Mario Venuti lancia Soyuz 10 nell'universo dei sentimenti

Musica

Fabrizio Basso

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Soyuz 10 è il nuovo disco, il decimo, di Mario Venuti. E' un disco d'amore, popolato da persone che si amano, si perdono e si ritrovano in modi e forme diverse. Un gran bel viaggio nei sentimenti. Ecco la mia chiacchierata con l'artista siciliano

(@BassoFabrizio)

Se hai un universo musicale devi avere anche un mezzo per volarci sopra, guardarlo, amarlo e poi raccontarlo. E allora Mario Venuti per il suo nuovo album si è regalato un soyuz anche se è più una idea che un oggetto spaziale. Come tra poco lui stesso mi racconterà. Il nuovo album del raffinato cantautore di Catania si intitola Soyuz 10. Ne abbiamo chiacchierato a lungo.

Mario partiamo dal titolo.
Il titolo di solito è la voglia di andare oltre l’abitudine oppure il verso di una canzone. Mi ero stufato di questi procedimenti. Durante le prove abbiamo testato un po’ di microfoni e il fonico me ne ha dato uno che si chiama soyuz, che è anche rosso.
Una vera illuminazione.
Ho avuto la visione del microfono che porta la mia voce nell’universo e mi è parsa bizzarra e poetica al punto che la ho portata nel titolo.
Nessun riferimento a missioni spaziali?
Le missioni russe non sono state fortunate ma qui non c’è alcun riferimento storico e a me va bene così. Il X lo ho utilizzato perché è il decimo album. E comunque in russo significa incontro.
Che disco è?
Disteso e positivo, la componente crepuscolare e leopardiana la ho messa da parte.
Hai scelto come primo singolo Il pubblico sei tu.
E' stato scelto perché contiene un messaggio prorompente e motivazionale. Ci sono canzoni che girano intorno al cuore e poi il cuore diventa un organo superato dall’utilizzo della mente e della razionalità. E’ considerato una cosa quasi animale. Ma gli umani hanno bisogno del sentimento e lo richiamano. E’ una canzone che richiama in sentimenti in generale.
Al tuo fianco sempre Francesco Bianconi e Pippo Kaballà.
Bianconi è una persona colta e piena di risorse. Con Kaballà lavoriamo da anni, ci capiamo senza parlare.
Quale è Il tempo di una canzone?
E' il gioco di contrasto in una coppia dove non coincidono i gusti musicali.
La canzone ha una corazza?
Tutt'altro. Le canzoni sono labili: c’è una componente di sé, di immaginazione e di quello che ti accade intorno. Troppi autobiografismi rischiano di diventare una gabbia.
Il tempo è una costante dei tuoi testi.
Il concetto temporale c’è perché ho nostalgia del futuro. Credo che sia giusto rapportare tutto all’oggi anche se ci sono canzoni rivolte al passato come Silenzio al Silenzio che parla di una storia finita e il tempo trascorso permette di osservarla da altra prospettiva e dare il giusto valore alle cose.
Cosa c'è dentro Il Vaso di Pandora?
Rappresenta lo strapotere della tecnologia: ci aiuta in tantissime cose poi diventa una gabbia dalla quale non si può più uscire. Però quando ne esci e usi gli occhi vedi cose dimenticate.
Potremmo farne a meno?
Non si può più uscire dalla tecnologia è una strada senza ritorno ma ci salvano le riserve che ci costruiamo e dove troviamo elementi naturali che risvegliano i nostri istinti.
La tecnologia è anche nella musica.
Per fare musica è imprescindibile ma guardando a casa mia Soyuz 10 è più suonato rispetto al precedente Motore di Vita che era più elettro pop. Io cerco di assecondare la canzone, sfido chiunque oggi a fare un disco senza i computer però poi viene sempre fuori la componente umana.
Il tuo disco preferito?
Revolver dei Beatles: lo senti e c’è tutto, è il simbolo della varietà.
Concerti?
In autunno faremo un tour nei club, per l’estate siamo ancora aperti alle possibilità che possono arrivare.
Scaletta?
Nel tempo il canzoniere si è fatto folto, i pezzi sono tanti. Certo alcune sono amate che non possono mancare. La mia canzone amuleto è Fortuna…dimmi se questa non è magia!
C'è una nidiata di nuovi autori.
Lasciami dire che non nascono dal nulla, l’insegnamento dei padri si fa sempre sentire. Tommaso Paradiso non nasconde di ispirarsi a Luca Carboni, Antonello Venditti e al primo Vasco: è un discorso che prosegue. Brunori è una summa del cantautorato classico italiano. C’è sempre un filo che lega le canzoni di oggi con quelle di ieri.
Un domani cosa resterà?
Le canzoni. Gli orpelli se ne vanno. Alcune sanno rimanere nel tempo, il potere evocativo delle canzoni i social non lo hanno.
Che rapporto hai con la musica?
Istintivo. Prima scrivevo da solo, c’era la sedimentazione e la canzone cresceva nel tempo. Ora è tutto più istant. Annoto frammenti su taccuini, ho base armoniche con melodie vaghe poi mi vedo con Pippo Kaballà e cerchiamo una forma compiuta. Il significato si estende e il plot viene fuori in maniera più netta.
Come sei cambiato negli ultimi anni?
Il tramonto dell’Occidente è un disco della ragione, scrivendolo abbiamo volutamente messo da parte la componente emozionale. E’ figlio di un’epoca in cui non sapevano che fare per le incognite economiche e sociali. C’era l’esigenza di raccontare quello che accadeva e ognuno ci ha messo la sua impronta stilistica. Motore della vita è un disco fisico, è la riscoperta del corpo. Soyuz 10 è un disco emozionale, del cuore, di canzoni d’amore.
Mi sembri più che soddisfatto.
Bisognerebbe istituire una volta l’anno la giornata mondiale dell’Immodestia. Questo disco per eleganza, raffinatezza, ricerca armonica e testuale…oggi è merce rara. Credo di avere inanellato nel tempo una serie di album molto ricchi.

 

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