La vita da artista di Serena Brancale è un vestito stellato

Musica

Fabrizio Basso

Serena Brancale

Una girandola di aggettivi, sostantivi e definizioni: allegra, frizzante, demodé, jazz, pop, funk...amata (forse) più all'estero che in Italia. Si chiama Serena Brancale, viene da Bari, e con la sua voce e la sua musica abbraccia l'umanità. L'INTERVISTA

(@BassoFabrizio)

Talvolta l'arte è alchimia. E qui neanche l'erborista de Il Nome della rosa sarebbe riuscito a fare così bene. Parto dagli ingredienti e poi arrivo all'intervista. Terra: Puglia. Luogo: il mondo. Produttore: Carlo Avarello. Voce, magia, arte: Serena Brancale. Ci sono persone che mai hai incontrato e che è come se avessi sempre accompagnato il loro progetto artistico. Una delle poche persone con cui si è creata questa convergenza è proprio Serena Brancale. Perché ho compreso quanto si dedica alla musica e poi adesso che la sua ombra è Carlo Avarello, amico da anni, beh non posso che esprimere una certezza: la strada è giusta. Serena è stata recentemente al Blue Note di Milano: con la sua creatività attraversa funk e jazz senza mai dimenticare i moderni suoni dell’elettronica; originalissima e appassionata, manipola i generi con grande personalità. Ci siamo fatti una chiacchierata al telefono. Il suo microcosmo si chiama Vita da Artista.

Serena il tuo è un percorso tra arte e realtà.
Devi fare sempre fare i conti con la realtà, ma io non mi pongo la questione. Mi ritengo libera sul palco e nelle scelte e questo saper osare mi porta un certo tipo di pubblico. Mi sento libera non voglio essere commerciale.
Ciò è il frutto di anni di lavoro spesso oscuro.
Il mio è un lavoro meticoloso che si fa giorno per giorno, lui tende a crescere e tu rimani coerente con la tua musica. Io non riesco a cantare cose più facili. Ho trent’anni e mi metto alla prova costantemente.
L'età su cosa incide?
La nicchia si è ristretta ma la coscienza va affrontata. La cosa difficile e ammettere che si è bravi, unici e autentici in un certo contesto.
L'assioma?
Credere nel progetto. E in questo collaborare con certe persone mi aiuta.
Definisci la tua musica.
Io oscillo tra il jazz e il pop e ciò mi porta a camminare sul crinale. Intanto studio e cerco la via giusta.
Hai la forza del passaparola.
Senza attribuirmi meriti speciali è quello che accadeva con gli Area e Pino Daniele e col funky italiano che arrivava dall’America: era un passaparola. Il tuo lo considero un complimento che nasce dalla stratificazione dei testi.
Che fai?
Sto promuovendo Vita d’Artista che va da Sanremo a oggi. Ma devo sistemare ancora un sacco di cose.
Se guardi al passato?
Errori se ne fanno. il prossimo disco sarà per migliorare il suono. I live sono da migliorare. E' la mia prima esperienza con Carlo Avarello. Cerchiamo dinamiche che ricordano alcuni cantautori che stiano perdendo.
Sei felice?
Mi piace il disco suonato, un lavoro più acustico. Mi affaccio a un nuovo mondo.
Tipo?
L'elettronica mi piace ma se usata cum grano salis. Però il prossimo album sarà senza elettronica. Nudo e asciutto.
A volte ho la sensazione che tieni a freno la tua voce.
Ci sono brani in cui posso spingere verso note altissime e poi fare due passi indietro. Durante un concerto percepisci se è completo. Sono parsimoniosa. Al Blue Note mi interessava integrare la presenza di Fabrizio Bosso: in quei momenti canto il tema, racconto la canzone mentre se sono solo mi prendo più libertà. Cerco di equilibrare il mio momento di solo.
Vieni dalla Puglia, da ormai un ventennio terra di arte e creatività.
La creatività è nei singoli paesi, è nella loro storia. Poi ci aggiungo un clima è meraviglioso: la creatività è stimolata e fa venire voglia di scrivere. Magari sbocconcellando un piatto di pasta con le verdure dell'orto.

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