Due mondi, quello occidentale e orientale, si incontrano in Everyday Life il nuovo album dei Coldplay. E' la Bisanzio della musica, dove le culture si fondono. Lo abbiamo ascoltato in anteprima e ve lo raccontiamo
(@BassoFabrizio)
Il sole c'è sempre. In un emisfero sonoro si chiama Sunrise e nell'altro Sunset. La confluenza di questi due bagliori è Everyday Life e così si intitola il nuovo album dei Coldplay che arriva nelle case di tutto il mondo il 22 novembre. Ad accompagnarlo due concerti esclusivi in diretta streaming su YouTube dalla Giordania. Il palco sarà la città di Amman e gli orari italiani sono le 5 del mattino e poi le 15. E' la loro prima volta in Giordania. Il bis sarà il 25 novembre a Londra nel Museo di Storia Naturale. La terza non si sa poiché hanno annunciato lo stop ai live finchè tutto non sarà ecosostenibile.
Ma torniamo al disco, che ho ascoltato in anteprima grazie a Warner Music Italia. Si comincia con Sunrise e l'omonimo pezzo strumentale che seduce con note speziate, con effluvi sonori di sandalo e cardamomo. Come un vino si comincia dal colore e dall'olfatto. Il primo assaggio è Church, un brano da commozione il cui valore aggiunto sono le parole di Amjad Sabri, cantante pakistano di tradizione Sufi ammazzato nel 2016 dal sedicente gruppo estremista di talebani del Pakistan. Trouble in Town ha una dedica a Nelson Mandela, il papà dei diritti civili e della fratellanza, ma soprattutto i diritti del brano andranno ad ACFS, onlus per i bambini del Sud Africa, e Innocent Project, associazione che sostiene chi è accusato ingiustamente di crimini. Toccante il finale parlato. Ricorda per ritmo e violenza emotiva la Seeger Session di Bruce Springsteen: il primo verso è Lord when I'm broken...Signore quando sono rotto. Impreziosito dal coro.
Daddy inizia con percussioni tribali cui succede un pianoforte melanconico che la fa scivolare nella ballad. Porta con sé echi floydiani e un finale tropicale con una chitarra acustica, il senso del battito del cuore e poi la vera savana col canto degli uccelli. E' un cameo WOTW/POTP che decrittato sta per Wonder of the World/Power of the People: la nota predominante è la chitarra acustica. Ora arriva quello che, a mio avviso, è il gioiello dell'album. Già il titolo è un film, un crocicchio di suggestioni, un tappeto (volante) di sonorità: Arabesque. Potrei fermarmi qui. Ma come non accennare ai rumori della kasbah (sembra di sentirne tutti gli odori se socchiudete gli occhi) che avvolgono al ritmo di un marching in? Qui siamo realmente sul ponte che taglia il Bosforo. C'è la complicità di Femi Kuti, musicista nigeriano figlio dell'immenso Fela Kuti un rivoluzionario, un crociato dei diritti umani. Il finale è rumoroso, mi fa pensare a due massi continentali che si uniscono: non c'è più Oriente e Occidente, c'è un unico, bellissimo mondo. E' un canto gregoriano la canzone bonsai When I Need a Friend. Contiene un inciso di un documentario su un anziano poliomelitico in Honduras che nonostante la vita nemica con materiali di scarto e vecchie biciclette ha costruito un elicottero. Il finale è pioggia.
Ora entriamo in Sunset che si apre con Guns: siamo tutti pazzi? Il finale è un taglio netto di ghigliottina, Già ascoltato Orphans che è il primo singolo che tra gli autori ha il figlio tredicenne di Chris Martin, Moses. Pura poesia gli ultimi due versi che tradotti recitano: voglio essere con te fino alla fine del mondo voglio essere con te fino alla fine delle parole. Ekò decolla con un pianoforte che mette allegria e poi esalta i virtuosismi vocali di Martin che in più momenti sconfinano nel falsetto. Ma d'altra parte siamo in un disco che non ha confini dunque omnia licet, come (non) direbbe qualcuna. E a proposito di spiazzamenti Cry Cry Cry ha un attacco quasi jazz per poi liberare la porzione vocalist Chris. Forse, o almeno per me, ecco il brano più struggente, più Love Story dell'intero album: Old Friends è una costante vibrazione interiore che effetti eco amplificano divinamente.
Il titolo è in arabo e tra parentesi si legge Bani Adam, che è un celebre poema iraniano. Il primo verso è stato letto dal presidente Barack Obama per il capodanno persiano del 2009. Il poema, trascritto su un tappeto, è stato donato dal popolo iraniano alle Nazioni Unite e adorna una sala riunioni in sede. La parte in arabo è letto dalla dottoressa Shahrzed Sami. L'attacco pianistico ricorda le cifre stilistiche di Remo Anzovino, pianista immenso di Pordenone: quando i tasti si fermano ci ritroviamo in Oriente. Il finale è con un coro. Champions of the world è il solo brano pop di Everyday Life, quello che ci rimanda ai vecchi Coldplay. Contiene un commento dell'incontro di boxe tra Castillo e Corrales per il titolo mondiale dei pesi leggeri. Vinse Correlas che due anni dopo perse la vita in un incidente stradale. Il viaggio termina con il brano che titola e un infinito Halleluja. Ma il messaggio è Throw my arms out open wide...spalanca le braccia. Sì, Everyday Life è accoglienza.