Peeping Tom – L’occhio che uccide: il restauro 4K del film scandalo che inventò lo slasher
CinemaCapolavoro visionario e film maledetto, Peeping Tom – L’occhio che uccide torna al cinema dal 6 ottobre in una nuova versione restaurata in 4K, distribuita dalla Cineteca di Bologna. Curato da StudioCanal e The Film Foundation di Martin Scorsese, il film di Michael Powell non solo scandalizzò la critica inglese nel 1960, ma anticipò di quasi vent’anni i codici dello slasher alla Halloween e Venerdì 13
Peeping Tom – L’occhio che uccide: recensione del restauro 4K del film scandalo di Michael Powell
Ci sono opere che non si limitano a scuotere il pubblico, ma lo traumatizzano. Peeping Tom – L’occhio che uccide (1960) di Michael Powell fu uno choc culturale talmente potente da segnare la fine della carriera del regista britannico. Deriso come osceno e perverso, il film fu bandito e sepolto nell’oblio per quasi vent’anni, fino a quando Martin Scorsese lo riportò alla luce, gridando al capolavoro.
Dal 6 ottobre, questo classico maledetto torna finalmente nelle sale italiane in versione restaurata in 4K, grazie alla Cineteca di Bologna e al progetto Il Cinema Ritrovato, in collaborazione con StudioCanal e The Film Foundation. E ci appare in tutta la sua forza visionaria: non solo un film che riflette sul potere pericoloso del cinema, ma anche l’atto di nascita dello slasher movie.
Mark, la cinepresa e la lama
Il protagonista è Mark (Karl Boehm), timido cineoperatore londinese, traumatizzato fin dall’infanzia dagli esperimenti del padre sugli effetti della paura. Di giorno lavora come focus puller, di notte uccide prostitute e giovani attrici con una baionetta nascosta nella macchina da presa, riprendendo le loro espressioni agonizzanti. È un assassino voyeur, ma anche un regista segreto: la sua arte è la paura. Powell mette lo spettatore in una posizione scomoda, costringendolo a guardare il mondo attraverso l’obiettivo del killer. Non c’è distacco morale, non c’è difesa: siamo tutti complici, tutti intrappolati nella scopofilia del cinema.
Lo scandalo del 1960
All’uscita, la stampa inglese si indignò con un fervore quasi moralista. The Observer si disse “disgustato”, il Sunday Dispatch “inorridito”, mentre il Tribune propose di “buttare il film nello scarico del gabinetto”. Alexander Walker bollò Peeping Tom come “corrotto e vuoto”. I distributori ne cancellarono la circolazione, e Powell – già autore di meraviglie con Emeric Pressburger (Scarpette rosse, Narciso nero) – rimase isolato, quasi maledetto.
Diversa la sorte di Psycho, uscito due mesi dopo. Hitchcock giocò la carta del marketing geniale e trasformò il suo assassino Norman Bates in fenomeno culturale. Powell, invece, pagò la franchezza disturbante del suo sguardo.
L’invenzione dello slasher
Come ricorda anche la BBC, Peeping Tom ha in sé tutti gli elementi che diventeranno canoni dello slasher americano degli anni Settanta e Ottanta:
il killer segnato da un trauma infantile, armato di lama;
le vittime, spesso donne giovani e sessualmente attive;
la “final girl” (qui interpretata da Anna Massey), abbastanza pura e resiliente da sopravvivere;
il punto di vista in soggettiva del killer, che farà scuola da Halloween in poi.
Se Hitchcock girò Psycho in bianco e nero per attenuare la violenza, Powell osò l’Eastmancolor più crudo, con il rosso del sangue pronto a esplodere. Se Norman Bates rivelava la sua natura solo alla fine, Mark era identificato come assassino fin dalla prima scena, e il pubblico costretto a guardare dal suo occhio.
Non è un caso che la critica parli di Peeping Tom come del “primo vero slasher della storia”. Un film britannico, nato vent’anni prima della golden age americana inaugurata da Halloween (1978) e Venerdì 13 (1980).
Dal rogo alla resurrezione
Per quasi due decenni il film restò invisibile. Powell stesso raccontò amaramente: “Cancellarono la distribuzione e vendettero il negativo a un ricettatore che lo fece sparire”. Solo a fine anni ’70 Scorsese recuperò la pellicola e la mostrò a New York, ottenendo applausi e restituendo dignità a Powell, ormai anziano e dimenticato.
Da allora, Peeping Tom è diventato un cult. È studiato nei corsi universitari, celebrato nei festival, e riconosciuto come uno dei vertici del cinema sul cinema, accanto a 8½ di Fellini.
Perché rivederlo oggi
Oggi Peeping Tom parla più che mai: nella sua riflessione sullo sguardo come atto violento, sulla macchina da presa come arma, sull’ossessione per l’immagine che anticipa la nostra epoca di smartphone e voyeurismo digitale. Guardarlo restaurato in 4K sul grande schermo significa non solo recuperare un tassello fondamentale della storia del cinema, ma anche confrontarsi con la vertigine di uno specchio che ci rimanda il nostro lato oscuro.
Davanti allo schermo siamo tutti Mark: testimoni e complici, incapaci di distogliere lo sguardo. È per questo che Peeping Tom continua a inquietare, sedurre, bruciare
Se fosse un cocktail
Peeping Tom non può che essere un Bloody Mary: il rosso vivido del pomodoro come quello che Powell non ebbe paura di mostrare in Eastmancolor, la vodka che anestetizza come lo sguardo della cinepresa, il sedano sottile che vibra come la lama innestata sulla macchina da presa. È un drink che ti sveglia e ti brucia, che non addolcisce ma mette a nudo la verità. Un bicchiere in cui ogni sorso è uno sguardo: disturbante, ipnotico, impossibile da dimenticare.