L’Italia felice e spensierata dei “musicarelli” in un documentario di Steve Della Casa e Chiara Ronchini presentato al Torino film festival.
di Alessio Accardo
E’ stato proiettato al 34° Torino film festival, in prima ufficiale, Nessuno ci può giudicare, piccolo meraviglioso film diretto da Steve Della Casa e Chiara Ronchini, e prodotto da Istituto Luce Cinecittà con la preziosa collaborazione della Titanus. Il doc analizza uno dei filoni forse meno studiati della cinematografia italiana, i cosiddetti “musicarelli”, le commedie musicali interpretate dai vari Gianni Morandi, Rita Pavone e Adriano Celentano, che proprio in quegli anni appariva nel ruolo di se stesso ne La dolce vita di Fellini.
Molti sono i motivi d’interesse del film di Della Casa-Ronchini. Il primo è proprio nell’idea di raccontare un filone cinematografico peculiare del cinema italiano, forse effimero eppure vitalissimo, svelando delle curiosità gustosissime e probabilmente inedite o comunque poco raccontate. E lo fa proprio ricorrendo allo sconfinato materiale d’archivio dell’Istituto Luce da cui gli autori attingono a piene mani, scovando delle autentiche chicche. Tra le tante, le immagini naif di un giovanissimo Renato Zero che balla come figurante speciale ne I ragazzi di Bandiera gialla di Mariano Laurenti.
Perché – e qui risiede il secondo motivo di interesse del film – Nessuno ci può giudicare è costruito su una struttura piuttosto articolata, in cui si alternano i materiali di repertorio, una serie di interviste realizzate ad hoc in tempi recenti, ed estratti di alcuni dei film più rappresentativi: dal capostipite I ragazzi del juke-box (1959) con Tony Dallara, Fred Buscaglione, e Adriano Celentano a Non son degno di te (1965) con Gianni Morandi e Laura Efrikian; da Rita, la figlia americana (1965) con Totò e Rita Pavone a Perdono (1966) con Caterina Caselli.
E però, Nessuno ci può giudicare non si limita a ripercorrere la filmografia dei “musicarelli”, li inserisce – terzo motivo d’interesse - nel contesto storico in cui son nati e cresciuti, gli anni ’60 genericamente intesi. Il decennio in cui, come si dice nel doc: “L’Italia da paese agricolo si trasforma in una delle massime potenze industriali”. E la musica diventa un grandissimo vettore di emancipazione sociale e culturale. Impagabile, da questo punto di vista, il repertorio in cui l’allora ministro del turismo e spettacolo, Umberto Tupini, si scaglia contro questi film dagli scranni del parlamento accusandoli, addirittura, di pornografia.
Con l’avvento del ’68 il filone dei “musicarelli” (che a conti fatti si configura come un fertile periodo di transizione dalla canzone sentimentale dei Claudio Villa e Luciano Tajoli alle canzoni di protesta dei cantautori impegnati degli anni ’70) si eclissa. “Io e Gianni Morandi ne soffrimmo moltissimo – spiega una Rita Pavone ancora formidabile – non eravamo più né carne né pesce.”