Locus Festival 2019, Margherita Vicario il ritratto disincantato di questa epoca

Musica

Fabrizio Basso

Margherita Vicario sul palco del Locus 2019
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Canzoni che sembrano immagini. Margherita Vicario racconta la sua generazione con toni ironici ma spigolosi. E con un po’ di ansia. Sul palco del Locus Festival nella bellissima serata con Calcutta e Giorgio Poi, la ho intervistata

(@BassoFabrizio
Inviato a Locorotondo)


Quell'allegria triste come una salita...avrebbe detto di lei Paolo Conte. Margherita Vicario è una scoperta recente ma di quelle che subito ti dimostrano la forza delle proprie idee. Nella discografia bulimica di oggi si è presa praticamente cinque anni per un nuovo disco, che uscira a inizio 2020. Ha aperto, al Locus Festival 2019, la serata più attesa, quella con Giorgio Poi e Calcutta, oltre a lei. La serata dei trentenni che raccontano il loro tempo. Finita la sua esibizione, ci siamo confrontati nel camerino.

Margherita al Locus anche per raccontare il tuo futuro artistico.
Nel mio set presenterò alcuni brani che faranno parte del prossimo disco anche perché manco sul mercato discografico dal 2014 quando pubblicai l’ep Esercizi Prepararoti.
Cosa è successo in tutto questo tempo?
Ho scritto un disco che non è mai uscito. Ma prima o poi vedrà la luce.
Perché il progetto si è fermato?
Lo ho portato avanti con un produttore  di colonne sonore e alla fine + risultato disomogeneo.
Un atto coraggioso.
Dopo tanta assenza bisogna uscire con qualcosa di importante. Ho le idee chiare e lo devo anche a INRI, la mia etichetta, che mi ha dato libertà.
I tuoi video sono curatissimi.
Sono già dentro la scrittura, la canzone è già immagine.
Sul palco esprimi una grande fisicità.
Mi piace l’idea ma devo ancora lavorarci.
In Mandela affronti il razzismo con eleganze e saggezza ma in modo diretto.
Mi piace delegare a una canzone il mio pensiero, E’ stata accolta bene e per me è stato anche lo spunto per altre canzoni.
Che disco nascerà?
Allegro ma profondo. Conterrà quel po’ di frustrazione che mi porto dietro. Prendiamo Abaué –Morte di un Trap Boy: è scritta su più strati, contiene meta-messaggi. Non posso essere certa che tutti arrivino.
Però qui al Locus Festival è stata accolta bene.
Ho percepito, ognuno la vive come vuole.
Come leggi la tua generazione, quella dei trentenni?
Sento che è pronto a ricevere nuovi stimoli. E dietri di noi ci sono ventenni molto ricettivi.
Stai bene in questa epoca?
Mi sento figlia di questa epoca. Calcutta, col quale abbiamo condiviso la serata a Locorotondo, sarà storia di questa epoca.
Tu sarai storia col nuovo album?
Mancano ancora due canzoni, sarà un album divertente ma trasparirà anche quel lato triste del gioco d’azzardo che è la vita. Ci saranno rabbia, allegria e ottimismo. Sono un po’ pessimista nelle piccole cose e un po’ ansiosa. Dico che il diavolo non esiste e nel brano Romeo ho fatto un featuring con Speranza!
Che musica ascolti?
I musical degli anni Settanta li conosco a memoria. Poi adoro Tiziano Ferro, Fiona Apple, Feist e la musica francese contemporanea.
Idee di uscita del disco?
Ora me ne vado dieci giorni in vacanza poi mi ci dedico. Direi inizio 2020.
Titolo?
Non posso dirtelo, spiega troppo. Però tu anticipo che il prossimo singolo avrà come tema il sesso!
Locus Festival, dove la musica va oltre e diventa umanità

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