'Ovunque Proteggimi', il nuovo film di Bonifacio Angius al cinema

Cinema

Barbara Ferrara

Nella foto una scena del film con Francesca Niedda e Alessandro Gazale
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Il secondo lungometraggio del regista sardo, ‘Ovunque Proteggimi’, in uscita nelle sale italiane a partire da giovedì 29 novembre, sarà presentato ufficialmente in prima mondiale lunedì 26 alla 36esima edizione del Torino Film Festival. Leggi l’intervista e scopri di più

‘Ovunque Proteggimi’, prodotto da Matteo Rovere e Andrea Paris per Ascent film e Rai Cinema, arriva dopo il successo di ‘Perfidia’, unica pellicola italiana selezionata al Festival internazionale del Film di Locarno 2014. Il film ci riporta in Sardegna, terra natia del regista: è qui che inizia e finisce la storia. Una storia di anime perse che, a dispetto di un destino avverso e di una 'società fasulla da prendere a pugni in faccia', lottano fino all’ultimo respiro, con tutte le loro forze, alla disperata ricerca di uno sprazzo di normalità.

I due protagonisti, Alessandro (Gazale) e Francesca (Niedda), si incontrano nei corridoi di un reparto psichiatrico, ma è fuori da quell’ospedale che inizia il loro viaggio. E se è vero che a bucare lo schermo sono la rabbia e il tormento di due solitudini, l’illusione di farcela e la frustrazione di non essere visti, né amati, di non avere speranze in un mondo in cui 'la vita è una bugia, la gente parla troppo, non si fa gli affari suoi, ti dice che sei matta, che tuo figlio è il figlio della matta', è altrettanto vero, come lo stesso regista sottolinea, che ''Ovunque Proteggimi' 'un raggio di sole lo regala'.

La pellicola racconta la nascita di un nucleo familiare fuori da ogni canone, rispecchia lo spirito anticonvenzionale dell’autore e la sua idea di amore: 'E' una cartina tornasole che smaschera i moralisti e i giudici sommari del nostro tempo, quelli che non ti aspetteresti mai, quelli che fanno finta di avere vedute aperte, leoni da tastiera che giudicano senza conoscere le persone'. Viviamo nel cinismo di un presente in cui basta poco, a volte, per essere accusati di qualcosa e diventare automaticamente colpevoli, lo sa bene il regista, che questo dramma lo ha vissuto sulla pelle e sullo schermo proietta l’impeto di sentimenti viscerali e indomabili. Il cinema di Angius riconferma il suo carattere autentico, capace di annullare le distanze tra il personaggio e lo spettatore: 'Faccio film su me stesso, su persone a me vicine, gente che conosco'.

Che film è ‘Ovunque Proteggimi’?
Innanzitutto è un film volutamente anarchico nello spirito dei personaggi. Credo sia in controtendenza al gusto europeo che si sta sviluppando in questi anni e sta producendo un cinema freddo, lontano dalle persone tra virgolette 'normali' che allontanerà sempre di più la gente. C’è chi vuole trasformare il cinema in arte da museo, per me invece il pubblico è importante, il cinema deve essere della gente, non dei mercanti d’arte.
Com’è stato dirigere suo figlio e la sua compagna?
E’ stata quasi una scelta obbligata, la migliore per il film: creare un rapporto con un ragazzino di cinque anni quando tu ne hai già trentacinque non è facile, dirigere mio figlio ha semplificato il lavoro. Ci sono stati momenti in cui ha puntato i piedi perché dopo la prima e la seconda non voleva più girare e la troupe doveva convincerlo a fare non solo la terza, ma anche la quarta e la quinta. Antonio si è comunque divertito e per me fare un film con lui, con Francesca e con Alessandro, che considero un parente stretto, è stata un’esperienza indimenticabile.
I due protagonisti sembrano nati per i ruoli che interpretano.
Sono entrambi di una generosità incredibile, Alessandro ha fatto una prova da grandissimo attore e la generosità di Francesca, oltre alla magnifica interpretazione, sta nel fatto che ha girato un film dopo aver partorito, aveva una bambina di due mesi. E forse questo suo essere madre ha fatto sì che tirasse fuori quel temperamento felino che la contraddistingue.
Come nasce il personaggio di Alessandro?
L’urgenza che mi ha spinto a raccontarlo nasce dal bisogno di esasperare le mie personali paure e metterle sullo schermo, quasi a esorcizzarle. Alessandro è un'entità che avevo dentro praticamente da sempre, racchiude i personaggi maschili cinematografici che ho amato di più. Da Zampanò de 'La strada' di Fellini, al Randle McMurphy di 'Qualcuno volò sul nido del cuculo' di Forman, al primo Rocky Balboa.
Francesca invece?
Ho voluto rivelare il suo personaggio attraverso gli occhi di Alessandro, di lei sappiamo che si trova in un reparto di psichiatria, che il marito è morto, che tutti le danno della matta, che ha un figlio piccolo e che vuole andar via in Spagna insieme a lui. I genitori la accusano di essere una drogata, ma non l'abbiamo mai vista drogarsi e comunque non è questo il punto. Alessandro va oltre le informazioni parziali che gli arrivano, sente la sofferenza di una donna che ama suo figlio e lo rivuole con sé.
Alessandro non giudica, qualità rara oggigiorno.
Si limita a osservare, non a giudicare, ingenuamente non si chiede neanche il perché il figlio è stato tolto alla madre, è in collegamento empatico con Francesca, come fosse un angelo custode. Alessandro non ha pregiudizi e, senza farsi domande, è l’unico che riconosce e rispetta un sentimento indissolubile e ancestrale come quello materno.
In 'Ovunque proteggimi' ritroviamo lo stesso desiderio di normalità che c’era in 'Perfidia'.
Credo sia il desiderio di ogni essere umano, forse non di Donald Trump, ma del novantanove per cento delle persone sì. Tutti desiderano la serenità, questa è legata a una normalità che non esiste, ma che comunque si desidera. Alessandro e Francesca non sono sereni, ma non li chiamerei folli come hanno fatto molti, costoro dovrebbero scendere in strada per capire come vive la gente, persone come Francesca ce ne possono essere in ogni palazzo.
La malattia mentale è un tema di cui si parla poco anche al cinema.
Della follia in quanto patologia psichiatrica non mi interessa niente, mi interessa semmai la reazione di un essere umano a una condizione di vita: reagire a determinate situazioni può portare a compiere certe azioni, questo non significa essere matti.
Catalogare è più sbrigativo, oltre a essere diventato il passatempo di molti.
Detesto profondamente le etichette e a tutti questi etichettatori farei vivere la vita che hanno vissuto i miei personaggi, o parte della mia. Ricordiamoci che se non ci fossero stati questi cosiddetti “soggetti marginali”, non sarebbero mai esistiti i grandi personaggi della storia, della letteratura e del cinema. Non sarebbero mai nati i protagonisti shakespeariani, né Charlot. Etichettare un personaggio come 'marginale' non ha senso: marginali sono coloro che non conoscono il mondo, che vivono nei loro salotti nell’alto dei loro attici, i miei personaggi, al contrario, sono al centro del mondo.
La colonna sonora ci accompagna quasi a darci sostegno, straziante e dolce al tempo stesso.
I miei film preferiti hanno tante caratteristiche in comune, una di queste è l'utilizzo della musica come elemento protagonista. Se scomponiamo Oblivion, il brano di Astor Piazzolla utilizzato in 'Ovunque Proteggimi', sembra un brano di Delerue, però più bello, abbiamo registrato le partiture d'orchestra su tracce separate, è stato un lavoro emozionante. Solo dopo ho scoperto che Bertolucci voleva gli arrangiamenti di Piazzolla per la colonna sonora di 'Ultimo Tango a Parigi' e aveva lavorato con Delerue per 'Il conformista', un film che adoro. Il cerchio si chiude. Inoltre Oblivion in versione orchestrale mi ricordava le atmosfere delle musiche scritte da Joe Hisaishi per i film di Takeshi Kitano, un altro punto di riferimento per la costruzione di questo film.

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