Gaia Trussardi canta l'amore incondizionato in Love Love

Musica

Fabrizio Basso

Julian Hargreaves
Gaia trussradi credi julian hargreaves

Love love è il primo singolo di Gaia Trussardi di un percorso musicale d’impronta sociale che parte dal desiderio di coinvolgere l’ascoltatore in nuove sonorità attraverso canzoni pop con elementi di contaminazione africana. L'INTERVISTA

Love Love è una ballata di esortazione all’amore incondizionato come unica verità e possibilità di sopravvivenza felice. La matrice pop contemporanea si arricchisce di contaminazioni tribali e cori gospel prettamente africani, in un perfetto mix tra world music e dance. Gaia Trussardi ci apre le porte del suo mondo, la cui bussola vira sempre più verso il sociale. Questo singolo è il primo di quattro che confluiranno in un ep. E poi c'è un lavoro importante prezioso su un paio di start up. Ne abbiamo parlato al telefono.

Gaia finalmente libera di riprenderti la quotidianità.

Sono uscita subito quando c'è stata l’apertura anche perché ho fatto il lockdown in reclusione totale per paura. Neanche per fare la spesa uscivo. Ora ho ripreso a lavorare.
Il video ci mostra una Gaia danzante.
Il progetto originale era diverso, prevedeva la presenza di ballerini e avevo studiato una coreografia. Poi è andata come sappiamo. La premessa è che non so ballare, non ho mai fatto una lezione ed ero presa in giro da giovane perché quando andavamo a ballare ero impacciata. L'idea è nata nella solutidine della reclusione. Mi alleno quotidianamente in mansarda con la musica, un giorno mi sono ripresa e una mia amica vuole vedere quel video perché sa che la faccio ridere. La luce era bella e ho iniziato a fare giochi con le mani perché tra le dita filtrava la luce. Questa la storia del video.
Cosa racconti?
Un amore astratto e incondizionato per il tutto e che va prima capito e poi colto. Ci fossero stati i danzatori avrebbero cercarto con le mani questo amore per poi simularlo come i mimi. Poteva anche essere simboleggiato da una palla che si lanciavano. Da sola ho fatto ste cose con le mani ed è venuto istintivo.
Perché hai scelto di inaugurare il tuo progetto con Love Love?
Era il primo brano che avevo e lo avevo da tempo e mi spiaceva non averlo mai pubblicato. Pe altro io scrivo in minore con la mia vena melanconica, questa è in maggiore. E' un progetto legato all'integrazione e alla tolleranza e rientra in un progetto più ampio.
Cosa è Gogaia?
E' musica, un qualcosa che ho fortemente volutoe  interamente legato alla sfera creativa più personale e intima; è una esigenza che mi portavo dietro da troppo tempo, avevo tante cose nel cassetto ma mai realizzate. Un po’ mi frustrava e mi sono detta o ora o mai più. Nel cambio di vita che ho fatto era il momento di mettermi in gioco. La musica è un altro ingrediente emotivo per aiutare gli altri.
Tu sei impegnata nel mondo delle start up. Ma si tratta di porgetti particolari.
Quando ho smesso con la moda ho scelto di operare nello studio di start up coerenti al mio valore e al mio credo rispetto al futuro. Mi sono ricongiunta con un ex compagno di università che dopo 15 anni di banking si era messo in proprio e aveva fatto il consulente strategico finanziario di start up mettendoci passione.
Come sei entrata nell'idea?
Ho scelto di aiutarlo nella fondazione di un veicolo di incubazione di start up a tema che è per gli immigrati: il pensiero è creare un organo che aiutasse, sia dal punto di vista legale che burocratico, a creare imprese e, a livello finanziario, a sostenere immigrati con idee che per discriminanti varie non possono portarle avanti. Negli Usa esiste qualcosa di simile ma è destinato a soggetti di seconda, terza, quarta generazione.
Come vi siete approcciati alla realizzazione?
Entriamo nel tema in maniera più difficile e studiamo chie vende per strada. Un lavoro che portato avanti tramite Croccerossa risulta quasi etnografico: abbiamo organizzato una sequenza di incontri con uomini africani identificati dalla CRI dotati di potenzialità e permessi. Siamo arrivati all'idea di una impresa da fare tutti insieme, che fosse inclusiva, chi ne fa parte è anche socio. Insomma dà lavoro e crea un ponte anche con la gente. Speriamo di essere operativi entro fine anno.
Poi c'è un'altra start up che potrebbe debuttare in autunno.
L'altro progetto è più avanzato. Sto collaborando all'incubazione per un marchio di un africano che entro settembre, ottobre commercializzerà solo online.
Di che si tratta?
Una capsule di abbigliamento che è multiculturalismo africano made in Italy. Pochi pezzi abbinabili, unisex e poi per uomo e donna. La loro anima è iconografia africana con spirito di mescolamento, ci saranno diversi simboli messi insieme. Ci costruiremo tanto storytelling. I contenuti muovono interesse culturale per un pubblico curioso e attratto dal multicuralismo.
Cosa puoi anticiparmi dell'EP?
La matrice rimane la collaborazione con artisti africani a oggi sconosciuti, è una opportunità di collaborare con persone e sonorità sconosciute. E integrarle.

I miei testi sono esistenzialisti e un po’ filosofici.
Quando sei rimasta folgorata dalla musica africana?
Vivevo a Londra per il corso di laurea in Antropologia/Sociologia e ho frequntato un corso specifico in world of music con studi sia a livello teorico che sul campo della musica che affrontavo le origini e l'evoluzione del Pop. L'origine della musica è in Africa e nella musica celtica. Durante questo corso ho assistito a un concerto di musica africana, di musica tradizionale tanzanese e ne sono rimasta ammaliata.
Sarà anche per questo che la tua musica ha un qualcosa di ipnotico?
Quella è la forza di uno strumento, la kora.

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