Renato Zero, Zerosettanta, la trilogia si compie: l'intervista di Sky Tg24

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Fabrizio Basso

Questo disco chiude il cerchio disegnato da questa importante trilogia. E comunque l'artista non ha intenzione di concludere il viaggio lungo tre mesi e quaranta canzoni inedite da lui intrapreso: semmai invita l’ascoltatore a proseguire, “per dare smacco a questo tempo, privo di logica e di attenuanti". 

Un atto di amore e di consapevolezza, un invito a guardarci negli occhi e ad alzare lo sguardo da terra. Renato Zero completa la sua trilogia ZeroSettanta con la pubblicazione del Volume Uno. E per la terza volta in poche settimane ci confrontiamo.

Partiamo da Nemico caro: a chi è rivolto il brano?
Non sempre hanno avuto una identità. L'inimicizia ti fa trovare argomentazioni per dimostrare che sei superiore ad attacchi e ricatti. A quello devo ringraziamenti perché mi scuote.
Eccoci ai tre volumi di Zerosettanta.
Chi segue le mie gesta dall’inizio ha la necessità di condividere emozionalità. L'elemento particolare a mio avviso è l’aggregazione, è l'avere costretto le persone a ritrovarsi per ascoltarmi.
La fede è un tema costante delle tue opere: come la vivi?
E' un aggregante, un ingrediente che si cela in ciascuno di noi. Dunque quando viene percepita è una scoperta al di sopra di tutto. Ci consente di acquisire una muscolatura forte e robusta, ha la capacità di aumentare il volume delle nostre difese immunitarie, ci permette di analizzare pregi e difetti. La mia fede è un propellente magnifico, è il carburante di questo viaggio non facile che sembrava indirizzato fin dalla fanciullezza.

Cosa intendi?
Avevo tre zii sacerdoti, sono andato a scuola dalle suore del Sacro Cuore in piazza di Spagna, insomma ero indirizzato: ci aggiungo che facevo il chierichetto da Don Pietro, uno dei tre zii. Spostavo sull'altare un leggio di trenta chili e una volta che ho obiettato ho ricevuto uno scapaccione dal quale, lo ammetto, ho imparato molto.
In Amara Melodia chiedi scusa alla...melodia: perché?

Il motore primario del nostro impegno è verso una competizione sana e necessaria. La mia generazione, quando formulavamo di uscire con un album, duellava con Baglioni, Dalla, Battisti, De Gregori, insomma c'era una gamma cospicua di buoni antagonisti. Questo teneva alto il livello, si cresce quanto sei equiparato agli altri, oggi manca questa alta asticella.

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Chi è l’ultimo gigolò?
Oggi c’è una organizzazione che si chiama escort, forse c’è una scuola che le prepara a rispettare il mandato. Il gigolò era più sbarazzino e imprudente. Ho voluto raccontare questa figura che è l'assenza ingiustificata dell’uomo che vuole sedurre, uno strumento fondamentale in un rapporto a due. Gigolò suona bene, da un senso di non colpevolezza. Trovo affascinante sapere che c’erano questi portantini di emozioni. Oggi esistono il rammollito e il palestrato, la via di mezzo è disadorna.
E' anche per questo che spesso l'uomo diventa violento?
Usiamo la parola femminicidio. L'uomo rammollito non sa badare a se stesso, ha perso la sicurezza di portare a casa la stima delle donne. Rimane la complessità di un essere che cerca il possesso attraverso la violenza. Diventa il castigatore e lo trovo feroce, crudele e inumano. In certi momenti si può perdere la testa e fare cose insane ma arrivare all’omicidio è una cosa definitiva ingiustificabile.
Ti sei divertito in più brani a bacchettare la politica.

A prescindere dal covid (tutto sul coronavirus) c’è una strategia. La fisionomia e i tratti dei capi di stato raccontano personaggi talvolta inquietanti. Siamo in un mondo dove appena cinque possono determinare vita e morte del pianeta e in molti casi non somigliano ai popoli che dovrebbero rappresentare. Ciò è offensivo, va messo all’indice.
A proposito di Covid, che opinione hai?
Dobbiamo essere consapevoli che il pericolo è per l’umanità, non per il singolo paese. Dobbiamo cercare tutti di produrre un governo che ci somigli, che rispetti le nostre richieste e la volontà di crescere e che preveda gli attacchi dei virus. Se avessimo rispettato l’obbligo di indagine biennale sulle pandemie non saremmo qui. Quei signori devono vergognarsi.
Hai una soluzione?
Posso dirti che in altri tempi i contadini avevano lune buone e cattive, i sentori di quello che poteva accadere e consideravano la mosca per le olive e le cavallette per il grano il segnale d'allarme. Dunque immagazzinavano fave secche perché era prudente fare una scorta. Oggi i tempi ci suggeriscono di tornare a questo tipo di trattamento. Il consumismo ci ha resi poveri, insicuri e schiavi.
Il tuo mondo per altro è in grande difficoltà.
Trovo giusto che gli artisti che tirano la baracca si facciano cura del gregge. Prendiamo un teatro vuoto e lavoriamo in streaming, superiamo la pandemia, aiutiandoci l’un l’altro e chi può fare un piccolo sforzo lo faccia. Per ripartire aspetterei i vaccini se saranno efficaci. Ai promoter chiedo di non mettere fuori prevendite finché non ci sono certezze, le risorse della gente vanno concentrate su altre urgenze. Mi permetto di dire: ragazzi attenti a non perdere il nonno per imprudenza perché si perderebbe un sostegno per guardare il futuro con preparazione e consistenza.
Infine come è Renato nonno? So che hai due nipoti.
Il contributo energetico è reciproco, per loro non sono Renato Zero, per loro sono nonno Renato, vengono ai concerti e si divertono ma quando i loro amici parlano dell’artista sono taciturne mentre se si parla del nonno mi raccontano e descrivono il nostro rapporto.
Una carezza all'anima.
Sì. Ma in generale ti dico che troppe carezze fanno venire il callo, ti ci abitui e non va bene.



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