Al Festival di Sanremo 2019 gli Zen Circus cantano “L’amore è una dittatura”: il testo
Si intitola “L’amore è una dittatura” il brano che gli Zen Circus hanno deciso di portare sul palco del teatro Ariston, in occasione della loro prima partecipazione al Festival di Sanremo. Un brano politico, dal testo fiume, con cui il gruppo festeggia i primi vent’anni di carriera. La canzone sarà inserita all’interno del prossimo disco antologico della band, “Vivi si muore 1999-2019”, in uscita l’8 febbraio.
“L’amore è una dittatura”: la canzone degli Zen Circus a Sanremo 2019
A dispetto del nome, “L’amore è una dittatura” non è una canzone d’amore. È un brano dal significato intenso, capace di parlare anche di politica. Emblematica la frase “Le porte aperte / I porti chiusi”. Ad accompagnare gli Zen Circus sul palco durante l’esibizione nel corso della prima serata del Festival sono stati alcuni percussionisti, vestiti da militari con tanto di maschera antigas. Intorno a loro, un profluvio di bandiere. Il brano si è posizionato nella parte più bassa della classifica decisa dalla giuria demoscopica. Gli Zen Circus si esibiranno ancora nel corso della terza serata del Festival di Sanremo 2019. Ad affiancarli sul palco nella serata dei duetti sarà il cantautore Brunori Sas.
Il testo de “L’amore è una dittatura”
A colpire del brano è soprattutto l’assenza di un ritornello: quasi una novità nella storia della kermesse canora. Quanto al resto, si tratta di uno dei testi più lunghi di questa edizione del Festival. Il testo de “L’amore è una dittatura”:
Ci hanno visti nuotare
In acque alte fino alle ginocchia
Ed inchinarci alle zanzare
Pregandole di non mescolare
Il nostro sangue a quello dei topi
Arrivati in massa con le maree
Le porte aperte, i porti chiusi
E sorrisi agli sconosciuti
Che ci guardano attoniti mentre ci baciamo
Da uomo a uomo, mano nella mano
Una sigaretta non lo racconta
Ci vuole forse una vita intera
O una canzone non certo questa,
Altri maestri, altri genitori
Che non rinfacciano quello che sei,
Quello che vuoi
e quello che eri
Esistere è giusto un momento
Chi vive nel tempo muore contento
E sì, ci hanno visti contare le pietre di questo deserto
Pazienza
Perdere tempo con il cielo, farlo di lavoro
Pagati per immaginare qualcosa
Che non puoi fotografare
Mi spiego meglio
Senza nascondermi dietro a cazzate
Scritte per caso in questa palestra dell'orrore
Ecco la pietra, ecco il peccato,
Un cane pastore lo fa per amore
Non per denaro, non per rancore,
Non per la lana esiste il gregge
Né per la legge
Siamo delle antenne, dei televisori
Emettiamo storie che fanno rumore
Cerchiamo la donna della vita
O l'uomo della morte
Strade interrotte, eterni sorrisi
Figli sangue del nostro lavoro
Non ci somiglieranno
Figli ormai del mondo intero
E perdere la monotonia
Di quando tutto era al suo posto
I topi cacciati, debellati
Mostri tutti sotto al letto
E lasciar volare via
Quell'abbraccio conosciuto
Di chi in nome del tuo bene ha distrutto il tuo passato
Quando arrivi tu se ne vanno gli altri
Sai che non va bene
Ma ti piace arrangiarti
Come fanno in quei paesi
Che non sappiamo pronunciare
Ma che ci piace addomesticare a parole
Ero presente al momento dei fatti
Il fatto non sussiste
Mettetelo agli atti
Ma non hai paura di nessuno
Se non della tua statura
Hai la democrazia dentro al cuore
Ma l'amore è una dittatura
Fatta di imperativi categorici
Ma nessuna esecuzione
Mentre invece l'anarchia
La trovi dentro ogni emozione
Tu stammi vicino
Anzi lontano abbastanza
Per guardarti il viso dalla stanza dei miei occhi
Aperti o chiusi, non importa
Sono occhi
Quindi comunque una porta aperta
Il tempo passa lo senti da questo orologio
Mentre lavori dentro un bar
Ad una pressa o in un ufficio
E speri ancora che qualcuno sia lì fuori ad aspettarti
Non per chiederti dei soldi
Neanche per derubarti,
Non per venderti la droga
E soffiarti il posto di lavoro
Ma per urlarti in faccia
Che sei l'unica, sei il solo
Sei l'unica, sei il solo
Sei l'unica, sei il solo