dischi imprescindibili per chiunque voglia essere definito un musicofilo, “Scrivevamo sulle scarpe” scrive (sulle scarpe e sulle pagine) la storia di una generazione. E non può che finire con il piangere a dirotto chi ha ascoltato la musica in un certo modo, ossia potendo godere di un po’ della benedetta siepe leopardiana: quell'ostacolo che a Leopardi faceva esperire l’infinito, mentre in questo caso parliamo di una limitatezza nell’avere a disposizione la musica, una staccionata che da un lato ci limitava ma che dall'altro ci spingeva ad arrampicarvici sopra e a scavalcarla, per andarcela a comprare fisicamente in un negozio. Questo accadeva prima dell’era in cui tutto lo scibile umano è diventato a portata di stringa di Google. E se qualcosa lo ottieni senza troppo desiderarlo, immediatamente quel qualcosa perde di valore.
Una riflessione sul ruolo che la musica svolgeva un tempo
La riflessione che sorge spontanea da questo libro è che un tempo la fruizione musicale non era soltanto entertainment, zapping radiofonico e “spotifesco” o colonna sonora di spot del detersivo e di film con cui riempire il dimenticatoio: ci sono stati momenti storici in cui la musica aveva un impatto sociale e culturale incredibile. Incredibile nel vero senso del termine, poiché oggigiorno è impensabile.
E non stiamo tirando in ballo i soliti Bob Dylan & Joan Baez o John Lennon & Yoko Ono: senza inoltrarsi per forza in canzoni di protesta e cori sessantottini, qui parliamo per esempio del rock alternativo e del grunge targato anni Novanta, come quello che lo scrittore e dj Luca Azzini ama in particolare. Dai Nirvana ai Pearl Jam, dai R.E.M. ai Sonic Youth, il suo libro scava nella memoria musicale non del Pleistocene ma di un decennio che è stato appena ieri (o al massimo ierlaltro)…
“Scrivevamo sulle scarpe. Piccole Recensioni Sentimentali” trae ispirazione dal blog su Instagram aperto qualche anno fa dall'autore del libro, Luca Azzini. L'idea di trasporre dalla rete alla pagina scritta questo racconto del passaggio all'età adulta ce la racconta l'autore stesso, nell'intervista che trovate di seguito.
approfondimento
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Intervista a Luca Azzini,
Luca Azzini, autore del libro “Scrivevamo sulle scarpe. Piccole Recensioni Sentimentali” (edito da Dialoghi), si racconta a Sky TG 24.
Come nasce questo libro? E come è nato il tuo progetto social “La mia vita in 400dischi”?
La pagina Instagram dei 400dischi nasce nel febbraio del 2020, in un momento particolare della mia vita, in cui ho sentito la necessità di andarmi a riascoltare i dischi con cui sono cresciuto e di farlo alla vecchia maniera. Vale a dire dal principio alla fine, senza interruzioni, senza saltare da un brano all’altro e col libretto tra le mani per poterne toccare e assaporare i testi, le foto e i crediti. Mi sono riaffiorate alla mente tutte le storie, personali o universali che fossero, che quegli album si portavano dietro e ho voluto iniziare a raccontarle. La pagina è cresciuta piuttosto rapidamente come popolarità e fin da subito l’idea di trasformarla in un libro, in qualcosa di tangibile e deteriorabile, è stato il vero obiettivo. “Scrivevamo sulle scarpe”, dunque, ne è un costola e una prosecuzione insieme. Ci sono quelle parti che i limiti di battute imposte dai social mi hanno costretto a eliminare insieme a parti inedite nate durante la stesura del testo. Ho provato a dare una continuità narrativa ad una serie di piccole recensioni sentimentali che nascevano slegate tra loro. Il mio proposito era tentare di costruire un ritratto generazionale, una sorta di romanzo di formazione, con meno beghe familiari e più chitarre, però.
Nelle pagine di “Scrivevamo sulle scarpe” troviamo fiction ispirata alla tua vita oppure è tutto assolutamente autobiografico?
Si tratta di un racconto interamente autobiografico; gli episodi, gli aneddoti, le persone, le città e le cavolate sono realmente quelle che in cui mi sono imbattuto nel corso di questi anni. Ci sono i compagni del liceo, ci sono mia moglie e mio figlio, ci sono i concerti finiti sotto un temporale.
Cosa vuoi trasmettere al pubblico di oggi?
Una precisazione a cui tengo molto è che non c’è alcun intento nostalgico dietro, non mi interessa quel lato della musica. L’aggettivo “sentimentale”, con cui ho deciso di definire le mie brevi recensioni, vuole solo trasmettere il lato emozionale e salvifico che ho sempre ritrovato nella musica. Vorrei che un sedicenne di oggi ci vedesse la fotografia di una generazione, probabilmente l’ultima, per la quale una band, una canzone o un album erano davvero importanti. Vorrei che sapessero che anche se la musica non salverà il mondo, in alcuni momenti potrebbe salvare loro. Con me l’ha fatto.
Che ruolo credi che abbia la musica oggi rispetto a ieri?
Mi pare che la sua trasformazione in qualcosa di liquido o che volteggi su inafferrabili cloud le abbia fatto perdere quel necessario distacco, quella sorta di soggezione che si dovrebbe avere nei confronti di una qualsiasi opera d’arte per esserne davvero travolti. Oggi finisce, spesso, per essere solo il sottofondo di pochi secondi per un video o una storia di uno degli innumerevoli social.
Cosa ci ha insegnato la musica durante la pandemia, a parte la fase iniziale del cantare sui balconi, quando ancora disegnavamo arcobaleni con scritto sotto “andrà tutto bene”?
Mi ha costantemente ricordato che non sempre tutto andrà bene e che non credo sia giusto e onesto continuare a ripeterselo. Nella musica ci sono degli arcobaleni bellissimi, ma anche cieli neri e nuvole gonfie di pioggia. Ecco, mi ha, per l’ennesima volta, insegnato che è dura, ma mi ha anche aiutato a rimpossessarmi della piacevole lentezza del tempo, soprattutto di quello passato accanto alle persone che ami.
Ci anticipi qualche album di cui il tuo libro offre una piccola recensione sentimentale? Quale genere musicale più ti appartiene?
Io sono diventato adulto insieme alla grande esplosione del rock alternativo degli anni Novanta, dai Nirvana ai Pearl Jam, dai R.E.M. ai Sonic Youth, per cui quella parte di mondo è quella che viene più raccontata. Così come il punk (e tutte le sue derivazioni) che, musicalmente e come filosofia di vita, mi ha lasciato moltissimo. Ma ci sono anche momenti più pop e cantautori italiani. Negli anni i miei ascolti si sono fatti più aperti e trasversali.
Se dovessi scegliere soltanto cinque canzoni nella playlist della vita, quali inseriresti in questo momento?
Ti posso elencare cinque brani che mi è capitato di ascoltare di recente e che, nonostante tutto il tempo che è passato, mi rappresentano ancora benissimo.
David Bowie - Let’s Dance
R.E.M. - Sweetness Follows
Talking Heads - Life During Wartime
Paolo Benvegnù - Il Mare Verticale
Grant Lee Buffalo - The Hook
Qual è un episodio del tuo libro che secondo te è particolarmente significativo e perché?
Devo dire che essere diventato padre ha cambiato la prospettiva su molte cose. Credo che l’intreccio che si è creato tra i racconti del me adolescente e quelli legati al mio nuovo ruolo da adulto siano i momenti che hanno avuto l’impatto maggiore su di me, in fase di scrittura, ma anche rileggendoli a libro terminato.
Quali musicisti di oggi credi si stiano impegnando non solo per fare belle canzonette ma anche per cambiare un po’ in meglio il mondo?
Penso che tutti i giovani artisti che stanno iniziando a sentire l’obbligo di liberarsi dalla schiavitù del like, dei numeri di ascolti su Spotify e dei click vari, per tornare a concentrarsi sul raccontare davvero una storia o se stessi, ci riporteranno un sacco di bellezza. Devo dire che negli ultimi anni sto apprezzando la grande vitalità di tante artiste donne, cantautrici e musiciste.
Che accoglienza ha avuto il tuo libro?
I primi commenti, le prime recensioni sono molto buone, ne sono molto felice.
Parlaci dei tuoi progetti futuri.
Ora inizierò a portare un po’ in giro il libro con qualche evento, sto cercando di organizzare incontri che non siano soltanto la classica presentazione, ma che comprendano musicisti sul palco, magari parti di reading. Ci sono cose che bollono in pentola, insomma. Sto iniziando a scrivere il mio primo vero romanzo, col quale mi piacerebbe raccontare la scena rock italiana degli anni Novanta, che mi pare sia ancora poco approfondita e conosciuta.
E poi “lamiavitain400dischi” continuerà con le sue piccole recensioni sentimentali, sono soltanto a metà…