Michael Stipe dopo i REM torna alla fotografia con OUR INTERFERENCE TIMES

Musica

Helena Antonelli

Michael Stipe durante la presentazione

Per 31 anni è stato il frontman dei R.E.M., Michael Stipe incontra il pubblico del MAXXI per presentare il suo libro di fotografie OUR INTERFERENCE TIMES: a visual record e per farci sognare con la fotografia proprio come ha fatto con i testi delle sue canzoni. Nella musica con le parole nell’arte visuale con la fotografia

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Michael Stipe, l’ex frontman dei R.E.M. presenta al MAXXI il suo nuovo libro: Our Interference Times: a visual record (Damiani, 2019), il suo secondo libro di fotografie dopo Volume 1 (Damiani, 2018). Our Interference Times: a visual record non è solo un bellissimo volume di fotografie, è la sua seconda ricerca nel campo della fotografia, la visione del mondo di Michael Stipe, un progetto meraviglioso di un artista visuale e fotografo che da sempre cura la dimensione estetica dei suoi dischi. Quella di Michael Stipe è una vita che si divide in fotografie e musica, solo pochi giorni fa infatti, dopo otto anni di silenzio è uscito il singolo Your Capricious Soul. La decisione di far uscire il singolo sul suo sito personale per Stipe ha diversi significati, in primis c’è la rivendicazione della sua indipendenza, ma anche la voglia di porre l’attenzione su un messaggio importante quale il cambiamento. I proventi del nuovo singolo saranno devoluti all’associazione ambientalista Extinction Rebellion. “Esiste un filo conduttore che lega tutto ciò che accade nella vita di un artista. Oggi mi sento di dire che questo filo sfocia in questo secondo libro di fotografie, i cui proventi del primo anno di vendita andranno a Extinction Rebellion”. Our Interference Times: a visual record è un libro che si interroga, che va ad esplorare quello che è avvenuto negli ultimi dieci anni: l’incontro tra il mondo dell’analogico e quello del digitale. Due mondi che secondo Michael Stipe non sempre riescono a parlarsi con le parole giuste. Il lettore di Our Interference Times: a visual record viene coinvolto, diventa testimone del cambiamento, una sensazione questa che non abbiamo con il primo libro, libro in cui Stipe fa vedere l’intimità, quella che si vede negli “album di famiglia”.

Ci ha parlato di incontro tra il mondo dell’analogico e quello del digitale ma anche di cambiamento. Lei come vive questo cambiamento?
Molte persone temono il cambiamento digitale che sta avvenendo all’interno della tecnologia. Io no, sono ottimista, e sono convinto che questo cambiamento porterà conseguenze positive. Mi sento di affermare che questo incontro, quello tra analgico e digitale, ci aiuterà a capire meglio quello che ci circonda. A vedere più da vicino il meraviglioso mondo in cui viviamo.
Come si è avvicinato al mondo della fotografia?
Questo viaggio è iniziato nel 1974, quando ho avuto la possibilità di frequentare un corso di scienze ambientali. In questo corso si parlava dell’ambiente ma anche di inquinamento. I miei insegnanti erano tutti hippies in cerca di lavoro e non vedevano l’ora di insegnare agli studenti quelli che erano i valori in cui credevano. È stato proprio in quell’anno che ho deciso di prendere in mano la mia Canon e iniziare a scattare fotografie.
Musica e foto, sono per lei due mondi paralleli?
Non lo sono, ma per arrivare a Our Interference Times: a visual record mi sono preso una pausa dalla musica. È stato per me un periodo molto intenso che mi ha portato al viaggio del mio secondo libro.
Che foto non vedremo nel libro?
L’unica foto che non vedrete nel libro è una foto molto intima che ritrae le persone a me più care.
Che tipo di cambiamento si percepisce nel libro?
Un cambiamento di tipo generazionale. La mia intenzione, attraverso questo libro, è quella di far vedere il modo in cui si vediamo il mondo oggi. La mia generazione lo vedeva attraverso uno schermo analogico invece oggi lo si fa in digitale. È interessante vedere nel libro come l’approccio al cambiamento sia cambiato nel corso degli anni e come il modo in cui noi ci avviciniamo a questo cambia la nostra percezione personale.
Le piacerebbe curare la grafica dei dischi di altri musicisti o band?
L’ho fatto per il nuovo album di Thom Yorke. Tra l’altro proprio ieri è stato il suo compleanno.
Qual è il suo rapporto con Extesion Ribellion e che ne pensa delle manifestazioni avvenute in questi giorni?
Non credo stiano chiedendo troppo, chiedono il giusto. Credo sia essenziale conoscere e provare a cambiare il mondo che ci circonda.
Musicista, fotografo e appassionato di cinema. Ci sono progetti in cantiere nel mondo del cinema?
Nessun progetto con il cinema al momento. All’interno del mio libro ci sono degli omaggi alle foto che ho scelto, tra cui un omaggio a Federico Fellini che resta uno dei miei registi preferiti insieme al suo film E la nave va.
Ci sono artisti musicali che l’hanno influenzata?
Sicuramente Patty Smith. Una cara amica ma anche l’artista che ha avuto una grande influenza su di me. È davvero grandiosa.
La scelta di pubblicare un libro insieme a Douglas Coupland da cosa è scaturita?
Nel mio modo di pensare non esiste una gerarchia, seguo molto il flusso dei miei pensieri. Per questo ho scelto Coupland, lui ha una sensibilità nella scelta di quello che fa molto diversa dalla mia. Ho ritenuto fosse lui la persona giusta per operare questo tipo di scrematura delle foto che sono raccolte nel libro.
Oggi siamo qui al MAXXI per la presentazione del suo secondo libro di fotografie. In generale, ama i musei? La ispirano?
Il museo che amo di più a New York è quello di Gucci, piaceva molto anche a mio padre. A Roma sono rimasto affascinato dalla Basilica di Santa Maria degli Angeli, una bellezza che ha ispirato un lavoro che vedrete a fine 2020.
Che ruolo hanno oggi i R.E.M. nella sua vita?
Domani sarò a cena con Mike. Anche con Peter siamo ottimi amici, ma il tempo dei R.E.M. è finito.
Tempo fa si è ritirato dal mondo social. Qual è oggi il suo rapporto con i social?
Uno dei miei migliori amici una volta mi ha detto che stare su Instagram è come un lavoro a tempo pieno. Io ci ho rinunciato già tre volte a questo lavoro. Non mi piace stare sui social network e non mi piace soprattutto il modo in cui i social media vanno a posizionarmi all’interno della mia vita sociale. Non sono mai stato su Twitter e non mi piace come viene utilizzato dal Presidente degli Stati Uniti. Preciso che amo la tecnologia. Quello che non mi piace è l’atteggiamento manipolatorio dei social media.
Crede che le elezioni del 2020 possano portare un cambiamento in America?
È un po’ troppo presto per individuare un candidato che possa apportare un cambiamento di questa portata. A noi non servono piccoli cambiamenti graduali nello scenario politico che stiamo vivendo, a noi serve un cambiamento radicale e credo che in questo momento non ci sia una persona adatta.

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