È morto a 84 anni uno dei registi più influenti del cinema del suo Paese. Autore di film e serie che hanno sfidato la censura, ha denunciato per decenni le restrizioni imposte alla libertà artistica, rifiutando anche premi ufficiali
Nasser Taghvai, figura centrale del cinema iraniano e voce critica contro la censura, è morto all’età di 84 anni. A dare la notizia è stata la moglie, l’attrice Marzieh Vafamehr, che ha scritto: “Nasser Taghvai, un artista che ha scelto la difficoltà di vivere liberamente, si è guadagnato la sua liberazione”. Nato il 13 luglio 1941 ad Abadan, Taghvai ha segnato profondamente la scena culturale del suo Paese, diventando un punto di riferimento per chi ha cercato di raccontare la realtà senza compromessi.
Una carriera segnata dalla denuncia e dall’impegno
Il suo primo film, “Calma in presenza di altri”, uscito nel 1972, ha subito attirato l’attenzione per il modo diretto e spigoloso con cui affrontava il conflitto tra tradizione e modernità. Taghvai ha continuato a lavorare anche dopo la rivoluzione islamica del 1979, ma non ha mai smesso di denunciare le restrizioni imposte alla libertà artistica. Nel 2013 ha parlato apertamente della censura che colpisce cinema e letteratura, annunciando la sua decisione di non girare più film sotto controllo statale.
Premi rifiutati e opere indimenticabili
Nel corso della sua carriera ha diretto sei film, una serie televisiva e diversi documentari. Tra le sue opere più note c’è la serie satirica “Mio zio Napoleone”, che racconta con ironia il declino di un ex ufficiale dell’esercito imperiale, ossessionato dal sospetto e incapace di accettare il cambiamento. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui un premio internazionale per “Capitano Khorshid”, adattamento di un romanzo di Hemingway. Nel 2002 gli è stato assegnato un premio da un festival nazionale, ma ha scelto di non ritirarlo, coerente con la sua posizione critica verso le istituzioni ufficiali.