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Alberto Fortis, piano voce e poesia: L'INTERVISTA

Musica

Fabrizio Basso

Alberto Fortis

Quanto sarebbero più poveri gli Anni Ottanta e Novanta senza la poetica musicale e autoriale di Alberto Fortis. Oggi pubblica 4FORTYS per celebrare i 40 anni del suo primo album. Lo abbiamo incontrato e intervistato.

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(@BassoFabrizio)

Gli Anni Ottanta sarebbero stati meno epici senza Alberto Fortis. E anche i Novanta. I due decenni successivi li mettiamo da parte perché tanta musica è andata in caduta libera, la qualità si è smarrita e tutto, per chi ha fatto dell'arte una missione, è divenato più difficile. Alberto Fortis pubblica 4FORTYS, che (ri)propone il suo album del 1979 e lo accompgna con un secondo cd che contiene tre inediti e alcune altre pietre angolari del cantautorato italiano tra cui una nuova versione di Milano e Vincenzo e La nena del Salvador. Per raccontarci di questo progetto e anticiparci qualcosa di quello che verrà, abbiamo incontrato Alberto Fortis.

Come nasce questo doppio album?

Ci siamo arrivati per tre motivi: uno la voglia di fare un disco che coincidesse con i 40 anni, il doppio perché volevo fare l'album  piano e voce e poi c’era l'insistenza dei collaboratori. Cosa c'era di meglio che cogliere queste coincidenze e questo anniversario?
Che effetto le ha fatto mettere mano su un disco così importante?
L’album originale deve restare tale, qui c'è un colore diverso, ancora più primordiale.
Poi è dal vivo.
Sì, un live da studio con la gente presente, non realizzato in forma asettica. Un concerto vero e proprio.
Cui lei ha aggiunto delle parole sui brani.
Mettere un incipit di narrazione sui brani che hanno un dato aspetto storico. Poi confessioni autorali, scrittura ed emotività.
C'è stato un momento in cui ha capito che avrebbe lasciato un segno?
Settembre fu un momento  epico. Ero a Los Angeles, fu la mia sliding door.
Pensa a un album di inediti?
Ho canzoni pronte. Ci penserò più avanti. Ora mi dedicherò a dieci giorni di vacanza.
Che farà?
Torno in India nel Kerala a trovare il mio bimbo adottivo. Vive a Kochi.
Quando la discografia odierna e la fruizione cannibale della musica condizionano la sua arte?
Dal Duemila in poi tante cose sono cambiate, io stesso ho due album non capiti.
Ad esempio?
Angeldom (pubblicato nel 2001 n.d.r.) non è stato capito, l'ho fatto tutto a Los Angeles, forse era un po’ troppo internazionale. Non sono un artista volgare, chi mi segue davvero sa chi sono, capisce la mia fisicità sul palco.
Un album particolarmente apprezzato?
El Nino, forse il primo pseudo rap.
Una canzone amata oltre le sue aspettative?
Il duomo di notte: nessuno si aspettava una sedimetazione così forte, è stata inserita tra i primi cento brani della storia internazionale con capolavori quali Imagine e Born to Run. Poi penso alla deflagrazione di Settembre.
Una fatica partire?
Il primo album rifiutato per due anni e mezzo, poi Alain Trossat divenne presidente di Polygram, mi ascoltò e, quando mi  accingevo mesto a riprendere gli studi, mi fece un contratto  per più album.
E chi c'era prima di lui?
Nulla. Due pianeti diversi.
Un disco di inediti?
Ci sto lavorando, quelli che sono in 4FORTYS sono la bussola della direzione che sto prendendo.