Leda, l'oasi felice e creativa della musica ha il ritmo Marocco Speed

Musica

La forza di saper cambiare, una potenza espressiva che si sviluppa in musica e parole. Questa band marchigiana e la sua frontwoman Serena Abrami rappresentano un viaggio così reale da sembrare meta-fisico nell'iperspazio della musica. Puro talento, pura follia, pura magia

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Siamo i Leda e veniamo da una delle “provincie denuclearizzate” dell’Italia centrale, Macerata per l’esattezza, dove ha sede la sala prove che dal 2018 ci vede improvvisare e scrivere musica insieme. Marocco Speed è il nostro secondo album e nasce nel corso negli ultimi due anni, registrato durante la seconda “zona rossa”. Molte aree della nostra regione in quel momento avevano una doppia zona rossa: quella per la pandemia e quella per il terremoto. Per onore di cronaca, la seconda ancora rimane, spesso dimenticata, in una quasi assurda normalità che normalità non è. D’altronde nelle Marche l’immutabilità delle cose non contempla i cambiamenti

veloci. La zona rossa pandemica ha dato all’ “Homeless Factory” un’aurea di isola felice, sentita tale a partire dal tragitto che ogni volta abbiamo percorso dalle nostre case verso lo studio di registrazione. Al banco ci avrebbe aspettato Manuele Marani. In quel momento così drammatico per i lavoratori dello spettacolo, poter dedicare del tempo alla creatività ci è sembrato un gran privilegio. “Marocco Speed” ha la forma di otto canzoni che mescolano gli ascolti, i gusti e i percorsi di ciascun componente. È anche il titolo del primo singolo uscito da questo nuovo lavoro, linea di confine con “Memorie dal futuro”, il primo album. La linea di confine non è stata solo emotiva, ma in un certo senso anche “fisica”, in quanto quel pezzo è stato apprezzato anche fuori

dall’ Italia. Cerchiamo, in generale, di far girare i nostri brani all’ estero e siamo felici quando la lingua italiana non rappresenti un limite, ma possa aiutare con il suo “suono” a veicolare la nostra musica e così una radio canadese o francese trasmette una canzone del disco. Di fatto la nostra scrittura è legata a band internazionali, di matrice alternative rock, evoca una tradizione musicalmente poco italiana e nell’ uso delle parole teniamo conto, oltre che il significato, del loro effetto acustico. Ogni canzone ha la sua storia, ma si parte da una matrice “live” che le accomuna tutte; poi il lavoro ai testi passa a Serena, che li cuce a casa e li riporta cantati. Le idee di

arrangiamento vengono dal grande lavoro insieme, in cui ognuno suggerisce, propone, scrive, “fa” con atteggiamento quasi artigianale. Ed è questo atteggiamento che ha suscitato l’interesse di Claudio “Cowarte” Carloni, street/stencil/paper artist che da anni si fa sentire, o meglio vedere, in giro per l’Italia con le sue opere. La nostra collaborazione nasce dai tempi di “Memorie dal futuro”, quando Cowarte realizzò un’opera ispirata ad “Il sentiero”, canzone che vede la partecipazione di Marino Severini dei Gang. Il video venne pubblicato in anteprima proprio sul sito di Sky TG24. La canzone racconta, con linguaggio più poetico che descrittivo, l’eccidio di Montalto avvenuto durante la ritirata nazifascista nelle Marche, un terribile eccidio come tanti successero in quegli anni e tanti succedono tutt’oggi per il mondo. Per quell’occasione, Claudio pensò e produsse l’idea con nostra grande sorpresa. Per il nuovo album, la collaborazione ha mantenuto lo stesso slancio genuino, ma l’operazione è stata più complessa. Per realizzare la copertina del disco, anche Claudio ha dovuto passare del tempo in studio di registrazione, ascoltando riff e tracce in anteprima e confrontarsi con il gruppo sul significato dei testi, vedendo il disco illuminarsi nota dopo nota. Ci siamo trovati tutti insieme a riflettere sul senso di quel periodo buio, che a contrasto poteva permettere alla luce di brillare più forte e sul senso del concetto “libertà”, parola molto inflazionata. Il “Cane di luce” ha iniziato a prendere forma, prima come schizzo al pc e poi realizzata a mano, attraverso una particolare e minuziosa tecnica a sottrazione, in cui tutte le parti del disegno sono tagliate su vari fogli di carta. Claudio, ad opera realizzata, ha scritto: “Viviamo una vita credendo di essere liberi nelle nostre scelte, pensando che la libertà è una forma di espressione. Troppo impegnati a “vivere”, non comprendiamo che il vero senso della libertà è dato quello che ci permettiamo e dalle parole che usiamo. Un cane può correre libero su prati erbosi, può spingersi alla velocità massima, ma non sarà mai libero se al collo porta un guinzaglio, un leggero cappio al collo stretto quanto basta e la nostra mano lo stringe forte. Siamo padroni e cane allo stesso tempo. Prima di combattere qualsiasi battaglia per la libertà, dovremmo aver vinto quella dentro di noi, contro ogni vincolo che annebbia la luce interiore, quel giudizio che stringe il nostro collo, quella paura che ci richiama quando ci allontaniamo troppo. L’ opera è un monito per accendere la luce interiore, slacciare il guinzaglio ed iniziare a correre liberi”. Mentre chiudevamo il disco e potevamo occuparci del master, era necessario fotografare il “Cane di luce”, così abbiamo 

coinvolto Giulio Contigiani, il fotografo che sin dall’ inizio dei “Leda” ci immortala sopra e sotto il palco, ci segue nelle sessioni in studio. Ci siamo trovati in sala prove dove, tra scale e piedistalli improvvisati, ci siamo ingegnati ad allestire un set ad hoc per l’opera, che occupa un certo spazio. Giulio condivide emotivamente quello che facciamo e si mette in gioco con noi, anche passando delle serate in giro per Macerata. Come band passiamo diverso tempo insieme al di là della sala prove, l’aspetto conviviale ci unisce tanto quanto la musica, anzi, forse i contesti si alimentano a vicenda. Giulio è sin dall’ inizio parte del gruppo, con il suo occhio esterno/interno, attento e rispettoso. Altre persone si sono aggiunte, in questa ottica: Federico Giampieri, ideatore del logo “Leda” e Marco Amato, che si è occupato della grafica di “Marocco Speed”. Entrambi lavorano, con approccio artistico, nel settore della grafica e della comunicazione. Se “Il sentiero” aveva il cameo vocale di Marino Severini, in “Marocco Speed” abbiamo avuto il piacere di ospitare un

cantautore italiano della scena indipendente a cui siamo legati: Paolo Benvegnù. Serena avrebbe dovuto lavorarci sin dai tempi del suo secondo album solista “Di imperfezione”, ma dopo una piacevole giornata in studio di registrazione, la collaborazione non è andata in porto. In compenso, è nata un ‘amicizia sviluppata nel corso degli anni tra consigli ed suggerimenti. A Paolo abbiamo mandato la versione di “Tu mi bruci” piano e voce; l’apporto delle sue chitarre slide e della sua voce hanno reso ancora più sognante il brano, che sarà il prossimo singolo dell’album. Per il video

della canzone abbiamo coinvolto due giovani circensi della Compagnia dei Folli, il creativo e artigiano del travertino Alessandro Virgulti che ha messo a disposizione la sua “Cave Cavam”, il videomaker Andrea Giancarli, la performer Cecilia Ventriglia. Il video è anche l’espressione visiva di un progetto che indaga sugli elementi materici e simbolici del territorio marchigiano: il travertino, che si sviluppa in quello ascolano, in particolari aree geologiche ricche di fiumi e il fuoco, tutt’ora al centro di importanti celebrazioni e riti di passaggio in ambito tradizionale. Come detto all’inizio, veniamo la provincia, da noi la contemporaneità va sottobraccio con il mondo contadino. La Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno ha permesso la realizzazione del

progetto. Il video di “Tu mi bruci” uscirà prossimamente accodandosi agli ultimi video usciti, curati da Marco di Battista e Alessandro Bracalente (abbiamo sempre avuto il piacere di collaborare con bravissimi videomaker) ed è attualmente in fase di lavorazione. D' altro canto si è sempre in “work in progress”: suonare le proprie idee è un continuo divenire fatto di dedizione costante, strade poco battute, mille ansie ripagate da un concerto. Nel live si realizza a pieno il senso di quello che facciamo. Siamo quattro musicisti che credono nelle proprie canzoni e più in generale, nel potere dell’arte, capace di allargare lo sguardo, renderlo più prismatico, consapevole,

agendo nell’ invisibile partendo dal visibile. Anche in un mondo che va a rotoli. Perché come diceva Jim, “un giorno anche la guerra s'inchinerà al suono di una chitarra".

I Leda sono Serena Abrami voce, testi, synth - Enrico Vitali chitarra elettrica - Giorgio Baioni basso - Fabrizio Baioni batteria, electribe.

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