Paolo Nutini, Last Night in the Bittersweet è un viaggio sentimentale

Musica

Fabrizio Basso

©Kika Press

Dopo otto anni il songwriter torna con 16 canzoni e un tour che debutta il 15 luglio a Gardone Riviera. Ta le altre tappe c'è quella di Bologna al Sequoie Music Park. ABBIAMO ASCOLTATO IN ANTEPRIMA L'ALBUM: LA RECENSIONE

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Una partenza gotica, crepuscolare, con un voce strozzata che sembra un urlo scaturito dalle latomìe di Notre Dame senza Quasimodo. Paolo Nutini ci porta nel suo nuovo mondo sonoro, otto anni dopo Caustic Love, con un brano che è straniante, avvio quasi da Goblin e finale alla Video Kill The Radio Star, con tanto di voce femmininile che con un talking ammorbidisce le asperità di Afterneath. Il tempo di uno iato e con Radio, la seconda delle sedici tracce di Last Night in the Bittersweet, che ci restituisce il Nutini che conosciamo, solo con una voce più corposa, soprattutto nel finale. Il concetto di agrodolce espresso nel titolo riassume bene la melanconia di Through the Echoes, un brano di domande esistenziali che attendono risposte e comunque attraverso gli eco sempre e per sempre, over and over. Un amore tormentato è protagonista di Acid Eyes dove una melodia fischiettata porta a ingoiare il cuore: brano opo con bellissimo ritmo, ipnotizzante. La successiva Stranded Love è vissuta come un desiderio, quasi un mantra l'I need. D'altra parte si parla di un amore incagliato

Attacco elettrico e voce metallica per Lose It che rende grottesca la visione molto poetica della spina di rosa selvatica. L'incedere vocale di Paolo Nutini trasmette quel senso decandente che ricorda il David Bowie di Low. La coda del pezzo con l'ossessivo Lose it for a little while, lose it (yeah, yeah, yeah) occhieggia al punk morbido. Petrified Love è una dichiarazione d'amore intensa che ha per protagonista due cuori nella notte. Si procede con Everywhere e Abigail, due brani che ci avvicinano al Paolo Nutini di Candy, uno dei suoi brani più famosi. Per altro Abigail sembra figlia di un'altra epoca come impostazione vocale pur nella sua contemporaneità. Children of the Stars è un viaggio quasi onirico mentre il suono della chitarra quasi fastidioso di Hearth filled up non è altro che un suono onomatopeico del focolare che si è riempito e i lapilli accendono i pensieri. Nonostante la dolcezza del suono è quasi demonica Shine a Light perché la luce del titolo ricorda un po' la luccicanza di Stephen King quando si intuisce che in cerca di un'amante si balla col diavolo, un demone tentatore dai lunghi capelli scuri e dal sorriso perfetto: non puoi sentirti solo in questa sortilegio e infatti brilla la luce. Si va verso il finale con l'attacco psichedelico di Desperation e la beatlesiana Julianne. Last Night in the Bittersweet si chiude Take me Take mine, una ballata dolcissima con una intro che sembra una favola, basti dire che la voce di Paolo Nutini entra nella musica dopo 38 secondi, e Writer, una filastrocca sussurrata che ci lascia con in bocca un gusto tanto sweet e poco bitter.

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