Il brano nasce quasi di getto al liceo e poi resta a lungo a decantare. Il video è accompagnato da un testo dell'artista
Ho scritto "Cappotto" di getto, sottovoce in una notte insonne di due anni fa, sotto un giro di quattro accordi di chitarra. È stato molto semplice scriverla, perché non ci ho pensato poi molto, era come se già l'avessi composta in mente prima ancora di scriverla. Ricordo che ero ancora al liceo in quel periodo e che quando l'avevo finita, il giorno successivo, la provai più volte nell'entrata della scuola con due amici per capire se funzionasse. L'ho lasciata fermentare per tutto questo tempo in una vecchia pagina di una moleskine, poi finalmente è arrivata l'ora di tirarla fuori.
Questo testo racconta un periodo difficile per me, nel quale ripetevo più volte stringendo i pugni che il giorno successivo sarebbe andata meglio di quello precedente. Che dovevo lasciar perdere le cose inutile, facendole scivolare addosso, come far passare le parole indesiderate da un orecchio fino all'altro. Ho sempre sofferto il giudizio altrui, le critiche negative che colpisce la persona non per quello che fa ma per quello che è. Sono nato in un piccolo paesino di provincia, tradizionalista e un po' bigotto, dove tutti sapevano tutto di tutti e che ogni cosa veniva processata sotto vari commenti. Ad un certo punto mi sono fermato e mi sono chiesto cosa stessi facendo, perché dovevo stare male per qualcosa che non dipendesse da me, perché dovevo passare notti insonni a rimuginarci su. Come si può stare bene senza recare danno all'altro?
Questa canzone è per tutte le persone che, come me, si sentono o si sono sentite fuori posto e fanno difficoltà, per un motivo o per un altro, ad essere se stesse. Per tutte quelle persone che si sentono diverse e che nonostante tutto fanno quello che riescono per non omologarsi alla massa, mettersi una maschera e dare del bene solamente per riceverne il resto.