Momo (Qui) è il nuovo singolo del cantautore e produttore musicale bolognese Gerolamo Sacco, terzo estratto dal concept album Mondi Nuovi, su etichetta Miraloop e distribuito da Believe Digital. In anteprima il video presentato dall'artista
Avete mai sognato, almeno una volta, di incontrare uno sconosciuto per strada e di ballare per tutto il giorno girando per la città? Se ci pensate bene le vostre storie più importanti non nascono in modo così diverso! Ho immaginato una storia d'amore che nasce e che finisce come un tango improvvisato da due perfetti sconosciuti. Due ragazzi si incontrano alla pensilina di un autobus in giro per le strade di Bologna e, dalla parte più futuristica e bizzarra della città, intorno a via Stalingrado, arrivano fino in centro, volteggiando a ritmo di tango.
Lì, nel cuore della città, all'ombra dei portici e delle torri, dove la fantasia lascia spazio alla memoria e alla bellezza, i due sconosciuti si perderanno. E io intanto racconto la mia storia, ballando con loro, vivendo quelle stesse emozioni, tra le luci di una autostrada che danzano come un caleidoscopio il ritmo "shuffle" di questo brano. La storia che racconto, tra un atmosfera che è un po' swing un po'elettronica, è questa: “Momo (Qui)” è il terzo brano dei Mondi Nuovi, storia di un viaggio fuori dalla Terra in quindici canzoni. Dopo Casa Mia e Stelle Dipinte, che sono anche le prime due canzoni ad essere uscite in radio, Momo è anche il terzo e ultimo racconto "terrestre": prende il nome del protagonista che, dalla quarta canzone in poi, partirà per lo spazio.
Il nome Momo è inventato, volevo che fosse un possibile diminutivo del mio nome, Gerolamo, che nessuno in realtà ha mai usato. L'ho inventato. I Mondi Nuovi sono tutti un po' così, tutti un po' autobiografici, un po' metafore. Non ho mai piantato (per ora) “nuove specie di piante per scrivere aliena poesia” su un nuovo pianeta, ma in fondo sono tutte storie che ho vissuto e poi cantato. Dallo spazio la Terra è davvero meravigliosa, ma in Momo invece “siamo ancora qui”, sul nostro pianeta. Per questo ho cercato una musica fosse, allo stesso momento, un viaggio nel futuro e nel passato: ho trovato uno swing elettrizzato che, ogni otto battute, chiude il giro al contrario. Perchè tutto il jazz sa molto di Terra, è musica degli uomini. Non è musica che da delle risposte, ma è musica buona da ascoltare la domenica, a casa in relax, o in un locale del centro il sabato sera sorseggiando “due dita di buon Bourbon”.
Il jazz sa essere accogliente nella frenesia, e niente più del jazz sa raccontare le città. E io l'ho voluto dark, questo jazz. Dark da riempire tutti i suoni dell'impianto, dark abbastanza da poterci cantare a squarciagola quell'adrenalina che hai quando devi fare i conti con te stesso, ripartire dalle tue certezze. Qui non c'è nessuna casa, c'è solo un ragazzo alla ricerca di mondi nuovi. Cercando di raccontare, nella maniera più semplice possibile, il legame che c'è fra l'inizio e la fine di un rapporto come due momenti vicini, vissuti quasi nello stesso istante. Quello di una canzone.