Zucchero tra radici e speranza: il suo è un album D.O.C. L'INTERVISTA

Musica

Fabrizio Basso

Zucchero fotografato da Robert Ascroft

Anticipato dal primo singolo Freedom, venerdì 8 novembre, esce in tutto il mondo D.O.C. (Polydor/Universal Music), il nuovo disco di inediti di Zucchero Sugar Fornaciari. Tra gli artisti italiani più amati e apprezzati nel mondo con oltre 60 milioni di dischi venduti, Zucchero torna tre anni e mezzo dopo Black Cat, con un disco a denominazione d’origine controllata, autentico, genuino e di qualità, composto da 11 brani e 3 bonus track. L'INTERVISTA

(@BassoFabrizio)

Una nuova avventura per Zucchero, il Cincinnato del Blues. Come il politico romano, terminato il suo lavoro, che a volte lo tiene lontano da casa per mesi, si rifugia nella sua fattoria. Per stare bene ha bisogno della radici. Infatti nella copertina del suo nuovo album D.O.C., in uscita l'8 novembre, ci sono sia le radici che il sorgo, oltre a tutta una simbologia Blues. L'album, che arriva tre anni dopo Black Cat, è composto da 11 brani e 3 bonus track. Il tour parte in aprile in Australia, in Italia arriverà il 22 settembre per dodici date (a oggi) all'Arena di Verona. Quindi ancora estero e poi, nel 2021, potrebbe esserci dell'altra Italia. Lo ho intervistato.

I testi sono meno allegorici che in passato, vanno diretti alle miserie di questa epoca.
Vivo il mio tempo e questa volta sono uscito dai doppi sensi, certo se ne trovano ancora in alcune canzoni, ma oggi non siamo in tempi goliardici e sereni.
Il titolo e a denominazione di origine controllata.
Mi ha fatto un po’ tribolare. E’ un album apparentemente semplice ma complesso, con accenni di Progressive e Gospel oltre a Blues, Funk e Pop. Il primo titolo era suspicious time. Ho valutato pure tempi sospesi: osservo, guardandomi intorno, poca sostanza e tanta apparenza. Ho anche pensato di non dare un titolo, poi parlando con i miei compaesani e discutendo sul tema del biologico è nato D.O.C. Che è anche disturbo ossessivo compulsivo e mi ritrovo anche in quello.
Sei forse l'unico che all'estero canta in italiano.
Mi sono proposto di andare in giro per il mondo a cantare in italiano, la musica parla al di là della lingua. Vivo questi tempi un po’ preoccupato. E’ una pentola in ebollizione che spero non esploda mai.
Il filo conduttore delle canzoni: suoni diversi ma si percepisce uno spirito guida?
Mi sono domandato come fare un album che non suoni come il precedente. C’è una grande ricerca. Sono stato in tour quasi due anni e il tempo va veloce, le cose cambiano rapidamente. Ho dovuto fare una ricerca di sonorità, ho messo insieme un team di lavoro con una parte organica con collaboratori storici e poi con produttori giovani che mi portassero una elettronica calda, usata col cuore e in modo parsimonioso.
Poi che è successo?
Li ho messi tutti in uno studio a Los Angeles. Volevo rinnovarmi restando me stesso. Per i testi sono partito pensando a questo mondo, alla mia vita e a quella della gente che mi circonda. A quello che vedo e sento girando il mondo.
La speranza filtra dalla tua pentola che bolle.
Rileggendo i testi ho notato che in ogni canzone c’èra una luce, un inizio di redenzione che per un ateo come me è mettere in dubbio qualche cosa. O cominciare a farlo.
Stai trovando la fede?
Non so cosa sia, di certo non è il Dio dei cristiani. Sottolineo il male di questo tempo con la luce in fondo al tunnel. Non è la prima volta che parlo di fede. In Così celeste parlo di fede.
Ti scavi molto dentro.
Sono geloso di questo album perché ho toccato cose molto intime. Mio padre era un reggiano della bassa molto rosso e quando arrivava il prete a benedire la casa non lo voleva e si toccava i maroni perchè diceva che così nero portava male. Poi quando stava male ha accolto il prete e lo ho visto farsi il segno della croce con occhi lucidi…mi ha sbalordito.
Freedom che significa?
Me lo sono dimenticato.
Davvero?
Non siamo liberi. E’ una finta libertà, siamo controllati continuamente. E’ solo apparente. Io sono andato a vivere sui monti, sono country, genuino, faccio una vita di qualità. Mi proteggono gli abitanti.
Chi sono le vittime del cool?
Mi sento contornato da chi vuole esserlo e lo fa con un atteggiamento da star. C’è troppa apparenza. Non so perché bisogna esserlo a tutti i costi. Vorrei la gente si manifestasse nuda come è. Vorrei un mondo più genuino.
Momento pessimista?
Io ritorno sempre a casa. Lo chiamiamo Belpaese e forse lo è stato ma lo hanno fatto quelli che c’erano molto prima di noi. Ci è rimasto quello che hanno fatto gli altri. Tutta 'sta corruzione, Roma capitale, intrighi politici, coltellate alla schiena…ti domandi dove siamo arrivati. Si insultano e si parlano sopra: Badabum è la pentola che bolle e può scoppiare. Se cominciano a cambiare le cose sono pronto al perdono. Meno male che c’è Greta, smuove i ragazzi, non andavano in piazza da tempo.
Tu sei legato al tuo territorio reggiano.
Sono stato sradicato dal mio paese reggiano che avevo dieci anni. Sognavo un mondo romantico al di là della diatriba tra Don Tagliatella e mio zio marxista leninista, che poi gli mandava sempre le uova in sacrestia o lo invitava a pranzo a casa. In Testa o Croce parlo di Roncocesi. Poi mi hanno portato in Versilia dove ho devuto distruggere l’infanzia.
Viviamo in paese dove insultano le persone di colore e chi è sopravvissuto ai lager va in giro con la scorta.
Mi fanno soffrire gli insulti a uno di colore. Mai avuto pregiudizi, fin dall’inizio ho avuto musicisti di colore. Il resto è sconvolgente.
Tu puoi contribuire durante i concerti.
Quando sono sul palco trasmetto emozioni attraverso la voce. Ho la sensazione che certi messaggi in un concerto non vengano recipiti. Ricordo che il professor Luc Montanier mi disse che la sola cosa che poteva aiutare all’Aids era il preservativo. Lo ho detto in tutto il tour di Spirito DiVino. La frase era: abbiate cura di voi usate il preservativo. Una volta la pronunciai in una trasmissione in Rai e accadde il finimondo.
Anche per questo ami la tua vita in campagna?
Sono malato delle mie radici, più vado avanti e più sono profonde. Le ho riprodotte sulla cover e ci ho aggiunto il campo di sorgo. Poi mi piace mettere qualche parola o frase in dialetto, che poi è un idioma. Sono concetti caldi. Con Luciano Pavarotti parlavamo in dialetto. In giro per il mondo se sono melanconico penso alla mia terra.
Le collaborazioni, il sound?
Con Francesco De Gregori avevamo già collaborato. E' lui che mi consigliato Davide Van De Sfroos, che per altro già conoscevo perché aveva scritto per mia figlia Irene. Volevo artisti giovani. Corrado Rustici mi ha fatto conoscere Frida Sundemo e il suo modo fresco di scrivere melodie: quando inizia non è scontata la direzione. Voglio batteristi più roots magari con i sonagli sulla giacca. La loro ritmica è importante.
Del 2020 hai detto già parecchio Del 2021 che anticipi?
Ci sono altri progetti per l’Italia.
Perché solo l'Arena di Verona da settembre 2020?
Eric Clapton scelse in tutta l’Inghilterra solo la Royal Albert Hall: se la musica si sposa bene con bellezza, suono perché cambiare? Ci sono posti magici già di per sé. Andremo in altri luoghi prossimamente ma ora mi piace lavorare lì.

 

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