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Amants, la recensione: a scuola di noir francese da Nicole Garcia

Cinema

Giuseppe Pastore

Il primo film in concorso a Venezia 77 è un thriller classico con tutti gli elementi al posto giusto e l'inconfondibile atmosfera glaciale del genere

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Lisa e Simon, giovani bellissimi e innamorati, si amano, si separano, si rincorrono e si ritrovano da Parigi a Ginevra passando per l'Oceano Indiano.

In una delle scene iniziali Lisa e Simon, splendidi e inconsapevoli, guardano sul divano Rapina a mano armata di Kubrick, in particolare quel memorabile finale con Sterling Hayden terreo e impassibile mentre guarda andare in fumo la propria vita ("è un bel film", commenta laconicamente lui). Sventurati: avrebbero dovuto immaginare come sarebbe andata a finire la loro storia, che poi è il modo in cui vanno a finire tutti i noir degni di questo nome, specialmente quelli francesi. Amants pesca a piene mani negli stereotipi del genere, in alcuni passaggi è maniera pura, ma Nicole Garcia, giunta ormai a 74 anni con un curriculum lungo così (Place Vendome, L'avversario, Mal di pietre...), sa di cosa parla e sa cosa gira: questa volta si è avvalsa più del dovuto del suo sceneggiatore Jacques Fieschi (che all'inizio stava progettando di scrivere un romanzo), ma ha dato l'ordine, la geometria e la razionalità delle pietre miliari scolpite dai suoi connazionali a una materia narrativa in cui anche l'amour fou tra Lisa e Simon non è solamente passione e speranza, ma anche gelida concretezza, rigoroso procedimento fatto-causa-conseguenza che non ci sorprenderemmo di trovare in un film di Michael Mann.

 

"A cosa serve amarsi?", si chiedono a un certo punto i due spasimanti, costantemente sballottati tra luce e buio, privilegio e sacrificio, allontanati e riportati a riva in questa controllatissima tragedia in tre atti: il migliore è il primo, quello dell'idillio parigino brutalmente interrotto dall'ospite inattesa ma inevitabile a queste latitudini - la morte. Scoperta (in tutti i sensi) ormai sette anni fa da Lars von Trier in Nymphomaniac, giurata del Festival di appena un anno fa, la parigina Stacy Martin ha l'appeal e la carnagione adatta per essere l'eroina di questo film che riesce a essere invernale anche quando è ambientato nell'Oceano Indiano: mette in ombra sia l'amante Pierre Niney che il marito Benoit Magimel, che ritroviamo più ingrassato e più sanguigno vent'anni dopo un altro glaciale noir da festival come La pianista di Michael Haneke.

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