11 film italiani che raccontano il Ferragosto meglio di chiunque altro

Ferragosto al cinema: 11 film italiani che raccontano l’estate meglio di chiunque altro Ferragosto, al cinema, è un rito che sa di sale e malinconia. Un giorno che brucia la pelle e, a volte, graffia l’anima. Il 15 agosto diventa palcoscenico per amori brevi come un doposole, corse sfrenate verso il destino, città svuotate dove rimbomba il silenzio e spiagge affollate di pettegolezzi. Dalla Lancia di Gassman alla Vespa di Moretti, passando per le isole feroci di Wertmüller e le gite caotiche di Fabrizi, undici film raccontano l’Italia nel suo giorno più immobile e insieme più frenetico. Ferragosto, per il cinema italiano, non è solo una data sul calendario: è una lente d’ingrandimento puntata sulle nostre facce arrossate, sui gesti che si ripetono ogni estate, sugli amori che durano meno di un doposole. Quest’anno, più che mai, sembra vivere in un cortocircuito tra due Paves: Luigi, attore popolare, che in La famiglia Passaguai passa il tempo a rompere e ricomprare un’anguria, e Cesare, scrittore tragico, che dalla spiaggia annotava: «Avevo temuto venendo al mare di dover trascorrere giornate formicolanti di sconosciuti, e serrar mani e ringraziare, intavolare conversazioni con un lavoro da Sisifo.» Il primo gioca con un frutto sotto il sole di Fiumicino, il secondo misura l’insofferenza di un’estate in mezzo agli altri. Tra loro, tutto il cinema di Ferragosto: allegro e amaro, popolare e letterario, solare e malinconico. Il sorpasso – Il Ferragosto più spietato di sempre Si parte sempre da una città svuotata. Roma, per esempio. Il sorpasso di Dino Risi si apre con Bruno Cortona in cerca di un telefono e di un pacchetto di sigarette in una capitale addormentata. Poi basta l’incontro casuale con Roberto Mariani e una Lancia Aurelia B24 lanciata sull’Aurelia per trasformare un Ferragosto qualunque in una corsa verso il destino. È il Ferragosto più spietato di sempre: una festa che in realtà è un conto alla rovescia. In un giorno e mezzo di amicizia improvvisata, Risi cattura la luce crudele di un’Italia in corsa verso il benessere, troppo veloce per accorgersi delle curve pericolose. Vitalismo e incoscienza da una parte, timidezza e principi dall’altra: il perfetto contrappunto tra euforia e presagio di tragedia. E ogni anno che passa, resta viva la tentazione di seguire il consiglio di Bruno: “Dai, Robe’! Che ti frega della tristezza? Lo sai qual è l’età più bella? Te lo dico io qual è: è quella che uno ha.” Il volo finale della Lancia, con il mare che osserva indifferente, resta una delle chiusure più indimenticabili della storia del cinema. Non si può far finta di niente, come fa Bruno davanti al Monte Fumaiolo o alle tombe etrusche. La colonna sonora di Riz Ortolani è un personaggio a sé: l’Italia con “pinne, fucile e occhiali” va incontro al destino mentre il clacson suona come una campana a morto e Modugno canta: «E nella luce bianca Galleggiando se ne van Un cilindro Un fiore e un frack.» La famiglia Passaguai Aldo Fabrizi racconta la gita al mare a Fiumicino come un pacioso incubo collettivo. Pullman stipati, cocomeri trascinati tra la sabbia, famiglie sudate e allegre fino allo sfinimento. Impagabile Peppino De Filippo, definito da Fellini “fucinatore di ilarità”, nei panni del ragionier Mazza, cantore del Mediterraneo e acerrimo nemico degli oceani. Tino Scotti è il commendatore meneghino convinto seguace del “Ghe pensi mi”. Carlo Delle Piane, riottoso figliolo in calzoncini corti, e Ave Ninchi, che rimpiange Anzio, completano il quadro. Memorabile il monologo finale, parodia da tragedia bizantina: «Ecco com’è finita… quant’era meglio che andavamo ad Anzio. Comunque, questo serva da lezione a chi vo’ fa’ ’na gitarella al mare: pe’ sta’ tranquilli s’ha da fa’ attenzione a tante cose… e, principalmente, non rompe li cocommeri alla gente!» Ferragosto in bikini Marino Girolami porta Walter Chiari, Raimondo Vianello e Marisa Merlini a Fregene: equivoci, gelosie, seduzioni da spiaggia. Costumi color pastello, pance orgogliose e una nazione ingenua che si prepara al boom. Sulle note dell’inossidabile Quartetto Cetra, sfila un carosello di mogli in villeggiatura, mariti al lavoro, segretarie al mare, riottosi "pappagalli", temporali improvvisi, impropastori protestanti, imprenditori con i "buffi", maggiorate in 2 pezzi e la danza lasciva di una giovane e bionda Valeria Fabrizi.babili L’ombrellone Ancora Risi, ma stavolta a mollo nel brodo di Riccione. Enrico Maria Salerno tenta di celare la pancia, Sandra Milo di nascondere il disagio, mentre la sciura in vacanza, acida più della panna, commenta: “Poverina, le è morto il marito la settimana scorsa. Vengono lo stesso qui, perché sa, hanno pagato per tutta la stagione. Ma fanno una vita riservata.” Tra Il mondo di Jimmy Fontana e Il peperone di Edoardo Vianello, si manifestano pettegolezzi, corpi in costume e malinconie trattenute. E forse neanche un “Mandrillo drink”, il cocktail dei toy boy a pagamento della Riviera romagnola , può risollevare l’anima. Travolti da un insolito destino… Lina Wertmüller spedisce Mariangela Melato e Giancarlo Giannini su un’isola deserta: lei, Raffaella Pavone Lanzetti, ricca e arrogante; lui, Gennarino Carunchio, marinaio comunista, rancoroso e affamato di rivalsa. È un duello erotico-politico in costume da bagno e denti serrati, con il mare come testimone e giudice silenzioso. All’inizio è lotta di classe, poi gioco al massacro sentimentale: Raffaella, che non sa pescare né costruire un riparo, deve piegarsi alle regole del nuovo mondo inventato da Gennarino. Ma la civiltà — con i suoi elicotteri, le sue convenzioni e i suoi mariti in giacca bianca — è sempre pronta a rimettere tutto al proprio posto. Il Ferragosto qui non è una festa: è un laboratorio crudele di potere e desiderio, in cui il sole cuoce le teste e il sale brucia le illusioni. L’ascensore Luigi Comencini chiude Alberto Sordi e Stefania Sandrelli in un ascensore alla vigilia di Ferragosto. Lui monsignore dal calzino rosso e la malizia tra le pagine del breviario, lei di una bellezza abbagliante . Pochi metri quadrati e una temperatura che sale: il Ferragosto qui è claustrofobia e seduzione trattenuta. Casotto Sergio Citti stipula il suo Ferragosto dentro uno spogliatoio di Ostia. Ugo Tognazzi, Gigi Proietti, Mariangela Melato, un imberbe Michele Placido, il veterano Paolo Stoppa e una Jodie Foster reduce dalla nomination all’Oscar per Taxi Driver. Il mare si intuisce: nei corpi stretti, nelle bugie che evaporano come acqua salata. È una processione pagana e sgangherata di anime brulicanti di desiderio e frustrazione. Un’epifania di scottature, creme solari, angurie, fettine panate, suggellata dallo sguardo di Ninetto Davoli, voyeur impenitente, e dalla bellezza ipnotica di una Catherine Deneuve da sogno. Ma soprattutto, a Ferragosto, il sole scalda la pelle… e a volte la brucia. Un sacco bello Carlo Verdone debutta con tre personaggi in una Roma deserta: Enzo, coatto incontenibile in Spider; Leo, timido e impacciato con una turista spagnola; Ruggero, hippy svanito tornato per caso dal padre borghese. Tre Ferragosto paralleli, tre modi diversi di riempire il vuoto. E alla fine, meglio restare e brindare con “zoccoli d’asino e vino de’ fichi” che perdersi in quell’esclamazione “Oh”, cugina stretta del “boh” di C’eravamo tanto amati, dolente epitaffio firmato Scola. È una cartolina malinconica di un’Italia che stava cambiando, filtrata attraverso la lente del comico d’osservazione: si ride, sì, ma con la sensazione di aver visto un po’ di noi stessi sotto il sole di mezz’agosto. Pranzo di Ferragosto Gianni Di Gregorio trasforma un Ferragosto romano in un piccolo miracolo domestico. Un uomo di mezza età, quattro signore anziane e nobili decadute, una cucina di Trastevere. Pasta al forno, vino bianco fresco, battute affilate e momenti di tenerezza che arrivano in punta di piedi. È un Ferragosto senza mare ma con la stessa luce: quella che entra dalle persiane e illumina le tovaglie a fiori. Di Gregorio dirige e interpreta con disarmante naturalezza, regalando uno sguardo che mescola ironia, pudore e affetto. Alla fine, quando le ospiti propongono di restare ancora, ci si rende conto che questo pranzo vale più di qualsiasi gita in spiaggia: è il trionfo della convivialità come forma di resistenza alla solitudine. Un altro Ferragosto Paolo Virzì riporta a Ventotene i personaggi di Ferie d’agosto ventotto anni dopo. La sabbia è la stessa, ma i sogni si sono sbriciolati. Sabrina Mazzalupi e Altiero Molino non sono più ragazzi: lei sposa in un matrimonio-reality, circondata da senatori in cerca di selfie; lui imprenditore digitale in un’Italia che ha dimenticato persino la memoria storica dell’isola. Virzì orchestra un requiem balneare dolente e ironico, dove la risata arriva sempre con un retrogusto amaro. È un Ferragosto che mette in scena la disfatta di un’illusione collettiva, e lo fa con la grazia di chi sa che la malinconia è l’altra faccia della commedia. Ultima onda Come sempre, il giorno dell’Assunzione, si spera nei versi di Francesco Bianconi e Baby K: «Tutta la vita che aspettiamo / Quel sogno di un tramonto sudamericano… / La musica, la playa, l’estate, la notte, la festa…» Perché il Ferragosto, anche sullo schermo, resta questo: un sogno che si ripete, un invito a nuotare anche quando il mare è troppo grande e serve qualcuno accanto per non affondare. O, per dirla con una frase che forse Ennio Flaiano avrebbe potuto scrivere: "In Italia il Ferragosto è come la felicità: tutti ne parlano, ma quando arriva non si sa mai bene cosa farsene."

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

11 film italiani che raccontano il Ferragosto meglio di chiunque altro

Paolo Nizza