Il gruppo si è schierato contro un video usato per la campagna presidenziale del tycoon e poi ritwittato dallo stesso presidente USA in cui veniva usato il brano 'In The End' come sottofondo. Il video è poi stato rimosso dal social network. Ma quello della band è solo l'ultimo caso di artisti che hanno vietato a Trump di usare le loro composizioni
Ancora una volta una band si schiera contro il presidente Donald Trump impedendogli di usare la sua musica durante la campagna elettorale. Si tratta dei Linkin Park, e il brano al centro dello scontro è ‘In the End’, usato in un video per la campagna presidenziale del tycoon e ritwittato dallo stesso presidente degli Stati Uniti. A stretto giro è arrivata la reazione della band, che ha condiviso su Twitter un messaggio per i fan in cui sottolinea di non aver mai dato nessun appoggio a Trump e che il presidente non è autorizzato a usare le musiche del gruppo. Il video è poi stato rimosso.
Il video rimosso da Twitter
Il video con la musica dei Linkin Park era stato postato per la prima volta su Twitter dal direttore dei social media della Casa Bianca, Dan Scavino, come scrive anche la CNN, lo scorso venerdì. Ma dopo che Trump l’ha rilanciato, Twitter ha tolto il contenuto. “Questo media è stato disabilitato in risposta a una segnalazione del proprietario del copyright”, si legge in un messaggio che compare al posto del video.
Molti artisti hanno vietato le loro canzoni a Trump
Il caso dei Linkin Park è solo l'ultimo in ordine di tempo. Prima di loro, già molti artisti si erano schierati contro Trump quando aveva scelto i loro brani come accompagnamento per le sue iniziative politiche, inviandogli avvertimenti e lettere di cessare e desistere per non autorizzarlo a usare le loro musiche. L'episodio più recente è quello di Neil Young, di inizio luglio. Il cantante su Twitter ha postato un video delle celebrazioni del 4 luglio di Trump a Mount Rushmore con le note di 'Rockin' in the Free World', attacando: "Questo a me non va bene". Fra gli episodi più famosi, c'è anche quello legato al nome dei Rolling Stones che lo scorso giugno hanno criticato la scelta del presidente di usare 'You can't always get what you want' e 'Start me up'. Con un comunicato ufficiale, i Rolling Stones hanno precisato di "non aver mai dato a Trump il permesso per usare le loro canzoni e per questo richiedono che interrompa immediatamente questo utilizzo". E si sono quindi rivolti a uno studio specializzato in difesa dei diritti d'autore.
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Le critiche al presidente: da Panic! at the Disco a Pharrell Williams
Sempre lo scorso giugno, anche Brendon Urie dei Panic! at the Disco aveva criticato il tycoon per aver scelto il brano 'High Hopes' durante un comizio. "Smettetela di suonare la mia canzone", ha chiesto il cantante agli organizzatori della campagna di Trump. Andando indietro al 2018, ecco il caso di Pharrell Williams. L'artista non aveva gradito l'uso della sua musica ai raduni politici Trump e, attraverso il suo legale, aveva intimato al presidente Usa di non suonare più le sue canzoni agli eventi pubblici. Sempre del 2018 è la diatriba con Steven Tyler che si era schierato contro il presidente, attraverso il suo avvocato, spiegando di non gradire che il tycoon usasse le canzoni degli Aerosmith durante le sue convention. All'elenco si aggiungono poi Elton John, i Queen, Adele e Rihanna.
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Il caso di Tom Petty
Un caso a parte è invece quello di Tom Petty, morto nel 2017. A giugno 2020 la famiglia dell'artista ha diffidato formalmente Donald Trump dall' usare nella sua campagna il brano 'I Won't Back Down', come ha fatto nel comizio di Tulsa, in Oklahoma. Una campagna, hanno scritto su Twitter, che "si è lasciata alle spalle troppi americani e il buon senso". "Siamo fermamente contro il razzismo - hanno aggiunto - e ogni tipo di discriminazione, Tom Petty non avrebbe voluto che questa canzone fosse usata per una campagna di odio".
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Anche Bruce Springsteen bacchetta Trump
Tra i "bacchettatori" di Trump c'è poi anche Bruce Springsteen, che recentemente ha attaccato il presidente USA per la gestione dell'emergenza sanitaria, invitandolo con gran vigore a mettersi la mascherina. Cosa che poi, effettivamente, The Donald ha fatto: il messaggio di The Boss è dunque andato a buon fine!
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