La cantautrice in bilico fra country e rock ha pubblicato Live in Black and White, registrazione di un suo concerto in acustico che vuole dare una speranza nel momento in cui gli spettacoli dal vivo affrontano la loro crisi peggiore a causa del coronavirus: ecco l’intervista
Hannah Aldridge, cantautrice originaria dell’Alabama in bilico fra country e rock, figlia del celebre Walt Aldridge, si è imposta all’attenzione degli amanti del genere con una serie di convincenti album in studio. Ora, proprio quando tutto quanto il settore della musica dal vivo è in attesa di comprendere quale sarà il suo destino, date le incertezze dettate dalla pandemia di coronavirus (segui tutte le news sull'emergenza Covid), ha deciso di pubblicare proprio un live, in cui ripropone le sue canzoni più riuscite in veste acustica. Il progetto si chiama Live in Black and White (ascolta il disco in streaming) e Hannah ce ne ha parlato in un’intervista esclusiva.
Pubblicare un disco live proprio nel momento in cui la musica dal vivo sta affrontando la sua sfida più grande può apparire come una provocazione: come sono andate le cose?
È interessante, perché ho registrato questo concerto molto prima dell’emergenza Covid, un’estate fa, quando ancora non era nemmeno immaginabile qualcosa di simile. Doveva partire come un progetto in piccolo, ne ho stampate io un centinaio di copie per venderle solo ai fan irriducibili, ma è andata così bene che ho contattato la Icons Creating Evil Art e ho proposto all’etichetta di provare con una release vera e propria. E giusto allora è venuto fuori il Covid. Il disco in principio doveva uscire ad aprile, ma abbiamo aspettato per vedere cosa succedeva. Penso che farlo uscire ora sia perfetto, perché in un momento come questo volevo offrire alla gente una cosa il più possibile vicina a un concerto dal vivo.
A brevissimo tornerai però sul palco, giusto?
Sì, è da marzo che non faccio concerti e sono emozionatissima. Sarà uno show drive-in. Non ho idea di cosa succederà nei prossimi mesi, ma intanto mi godo questa esperienza.
In questo disco le tue canzoni sono molto scarne, sembrano tornare alla loro essenza: è stato qualcosa di voluto?
Sì, ho registrato tutto in acustico e sono tutte molto “crude”, proprio come quando le ho scritte in principio. Volevo tornare a quel momento particolare, perché dopo subentrano le questioni legate alla produzione, alla promozione e a tutto il resto. Volevo tornare alle basi, insomma.
Il concetto del “bianco e nero” del titolo ha anche a che fare con questo?
Il titolo viene da una delle canzoni dell’album, Black and White, per l’appunto, che è una canzone scritta per mio figlio. Parla proprio di tornare alle origini, alle basi. Tutti quanti hanno fretta di diventare grandi, ma guardandolo mi sono trovato a pensare a quanto sarebbe bello tornare indietro a quel periodo in cui la tua maggiore preoccupazione è se vuoi la matita rossa oppure quella blu. Mi è sembrato un titolo perfetto perché quello volevo fare: tornare alla semplicità di quando ci sono solo le canzoni, la chitarra e il pubblico.
Ci sono alcuni ospiti nell’album, tra cui tuo padre Walt: vi trovate di frequente a suonare assieme?
Succede solo in occasioni speciali. Sono cresciuta a stretto contatto con il business discografico, vedendo il successo che aveva. Lo rispetto come artista, per cui non ho mai voluto stressare il fatto che sia mio padre. Quindi suoniamo insieme solo quando c’è un vero motivo per farlo. Avevamo già condiviso il palco, ma mai registrato qualcosa insieme: l’anno scorso è stato male e mi è sembrata l’occasione giusta.
Quanto delle tue canzoni attinge alla tua biografia e al tuo background?
Molto. Non dico tutto, ma quasi. Sono tutte cose che ho vissuto in prima persona o che ho visto con i miei occhi. Non sono brava a inventarmi delle storie.