Amy Adams e Jake Gyllenhaal: animali notturni nel film di Tom Ford
RecensioniDal 17 novembre arriva nelle sale italiane arriva Nocturnal Animals, il secondo film diretto dallo stilista statunitense, già proiettato con successo all’ultima mostra di Venezia (Leone d'argento - Gran premio della giuria) e e al Festival di Toronto.
di Alessio Accardo
Animali Notturni (Nocturnal Animals in originale) racconta la storia di una tormentata gallerista insonne, impersonata da un’elegantissima Amy Adams, la cui infelicità si intuisce sin dalle prime scene quando lo spettatore viene messo al corrente che il bel marito, interpretato da Armie Hammer, forse la tradisce.
Ma non è quello l’unico cruccio per la l’affascinante Susan Morrow, le ragioni profonde della sua inquietudine vanno ricercate nella sua biografia, fatta di antiche passioni amorose abortite in nome di scelte più prudenti e convenzionali, e di genitori reazionari e repressivi.
Tutto ciò ci viene mostrato grazie all’uso di sapienti flash-back e soprattutto – e qui risiede il maggior pregio del film – pervia di certe potentissime visualizzazioni delle pagine di un romanzo scritto da Edward Sheffield; suo antico amore, oltre che ex marito. Un uomo descritto come debole e sensibile, diventato nel frattempo uno scrittore, forse animato da aneliti di vendetta contro la donna che lo piantò.
Grazie a tale espediente narrativo, Ford mette in scena un thriller di sopraffazioni sessuali, ambientato nel profondo Texas e agito da un personaggio, Tony Hastings, che – guarda caso – ha lo stesso volto di Edward, ovvero quello dell’attore Jake Gyllenhaal.
Ciò che affascina maggiormente del cinema di Ford è l’eleganza raffinata della messa in scena e la buona capacità di dirigere attori qui molto convincenti: oltre ai due bravissimi (e bellissimi) protagonisti, merita d’esser citato almeno l’algido e quasi atono agente Bobby Andes, interpretato da un glaciale e misuratissimo Michael Shannon.
L’unico non trascurabile rischio per un cinema siffatto, però, è proprio quello di esaurire le sue virtù in una sorta di autocompiaciuto estetismo visivo che, da un lato, sembra voler aggredire la carne viva dei suoi personaggi (esemplificativo, da questo punto di vista, il prologo del film che mostra un’istallazione artistica composta da due donne obese completamente nude) e dall’altro sembra invece – e per converso - osservarli dall’alto di uno sguardo aristocraticamente distaccato. Col risultato di offrire, dopo tutto, uno spettacolo meravigliosamente irrilevante.
Voto: 7-