The Ugly Stepsister, una fiaba nera tra Cenerentola e l’orrore. La recensione

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Dstribuito da I Wonder Pictures e presentato ai festival internazionali, il film di  Emilie Blichfeldt reinventa la fiaba di Cenerentola come un body horror crudele e visionario, in cui la sorellastra Elvira si trasforma in vittima e carnefice della tirannia estetica. Tra balli di sangue, abiti che feriscono e un principe brutale, la regista norvegese firma un’opera disturbante, barocca e provocatoria che unisce Cronenberg, i fratelli Grimm e Bridgerton in una danza macabra sull’ossessione della bellezza

Che succede se la fiaba più dolce del mondo si trasforma in un incubo gotico? Emilie Blichfeldt, regista norvegese al suo folgorante debutto, risponde con The Ugly Stepsister, film che porta Cenerentola al collasso nervoso.
Qui la protagonista non è la fanciulla pura e prescelta, ma la sorellastra Elvira, interpretata da una straordinaria Lea Myren, corpo sacrificale di un rito di bellezza tanto crudele quanto quotidiano.

La sua ossessione per il principe, per la grazia, per l’amore, diventa un horror estetico e spirituale.
"Molte volte ti ho già amata, prima di conoscere quale fosse il tuo volto o il tuo nome. Per me eri solo una voce che ardeva come una brace. Il tuo canto mi avvolge come una carezza sulla pelle. Sei immensamente dolce e così ribelle."
Elvira sembra pronunciare questi versi non scritti, travolta da una passione che ha il colore dell’orrore.
Le sue parole potrebbero provenire da un romanzo Harmony o da Cinquanta sfumature, ma qui il romanticismo implode: ciò che desidera non è un abbraccio, ma una ferita condivisa.

La tirannia della bellezza

Blichfeldt, come confessa nelle sue note di regia, ha vissuto in prima persona la fatica di “entrare nella scarpetta”. È questa la ferita che attraversa tutto il film: l’impossibilità di essere all’altezza di un modello.
Nel suo mondo ottocentesco — tra castelli gotici polacchi, velluti, brace, specchi e chirurgia primordiale — ogni donna si misura, si confronta, si taglia e si ricuce per poter essere amata.

Elvira si rompe il naso, si cuce ciglia finte alle palpebre, inghiotte un verme solitario per dimagrire. Ogni metamorfosi è un atto di fede in un dio spietato: lo sguardo altrui.
La fotografia del grande Marcel Zyskind accarezza e tortura i corpi con la stessa intensità: i volti, i pori, i fluidi diventano un atlante della follia collettiva.
Qui la “scarpetta di cristallo” si trasfigura in uno strumento di tortura, e la melodia disneyana — “Sogna e spera fermamente, dimentica il presente e il sogno realtà diverrà” — si deforma in un incubo di carne e sangue.

E la fata madrina? Dimenticate la dolce madrina col frustino di stelle. Qui è un sarto viscido e venale, palpeggiatore compulsivo che trasforma l’ago in arma e il velluto in pelle. La grazia è un affare, la purezza una merce da rifinire.

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Fiaba e carne, tra Cronenberg e i Grimm

Il film danza sul filo tra mito e carne, tra l’estetica disneyana e il body horror di Cronenberg.
The Ugly Stepsister è la fiaba di una società che pretende perfezione e premia la sofferenza.
Riprendendo la versione dei fratelli Grimm, in cui le sorellastre si tagliano i piedi per calzare la scarpetta, Blichfeldt costruisce un racconto dove la crudeltà diventa linguaggio e l’empatia, un rischio.

È un mondo dove Bridgerton si abbarbica in una danza macabra con The Substance: pizzi, sangue e mascara colano nello stesso flusso febbrile.
La musica di Kaada e Vilde Tuv, alternata ai capolavori classici di Mozart, Beethoven e Strauss, accompagna un momento musicale memorabile che irride le coreografie hollywoodiane.
Durante la presentazione delle ragazze “in cerca di marito”, Blichfeldt orchestra una scena epocale: le madri, dietro le quinte, tirano i fili invisibili delle figlie-marionette, bambole di carne esibite come a un concorso di bellezza.
Le note della “Tritsch-Tratsch Polka” e dei quartetti di Mozart e Beethoven diventano la colonna sonora di un cabaret necrofilo, una sfilata di vanità e disperazione.

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Lea Myren, corpo e anima della metamorfosi

È impossibile distogliere lo sguardo da Lea Myren.
La sua Elvira è un magma di fragilità e ferocia, una bambina che sogna il principe e una donna che accetta di farsi distruggere per lui.
Il suo amato non è il “principe azzurro” dei sogni, ma un rozzo, brutale, anaffettivo: altro che sogni son desideri.
Il suo corpo diventa il campo di battaglia tra ciò che crede amore e ciò che è solo possesso.

La recitazione di Myren, fisica e disperata, restituisce la carne del simbolo: una martire del conformismo, una santa del silicone ante litteram.
Accanto a lei, Ane Dahl Torp è una madre-matriarca che mescola crudeltà e disperazione, vittima anch’essa del mito dell’apparenza.

Una ferita che ci riguarda tutti

The Ugly Stepsister non parla solo di donne, ma di chiunque abbia provato a essere “giusto”, a entrare in una forma imposta.
È un film che sferza e commuove, un’esperienza sensoriale che ti si incolla addosso come cipria e colpa.
In una scena potente  e disturbante, Elvira tenta di tagliarsi le dita dei piedi . È la fusione di fiaba e incubo: la bellezza che implode su se stessa.

Blichfeldt non offre catarsi. Ci lascia con un’inquietudine necessaria, un dolore lucido che sa di verità.
Non esistono buoni o cattivi, solo corpi che si piegano, che cercano amore in un mondo che non sa più riconoscerlo.

Una fiaba per stomaci forti

Distribuito da I Wonder Pictures, The Ugly Stepsister è una delle opere più coraggiose e disturbanti dell’anno.
Ha sconvolto il pubblico al Sundance, tra svenimenti e nausea, ma sotto il sangue pulsa un cuore poetico: la condanna lirica di un mondo che misura il valore in grammi di bellezza.

Non è un film da guardare, ma da sentire sulla pelle.
Una danza di ossessioni e viscere dove la fiaba finisce e rimane solo una domanda:
quanto dolore sei disposto a sopportare per piacere?

Cocktail I Have a Drink: “Bloody Slipper”

Un drink ispirato alla sorellastra Elvira, tragica e sublime come un sogno infranto sotto un tacco di cristallo.
Rosso come il sangue, dolce come l’illusione, amaro come la verità.

Ingredienti:

  • 4 cl Mezcal (per il fuoco interiore)

  • 2 cl Liquore di ciliegie scure (per la vanità)

  • 2 cl Vermouth rosso

  • 1 goccia di Tabasco (per la ferita)

  • Spruzzo di succo di limone

  • Decorazione: una foglia d’argento o un frammento di zucchero rosso cristallizzato

Preparazione:
Mescola tutto con ghiaccio in un mixing glass. Filtra in una coppetta fredda.
Sorsegialo lentamente, come se fosse un segreto.
Il sapore cambia a ogni sorsata — come un volto allo specchio.

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