Aspettando la finalissima del concorso per quartetto d'archi Premio Paolo Borciani, Reggio Emilia ha ospitato, ai Chiostri di San Pietro, il concerto di questa ensemble viennese. IL RACCONTO
Un abbraccio lungo un'ora, poco meno forse, ma sufficiente per innamorarsi (ancora) della musica da camera. Sul palco allestito nei Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia ha portato la sua poetica musicale il Trio Immersio, una delle migliori ensemble di musica da camera viennese, composto da Mariam Vardzelashvili al pianoforte, Vira Zhuk al violino e Irene Kok al violoncello. Ancora una volta la Fondazione I Teatri della città emiliana, saggiamente guidata dal direttore generale e artistico Paolo Cantù, ha regalato alla città, ma anche a tutti gli appassionati di musica, un momento di convivialità in un luogo simbolo della storia reggiana. Mentre le note volavano, alzando lo sguardo, il campanile spartiva in due il cielo e le statue di santi ed eroi vigilavano, con la loro immobilità dotata di un'anima, sul pubblico. Composto, attento, coinvolto ma soprattutto felice.
Sono da poco passate le 21 quando il Trio Immersio si avvicina agli strumenti e, dopo avere sorriso all'applauso d'accoglienza, diffondono le composizioni in Trio in mi bemolle maggiore op. 70 n. 2 di Ludwig Van Beethoven. I quattro momenti del primo atto sono Poco sostenuto - Allegro ma non troppo; Allegretto; Allegretto, ma non troppo; Finale. Allegro. Non è il mio genere, mi occupo, da anni, di musica più popolare e popolana, ma ammetto che, oltre al rapimento artistico, subito si percepisce quanto per Mariam, Vira e Irene la musica non sia un lavoro ma un modus vivendi, una ricerca autentica e sincera di quell'anima che il compositore di Bonn ha insufflato in ogni sua creazione. Gli applausi si fanno più frequenti; c'è, da parte del pubblico, un minimo di imbarazzo, come se potessero frammentare la magia del suono, ma i sorrisi del Trio Immersio fugano ogni timore e il minimo silenzio degli strumenti viene riempito dai battimani. La seconda parte della serata ha avuto come protagonista il Trio in la minore di Maurice Ravel, decisamente più godibile per il pubblico ma di certo non meno impegnativo per le musiciste. I quattro momenti raveliani prevedevano Modéré; Pantoum. Seez vif; Passacaille. Trés large; Final. Animé. Il tempo per un bis e poi il silenzio. Ma quello bello, che fa compagnia.