Francesco Motta vola sull'entusiasmo del fan con un concerto di poche parole e molta sostanza. Lui è così nella vita, lo conosciamo da quando frequentava i piccoli club. Il racconto della serata all'Alcatraz di Milano
(@BassoFabrizio)
C'era una volta il rocker. E, vivaddio, c'è ancora. Si è impossessato di pantaloni neri aderenti, di una t-shirt del medesimo colore, per raccontare un mondo con pochi bagliori e tante ombre, ma che mai cede alla rassegnazione. Si chiama Francesco Motta. La fine dei vent'anni e Vivere o Morire sono i titoli dei suoi due album, che sul palco dell'Alcatraz miscela con la perizia di un bartender della parola. Ma solo quando canta la parola fluisce e diventa messaggio, perché chi un po' lo conosce, e chi scrive lo segue dai piccoli club, sa che Francesco Motta è uno di poche parole, per lui parla la musica. Col trascorrere dei mesi Motta ha appurato che il tramonto dei vent'anni non era poi un dramma epocale e si è guardato intorno, ha aperto qualche finestra sulla sua vita personale e artistica, la polvere si è alzata dalle sue stanze (a proposito, Vivere o Morire lo ha presentato a casa sua) e la polvere, alzandosi, è diventata pulviscolo dando all'insieme quel senso di appagamento che abbiamo respirato durante il concerto.
IL CONCERTO DELL'ALCATRAZ
Il live inizia con un introduzione musicale ed è già "quasi come essere felice". Il pubblico è fortemente coinvolto fin dalla prima canzone, si capisce che segue Motta dagli esordi. Annuisce, accompagna col ciondolio della testa i versi, li canta. E va avanti così per tutta l’ora e mezza di concerto. Motta prosegue veloce, il ritmo abbastanza sostenuto: sono poche le interruzioni tra un pezzo e l’altro e dedicate principalmente ai ringraziamenti al pubblico, alla band, a una persona importante che è stata una presenza fondamentale a fianco del musicista nell’ultimo anno. E la ringrazia a più riprese. Si tratta della fidanzata Carolina Crescentini. Motta ha una fisicità che cattura l’approvazione del suo pubblico che lo segue in crescendo fino a Prima o poi ci passerà dove qualcuno accenna a pogare. D'altra parte stiamo celebrando il mezzo secolo del 1968, e li pogare non era una scelta ma una forma di ribellione. Non si preoccupa di avere un suono cristallino, è sporco e aggressivo, è viscerale. E' un rock di pancia. Vivere o Morire viene eseguito tutto, de La fine dei vent'anni sceglie alcuni brani. Si sente la differenza tra le due stagioni artistiche anche se il calendario segna uno iato di due anni. La melanconia Del tempo che passa la felicità e di Se continuiamo a correre si alterna con la dolcezza di Chissà dove sarai e La nostra ultima canzone. Meno maledetto e più sereno ma non per questo meno convincente.
SCALETTA
Ed è quasi come essere felice
La fine dei vent'anni
Quello che siamo diventati
Vivere o morire
La prima volta
Chissà dove sarai
Per amore e basta
Prima o poi ci passerà
Del tempo che passa la felicità
E poi ci pensi un po'
Prenditi quello che vuoi
Roma stasera...
Se continuiamo a correre
Abbiamo vinto un’altra guerra
Sei bella davvero
La nostra ultima canzone
Fango
Mi parli di te