Mostra del Cinema di Venezia: Bonifacio Angius presenta il suo "Destino"

Spettacolo

Barbara Ferrara

Reduce dal successo di Ovunque Proteggimi, il regista sardo sbarca al Lido per l’anteprima mondiale del cortometraggio che ha scritto, diretto, montato, prodotto e in cui veste i panni del protagonista. In attesa della premiere, prevista per oggi venerdì 6 settembre, leggi l’intervista e guarda il trailer.

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Non c’è il due senza il tre, dopo la 67ma edizione del Festival di Locarno in cui Perfidia ha rappresentato l’Italia e la 36ma del Torino Film Festival in cui Bonifacio Angius ha presentato Ovunque Proteggimi, siamo alla terza premiere mondiale del regista sardo, alla 76ma Mostra del Cinema di Venezia. Al lido, Angius, chiude la Settimana della Critica con il suo ultimo lavoro: “Destino”. Un cortometraggio che per venti minuti incolla allo schermo e racconta la storia di un uomo senza qualità che si lascia sopraffare dal vuoto della sua stessa esistenza. Paura, superstizione e angoscia prendono corpo in un crescendo di emozioni che si esprimono lente per poi esplodere inesorabilmente. “Il corto è nato il giorno in cui, pur non credendoci fino in fondo, sono andato a farmi fare “la medicina dell’occhio”…Sai, non si sa mai. Ho riportato le stesse identiche cose che mi sono state dette, io però non sono andato a confessarmi, non ne avevo voglia”. Continua a leggere e scopri cosa ci ha raccontato l’autore nell’intervista.


Cicerone scriveva che chi crede nel destino giustifica l’inerzia, lei nel destino ci crede?
Io sono certo che se uno pensa che le cose andranno male, le cose alla fine andranno male. E’ la profezia che si auto avvera, ci credo molto. Mario, il protagonista, la incarna; crede molto nella sfortuna e un po’ se la cerca, compie delle azioni per cui viene in un certo senso travolto dalla malasorte che è convinto di attirare.

Mario ricorda il protagonista di Perfidia, Angelino, un personaggio inerte che si lascia vivere, non ha un lavoro, né lo cerca.
Sì, è vero, ricorda un po’ Angelino solo che Mario non lo dà molto a vedere, a volte sembra essere aggressivo se vogliamo, diciamo che è decisamente più sarcastico di Angelo, lui non era così, però entrambi hanno delle parti di me.

Quanto c’è di autobiografico nel film?
Io parto sempre da mie convinzioni e paure personali, da storie vissute e dall’urgenza di raccontarle. “Io sto antipatico a tutti, ma tutti stanno antipatici a me perché quando c’è da prendere sono tutti bravi, ma poi, quando c’è da dare, si dimenticano quello che hai fatto per loro”: non sono solo le parole di Mario, ma stati d’animo e momenti di sconforto che ho provato in prima persona.

In Destino torna il tema della religione, ma se nel suo primo film, il protagonista sembrava essere arrabbiato con Gesù, Mario cerca in lui rifugio.
Mario cerca rifugio e conforto in qualcosa che non conosce. In questo caso lo sconosciuto è rappresentato dal prete nel contesto di un confessionale, qui vediamo che quando il protagonista si fa più serio e inizia ad aprirsi realmente, il sacerdote lo smonta definitivamente, gli grida in faccia che le cazzate che ha in testa, non gli interessano: nel momento in cui cerca conforto nella religione, viene abbandonato.


La musica, elemento espressivo primario nei suoi film, non gioca il suo ruolo da protagonista, c’è un motivo?
Essendo un film breve, non avevo la possibilità di costruire un arco narrativo in cui la presenza della musica fosse preponderante come sempre, ho optato per l’utilizzo di una musica più minimale che tra l’altro ho realizzato io.

Nel corto lei praticamente ha fatto tutto, compreso l’attore. Come nasce l’idea di recitare?
Ho fatto i miei primi passi nel cinema a vent’anni in una scuola di recitazione, poi per una serie di casi non ho continuato. Ho rifiutato diverse proposte, un po’ per paura di non essere all’altezza, un po’ per paura di finire nelle mani sbagliate. Ho pensato che potesse essere un ottimo allenamento per ritrovare un po’ di confidenza davanti alla macchina da presa.

Com’è andata?
Ho scoperto che fare il regista e l’attore contemporaneamente è più complesso per certi versi, ma per altri è più semplice. Quando dirigo, recito sempre la scena all’attore, per fargli vedere come la voglio, in questo senso non ho mai smesso di recitare.

Cosa può anticiparci del suo prossimo film?
Si chiamerà “Confiteor”, mi rivedrà nel ruolo di attore e sarà un’epopea familiare che parte dagli Anni Cinquanta, si sviluppa a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta, per arrivare ai nostri giorni. Racconta l’evoluzione di questa catastrofe antropologica che stiamo vivendo.

Un titolo singolare.
L’ispirazione viene dal significato stesso della parola latina (formula liturgica di confessione generica di colpe che si recitava nella messa in latino, ndr) e dalla canzone di Piero Ciampi.

 

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