I Tropea incantano con Might Delete Later e la vita va in Technicolor

Musica

Fabrizio Basso

Might Delete Later è il nuovo EP dei Tropea. La raccolta contiene sei tracce che vogliono essere il tributo alle versioni eseguite dal vivo in più occasioni e la cui produzione si è conclusa durante il lockdown, mentre i quattro membri della band vivevano a distanza

Ci sono album che ti colpiscono al primo ascolto, al punto che ne fai un secondo per capire se hai preso un abbaglio oppure ti sei imbattuto in una piccola rivoluzione sonora. Might Delete Later dei Tropea è un lavoro di grande complessità ma che ti colpisce con la delicatezza di una carezza. Il gruppo milanese è fuori col singolo Technicolor, una canzone veloce, viva e dedicata a tutte le persone che sognano in grande. I Tropea sono Pietro, Mimmo, Piso e il Claudio ed è con Mimmo che sono entrato nel loro mondo.

Finito il lockdown (guarda lo speciale) vi preparate a ripartire?
Siamo sulle colline del Piemonte, a Serole, che per noi ha un che di particolare e magico. La prima volta non ci chiamavamo neanche Tropea e abbiamo registrato Lost in Singapore. Facciamo un po’ di sessioni per scaldare i motori.
Cosa significa scena alternativa?
Difficili da codificare. Sono cambiate molte cose dalle scene alternative dei Novanta e dei primi Duemila. Ci si porta dietro la nomea che non è un suono da top ten. Ma molti gruppi alternativi negli ultimi anni hanno flirtato con suoni da classifica tipo Calcutta. Alternativo non è il suono o il linguaggio ma essere una band indipendente.
Lo siete?
Noi lavoriamo così e ci troviamo bene.
Definitivi?
Se una etichetta sposa la nostra visione...perché no? Più che movimenti ci sono legami e fratellanze che ci spingono all’amicizia e a Porta Venezia, a band come i Ginevra e i Nava.
Porta Venezia è un quartiere ricco di idee e creatività. Poi ci sono le ragazze...
Il nostro mondo è abbastanza legato alle ragazze di Myss Keta. Io non la conosco personalmente ma una delle ragazze è coinquilina di uno dei Nava e ci sono altri link di contatto.
Sembra di vivere un Erasmus di Porta Venezia!
E' cresciuta tanto, noi la viviamo quotidianamente tra night life e locali, Ci sono pluralità di genere, aria aperta e voglia di abbattimento dei generi musicali.
Siete figli della vostra epoca?
Ci sentiamo figli di una generazione che ha fatto ascolti tra i più variegati. Per la prima volta tutto la storia della musica a disposizione.
Pronti per i live? Ci emozioneranno anche se in sicurezza? Siao in Technicolor?
Noi ci mettiamo l’auspicio di aggrapparci al sogno e trovarci importanza. Il messaggio è personale. Nei live in due anni siamo cresciuti tantissimo, ci sono tanti ricordi. Tutti ballano come ognuno vuole. Prendiamoci cura di noi stessi. E' un pezzo prodotto in isolamento che ha assunto un nuovo valore.
Dove va la nebbia che piovviginando sale? Forse in stazione Centrale?
L’inglese è per l’abbattimento dei generi. Al centro c’è la canzone, che è molto italiana: ripeto non è questione di genere ma cosa la canzone vuole. Abbiamo fatto addirittura un brano in francese col ritornello in cinese. Con Pietro ci siamo conosciuti al liceo e da allora suoniamo sempre insieme. Questa canzone parla della Milano del 2009 quando si andava a giocare al bar Jolly.
Drama Kid ha echi floydiani.
Andavo alle medie quando ascoltavo i Pink Floyd, fu il primo contatto con la musica psichedelica. Dire Beatles è come dire amore, sono temi universali. Ho esplicitamente citato l’assolo di Another Brick in the Wall seguendo l'asse temporale della musica schiacciato che la mia generazione. Poi ci sono citazioni di Rage against the machine e l'acuto di chitarra degli Yes. E' bello vedere chi riconosceva le citazioni, nulla di cervellotico, tutto spontaneo.
La ritmica è ipnotica, penso all’inizio di We Held Loneliness handless.
A Serole avevamo un territorio comune di ascolto che aveva punti di contatto dance e post punk, tipo Cure, Smiths, Joy Division, New Order...in Italia lo ritroviamo nei CCCP. Il post punk si ibriìdava con elementi dance e una attitudine punk e rock. Non è però un disco degli anni Ottanta. Si fondono House Music e Techno: è nata perché ascoltavo molta Italo Disco.
La subcultura musicale, le factory esistono ancora?
Si ma vivono in rete. Lì si diffonde il nuovo immaginario condiviso. Siamo figli di una cultura che fa di internet un pozzo cui attingere per un immaginario vario. Una estetica che si è generata su internet, l’evoluzione della memetica negli ultimi 5 anni. Nel 2014 abbiamo saputo di un indie internazionale originario di Seattle (l'emittente radiofonica di Seattle KEXP lo scorso 10 giugno ha presentato Technicolor, ndr) tra Mac De Marco e Tame Impala mentre qui si affermava l’hip hop italo-centrico.
Might delete later, si può cancellare più tardi: un titolo social per una musica analogica.
La memetica è il sottobosco culturale dove ci muoviamo. E’ una vignetta, foto buffe…carine ma posso cancellarle. La precarieta della musica è fare un qualcosa che ora c’è ma poi va nel dimenticatoio. Lo abbiamo fatto anche nel primo ep con le faccette di facebook.
Internet toglie la fantasia?
No ma un po’ la affossa. Uomo versus macchina. Se hai la creatività in partenza sai come incanalarla. Mai stato così facile registrare la propria musica e metterla in rete: ora se hai qualcosa da dire non hai alibi.
Perché Tropea?
La radice della parola è tropicale. Al Bar Picchio in Porta Venezia abbiamo ascoltato questo nome e ci siamo sentiti in un posto esotico. Prima eravamo Olive Oil.
L'estate 2020 come la immaginate?
Ai live abbiamo una risposta calorosa del pubblico che non si può sostituire. Stiamo valutando la possibilità di offrire esperienze live particolari. Abbiamo fatto un sondaggio su instragram su concerto alla vecchia o in streaming e il pubblico è spaccato in due!

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