Arriva il nuovo album della cantante, compositrice, musicista e anima femminile dei Baustelle, tra le artiste più riconosciute e originali della scena pop-rock italiana, che, dopo l’EP a tema Seventies “Marie” del 2015, pubblica ora il suo primo vero album da solista
Una donna e i suoi contrasti, che si respingono e si attraggono, che bisticciano e poi si amano. Questo è Psychodonna, l'album di Rachele Bastreghi, anima femminile dei Baustelle: è il racconto di un viaggio interiore, un rifugio buio che cerca il sole. Il titolo esprime la personalità sfaccettata e apparentemente contrastante della cantautrice, che con queste canzoni compie una vera e propria presa di coscienza attraverso quello che lei stessa definisce un volo intimo e faticosamente libero nella dimensione femminile.
Rachele, partiamo dalla storia di questo album domestico?
E' proprio così, lo ho lavorato nella mia cameretta come a 16 anni, in modo consapevole e costruttivo. Mi è esplosa una urgenza espressiva, liberatoria, vitale: il disco parla di una persona che si rinchiude e si ascolta. Avevo voglia di mettermi a confronto con me stessa, un confronto da ultima sfida perché si cresce ma sempre verso qualcosa di diverso. Mi sono sfidata anche per mettere alla prova quello che ho imparato di 20 anni di gruppo. E un lavoto tutto pancia e istinto.
Si pensava che Rimbaud avesse bruciato tutte le copie della sua stagione all’inferno e invece non è andata così, per fortuna: c’è stato qualche momento di sconforto in cui tu avresti bruciato tutto?
Tutti i giorni, sono io la Penelope, quella che tesse e disfa. Alla 18ma versione di Penelope, Luca Bernini me lo ha dato come soprannome. C'è una insicurezza che cerca una perfezione ma a un certo ci si ferma: ho detto quello che volevo dire.
E’ ancora difficile oggi essere donna? La Psychodonna è la suffragetta del terzo millennio?
Parlo della mia esperienza, sono donna ma non temo la mia parte maschile, mi sono aperta a tante sfumature e anziché la guerra gli ho fatto fare l’amore. Il mio è un invito a trovare spazio, a non avere paura di parlare anche di musica. Cerco di non avere paura del mio lato maschile.
Perché un ballo nel fango? Woodstock è stato fango…
E’ metterci le mani e andare a fondo, si possono trovare semi bellissimi nel fango. E' il non temere di accostare il leggero col profondo, come sai mi caratterizza il gioco dei contrasti. E' dare parole ai sentimenti perché gli dai verità.
In Lei non c’è più la Rachele procrastinatrice: è stato difficile affrontare l’hic et nunc del lato oscuro?
E’ difficile, spesso mi sono resa conto di dare la colpa ad altri e invece era un mio modo di essere. O dormo o corro e non mi godo mai le cose, ero sempre frenetica, ora mi sono calmata e ho aperto una pagina dove intanto comincio a vedere le cose.
Il Marte di Come Harry Stanton è il dio della guerra o la fuga dalla realtà su un altro pianeta?
Il desiderio c’è di andare su un Marte che è futuro ma anche passato, c’è un ritorno alle origini inteso come rinascita ripartendo da chi siamo. Bisogna fermarsi e fare i conti con se stessi.
Quando le Due ragazze a Roma potranno amarsi in ogni luogo?
Si ameranno ma lascio il finale aperto. L'importante è amare ed essere qualcosa, darsi la possibilità di scoprirsi e accettare cose nuove, di essere se stessi.
Ulisse vagheggiava il ritorno a casa, il tuo nostos quale è?
Per ora è qui perché è un momento mio molto importante da cui non voglio scappare e che è ancora da esplorare.
Mi racconti la collaborazione con Silvia Calderoni e Chiara Mastroianni?
Sono due donne diverse ma che mi rappresentano. Le ho conosciute nello stesso momento. Silvia è diventata un'amica, mi ha sconvolto dopo un suo spettacolo sull'identità di genere. Era già scritta Penelope e lei poteva essere il valore aggiunto con la sua arte. Chiara perché Due ragazze a Roma è un film sulla genesi di una canzone d’amore: ho seguito cuore e semplicità.
Ora vedi chi eri e chi sei?
Un po’ si ma avrò da scoprire ancora tanto, è il bello della vita. Questo è un passo importante dal punto di vista umano, due anni e mezzo di condivisione liberatoria durante i quali ho capito tante cose. Sono più consapevole.
Progetti per l’estate?
Vorrei raccontare Psychodonna con una band che rappresenti il sound del disco. Ma accetterò i compromessi anche se un concerto è con le persone davanti, tra sudore e fisicità. E ci aggiungo che qui è uscita la mia anima ballerina!