Il brano rappresenta una lettura tragicomica della multietnicità delle nostre metropoli. E' introdotto da un testo esclusivo dell'artista
Avevo raccontato la mia carriera e i retroscena del mondo vinilico che ho
attraversato in un libro dal titolo “Romanzo musicale di fine millennio”, invece con
questi “Tempi Strani” (il mio nuovo album antologico uscito per Sony Music lo
scorso marzo, completamente registrato alla “buona la prima” e contenente brani
come “La Mia Razza” scritta per Mia Martini insieme a Mauro Pagani e “La Forza
dell’Amore” che porta la firma di Dario Fo e di Enzo Jannacci) ho cercato di
sintetizzare un percorso artistico, che di fatto è anche un arco generazionale.
Mi spiego meglio: con la mia storia personale rappresento, nel bene e nel male,
una possibilità che allora esisteva per gli artisti emergenti e che adesso è del tutto
scomparsa. Una volta potevi instaurare un contatto diretto con l’industria
discografica, ed è quello che è capitato a me. Allo stesso modo, altri artisti molto più
popolari di me non hanno mai avuto il produttore, inteso come colui che decide e ne
influenza il percorso artistico. Ebbene, credo che questo sia stato possibile solo
durante gli anni ’70, anche perchè alla RCA di Roma, come in varie etichette con
sede a Milano, c’erano grandi professionalità in tanti direttori artistici e nei loro
entourage.
Adesso questo tipo di figure non esistono più. Già ai tempi mi dicevano che il
futuro sarebbe stato dei direttori marketing, che non avrebbero più avuto a che fare
con gli artisti ma con i loro mediatori, esattamente come oggi nel mondo televisivo
accade tra i comici e i loro agenti, o nel calcio con i procuratori. In altre parole:
quando manca il contatto diretto, il risultato inevitabile è una frenata della
spontaneità e della creatività. E secondo me è quello che sta succedendo, oltre a un
generale involgarimento della comunicazione.
In quanto a me, le cose migliori le avevo inventate proprio negli uffici della
CBS, o chiacchierando con i miei arrangiatori, ma soprattutto nelle serate con Nanni
Ricordi e i suoi amici scrittori, poeti o giornalisti. Nel frattempo, mi sono ripreso il
piacere di produrre video musicali, che nei primi anni Ottanta erano il mio strumento
preferito, come quello tratto dall'album “Guardie e Ladri” (CBS, 1983), composto
con Flavio Premoli della PFM, che commentava un intero spettacolo.
Invece questo “Monsieur Dupont”, diretto da Riccardo Covino e Andrea
Trombetta di Arca Studios, è ispirato alla mia conoscenza del mondo artistico
torinese: ci sono i Docks Dora, spazio-culto della loro nouvelle vague artistica, e Vito
Miccolis, percussionista-performer piemontese, ma anche Federico Sirianni,
cantautore ligure che oggi si divide tra Genova e Torino. Il brano “Monsieur
Dupont”, alla fine, non è altro che una lettura tragicomica della multietnicità delle
nostre metropoli, dove il ritornello fatalista (“A parte la Police, ici la vie ce n'est pas mal”) getta un filo d'ironia sulla drammaticità di tante vite giocate sul filo del rasoio, in una società che tutti vorremmo migliore. Direi che oggi, soprattutto in questi tempi strani, ce lo meritiamo un po' tutti.