A cinque anni da Astronave Max, l'artista pavese torna con un nuovo album di inediti che è un viaggio nel tempo, tra passato e futuro, che non perde mai aderenza con la realtà. L'INTERVISTA
Un titolo che è arrivato per caso ma che racconta questo viaggio dove ci si lascia trascinare da correnti che non hanno una meta. Si va e basta. Si intitola proprio Qualcosa di Nuovo il nuovo lavoro Max Pezzali. E' un inno al senso di appartenenza, un invito alla consapevolezza, un riconoscere la nostra storia e quello che siamo. E in tutto ciò trovare sempre Qualcosa di Nuovo. Con Max ci siamo visti al telefono.
Facciamo una introduzione generale. L'album è nostalgia ma non retorica.
Ho sempre messo un po’ del passato e citazioni del periodo in cui siamo cresciuti nei miei lavori. Bisogna usare il passato come cartina tornasole per interpretare il presente. Ho un figlio di 14 anni e vorrei essergli utile. Ai nostri tempi la velocità era minore, la nostra generazione è testimone del presente ma si è formata in un’epoca in cui le cose erano diverse.
E' un tema che approfondisci in 7080902000 con J Ax.
Da padre dico, insieme a J-Ax, che vivevo in una situazione pericolosa, oggi sarebbe da denuncia: mio padre fumava in auto eppure siamo cresciuti miracolosamente. Quanto la crescita dipende dall’habitat o dai valori che ti porti dietro nell’epoche della tua vita? Ricordo il primo innamoramento, gli esami importanti, le ossa rotte o no. Ognuno ha un prontuario per affrontare l’adolescenza di un figlio.
Credi che il cambio di passo, il qualcosa di nuovo sarà una nuova umanità?
Alla base abbiamo una scala di bisogni, di elementi condivisi se no significherebbe rifiutare l’esterno e vivere nel mondo di Black Mirror. La velocità di cambiamento che processa le informazioni non ha mai avuto accelerazione esponenziale così potente. E' presto per dire dove porterà, quando manterremo la capacità di riflessione e attenzione. A 12 anni mi ero comprato i primi dischi e sentivo la figata dello strumentale, oggi se inventi uno strumentale ti bruciano vivo. C'è stato un cambiamento antropologico ma al primo innamoramento ritroviamo tutta la nostra storia.
Non smettere mai è la canzone della meraviglia: cosa ti stupisce ancora?
Provare forti emozioni nonostante sia convinto che fossero le tempeste ormonali dei giovani. Condividere la strada con un’altra persona, uscire sulle stesse curve conscio che quel brivido lì ti tiene vivo a 53 anni. Ecco, nel lockdown (tutto sul coronavirus) mi è mancato il fascino del viaggio e ho riscoperto il legame col mio territorio. L'altra cosa che mi ha colpito è quanto i figli cambiano in fretta, il mio lo ho rivisto dopo due mesi e quanto era cresciuto: è incredibile la rapidità con cui la vita fa il suo corso.
C’è un errore che non riesci a smettere?
Prevalentemente è il bisogno di dare per scontato che le persone non cambino. Voglio applicarmi di più per aspettarmi meno dalla persone e accompagnarle di più.
Se non fosse per te è un ritratto della quotidianità, un inno alle piccole cose: a cosa non sai rinunciare?
Sono stato assorbito da uno stile di vita casalingo. Sono un ritualista: il caffè e i quotidiani sono il cardine al risveglio. Il luogo principale della vita è il divano.
Noi c’eravamo…si intitola un brano.
La storia della nostra generazione è apparentemente meno importante di chi c'era prima e chi è venuto dopo. I vecchi dicevano che non avevamo fatto le guerre né avevamo il fuoco sacro. Io mi domando che storia racconterò a mio figlio, di certo non una crepuscolare alla Guido Gozzano. Dico: non sentitevi sempre sfigati rispetto a chi è venuto prima.
C’è qualche spalla che ti manca?
Vedo sempre il lieto fine. Mi dispiace molto che tanti compagni di viaggio non ci sono più, mi rattrista non potermi confrontare con chi la vita ha portato altrove. A volte a 53 anni ci arrivi anche un po’ per fortuna. Mi rasserna scambiarmi messaggi cifrati col mio amico Cisco o leggere le mail di Mauro Repetto che mi manda i suoi provini.
Gionny Scandal ti ha aiutato a scoprire chi ha ucciso l’uomo ragno?
Resta il mistero. Mi piace entrare nel loro processo creativo e capire come lavorino. Ha avuto una vita difficile, è cresciuto con la nonna. Ripeto non è l’ambiente che ti struttura ma la storia.
Il tempo torna da tempo nei tuoi lavori, almeno da Time Out del 2007: è una ossessione?
E' una mania ossessivo-compulsiva. Non è la nostalgia per un tempo che non c’è. Quello è un vezzo melanconico. Sono ossessionato dall'osservare il passato per interpretare il presente.
Che effetto ti fa leggere di te: biografia in pillole.
Viaggiando da solo capita che mi perdo nei miei pensieri e all'improvviso mi chiedo se ho già passato Arezzo. E mi stupisco, vedendo che tutta quella strada lì è già passata. Però la cosa più importante è quello che trovo dopo la prossima curva. Voglio ancora stupirmi.
Nel 2021 speriamo tu possa cantare a San Siro.
Ai live non ci penso. Il mondo della musica passa per i live. E non ci sono.