La Scapigliatura racconta Gli Indifferenti tra inquietudine e dolcezza

Musica
la scapigliatura

Il progetto musicale dei fratelli Jacopo e Niccolò Bodini torna con un singolo "moraviano". Con il movimento artistico milanese del XIX secolo, condivide il caos creativo di capelli e idee. L'INTERVISTA

Vincitori della targa Tenco miglior opera prima nel 2015, con l’album eponimo La Scapigliatura, i fratelli Jacopo e Niccolò Bodini hanno pubblicato successivamente i tre singoli Los Mykonos, Rincontrarsi un giorno a Milano, impreziosito dal featuring con Arisa, e la canzone manifesto L’insostenibile leggerezza dell’indie. Dal 2015 a oggi, hanno realizzato più di 100 concerti, sui palchi più diversi d’Italia, Francia e Svizzera. Ci siamo incontrati su zoom.

Partiamo dalla scelta del brano e dalla citazione moraviana: gli indifferenti sono sempre uguali o variano nel tempo?

La scelta nasce dal fatto che ci sembrava, al di dell’estate, un brano energico e carico. Raccoglie gli ascolti congiunti di questi ultimi anni. Abbiamo ascolti differenti, siamo uno più esterofilo e uno più tradizionalista e legato al cantautorato. Serviva una cifra stilistica che mettesse insieme il tutto e The National è l’essenza di quello che ci piace. In Bompiani c’era un poster con ante frasi di scrittori Alberto Moravia partecipava affermando l’unica forma di monogamia che mi riconosco è con Bompiani. Lo amiamo entrambi, richiama il sentimento distaccato ma attivo dalla società che ti sta intorno. Una sorta di menefreghismo. Prima c’erano quelli di Gramsci che scrisse Odio gli indifferenti. Il me ne frego non ci piace, ma ribaltando i canoni finirà la solitudine: siamo indifferenti a una civiltà ti comprime.
E’ una emozione fare un singolo di quasi quattro minuti?
Si chiama parte attiva dell’indifferenza. Potremmo fare anche 50 minuti, non c’è il supporto fisico e dunque non esiste un tempo limite. E’ un nostro modo di fregarcene di certe logiche, bisogna lasciare andare la musica che accompagna le parole. La musica è note e pause.
Non credete che la politica annoi anche senza inseguire emozioni violente?
Anton Cechov tradiva la medicina con la letteratura. Io tradisco la politica con la musica. Ti annoi e ti fai l’amante. Per Giacomo Leopardi la noia era la molla della vita. Politica e musica uniscono le persone, noi siamo senza compromessi.
Però la musica è anche portatrice di promesse rivoluzionarie che poi si traducono in illusioni.
Già Giorgio Gaber e Francesco Guccini avevano colto quell’illusorietà scrivendo La mia generazione ha perso e L’Avvelenata con non credo che a canzoni si fanno rivoluzioni.
La solitudine 2.0 è diversa dalla solitudine di chi era adolescente negli anni Ottanta o Novanta?
E’ diversa perché ora siamo soli ma sempre in contatto e cambia l’esperienza della solitudine. Siamo soli non perché isolati ma perché con questi mille contatti ci manca l’uscire dall’individualità per raggiungere una dimensione collettiva. Parlano di algoritmi su misura, ma su misura di chi? Sono di massa e creano abitudini per gente sola. Ne Gli Indifferenti c’è anche la speranza dell’espansione dopo la compressione.
La guerra di Piero finirà mai?
La canzone è eterna e non finirà mai ma anche quella nuda e cruda, quella degli ultimi, fa parte dell’essere umano seppur in un mondo ciclico. Pensiamo alla biga alata di Platone con un cavalo bianco e uno nero: noi scegliamo quello che porta dentro di noi e non nella società.
La libertà dell’Occidente è la negazione del libertà è partecipazione di Giorgio Gaber?
Assolutamente. Libertà di e da: le scelte sbagliate fatte dall’occidente almeno negli ultimi sette secoli ora tornano come un boomerang: pensiamo al colonialismo. La libertà come valore supremo è vuota. Il Si può di Gaber quando alla fine ironizza sulla la libertà di pensare è stata fonte di tormenti interiori. Se qualcuno sta morendo in mare si mette tutto in secondo piano, se non ci pensi non ti accorgi di nulla ma che uomo sei?
La musica oggi sa farci respirare meglio o anche lei è asmatica o meglio leggera, istantanea, effimera, trasparente?
Se è solo prodotto di massa è solo da consumare e poi finito l’effetto resta l’asma. Ma è anche un’arte, per cantare serve fiato e la società registra crescita di ansia e attacco di panico che significa fatica a respirare. Cantando ti liberi. Se ci pensi durante un concerto tutti si assestano sulla stessa tonalità e dopo poco c’è unità.
La Scapigliatura ha innestato i germi del verismo e del decadentismo: voi quali vorreste innestare?
Verismo e decadentismo siamo noi. Uno tende a non indorare la realtà ma c’è anche l’aspirazione del decadentismo di farlo con riferimento culturali, c’è una dose di cinismo che si coniuga con speranza, passione e ironia. Vorremmo lasciare un po’ di inquietudine, oggi regna una finta atarassia perché non ci sporca le mani, non lascia che la vita ci scuota. L’inquietudine è una condizione creativa, anche solo cambiare strada una volta tornando a casa e provare quel senso di inquietudine è un gesto creativo. Vorremmo lasciare anche un senso di tenerezza e dolcezza.
Mi consigliate per l’estate in cocktail che non sa di metropoli?
Gin tonic e Long Island, un cocktail da riscattare assolutamente e tornerà. Oppure Whisky delle Highland scozzesi con lime e vai oltre la metropoli. Si chiama Limerickey.
Che accadrà in estate e che concerto vedremo?
Centelliamo la nostra musica perché prendiamo sul serio la cosa, per avere storie da raccontare devi raccogliere…storie. Mai fatto e mai faremo un disco all’anno, se non vivi non racconti nulla di interessante. Arriverà comunque un album a fine estate. Promettiamo che cercheremo di donarci un po’ di più. E’ ancora molto difficile programmare l’estate, faremo qualche evento sporadico e poi il tour in autunno nei club. Stiamo studiando improvvisazione elettronica e strumentale che anticipino le canzono. Nasciamo musicisti acustici, suoniamo insieme da piccoli: live set nostro con l’elettronica crea un band.

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